CAPITOLO 24
(1954-1955)

L'ULTIMA FASE

Oggi, 2 ottobre, giorno degli angeli custodi sentii che mi toccarono una spalla e udii cantare gli angeli. Domandai: - Chi canterà con gli angeli?-Gesù rispose: - Tu, tu, tu, tra poco, tra poco, tra poco. - La tua fase, l'ultima fase della tua vita, non può essere più dolorosa di così; ma è così quando io scelgo un 'anima per il più alto grado di perfezione, di amore e di unione con me. Confida: tu mi ami e mi fai amato. - Ah, che splendore, che luce! E' tutto luce! Le tenebre: tutto è scomparso. E'sole, è vita, è tutto: è Dio!

«Quanto più si approssima la fiine della montagna, tanto più difficile diventa la salita: più agonia, più sangue, più abbandono, più dolore.» Questa dolorosa constatazione, fatta da Alexandrina mentre rivive una salita al Calvario lungo la via Crucis, si adatta proprio molto bene al cammino della sua vita, la cui ultima fase è veramente la più tremenda sotto tutti gli aspetti.

Preavvisi.

Nell'estasi del 5 novembre 1954 si sente dire da Gesù: - Coraggio! Io ti affermo che il tuo Cielo è prossimo. Confida!... - E alla fine dello stesso anno, nel Diario del 24 dicembre, detta: ... Mi venne incontro Gesù battendo le mani con gioia... - Figlia mia, coraggio!... Io verrò presto, presto a prenderti per il Paradiso... - La Mamma celeste mi parlò baciandomi e prendendomi per mano: - Coraggio, coraggio, grande eroina! Molto presto ti conduco per mano in Paradiso. - Agli inizi del 1955, nel primo Diario, del 7 gennaio, detta quanto si sente dire da Gesù: - Figlia mia, sei nel tuo anno, sei nel tuo anno! Confida, confidate in me!... La tua missione in Terra terminerà presto. Confida, confida! Il Cielo è tuo. Là continuerai la tua missione... - Vedi S.12-1-1951. Il giorno 10 dello stesso mese, il dott. Azevedo, per questo Caso raro per la scienza e per la mistica, afferma: «Alexandrina è prostrata come non mai. Sta per arrivare alla cima del suo calvario... Pare che tutto si evolva in questo senso.» Nell'estasi del 6 maggio, dopo Gesù, le appare anche Maria: Mi mostrò il suo Cuore lacerato e, unito al suo, vi era quello di Gesù, pure lacerato. Dopo di avermi accarezzata, mi disse: - Figlia mia, figlia mia, Gesù chiede e io chiedo con Lui orazione e riparazione. Sono i crimini che Ci feriscono così. Coraggio, coraggio nella tua ineguagliabile sofferenza. Io vengo a prenderti tra poco, a portarti con me in Paradiso... - Alexandrina è preavvisata anche dell'aumento di martirio. Per esempio nel Diario del 10 giugno 1955 leggiamo: …Venne Gesù: - Figlia mia,... non è il sentire tu fede e consolazione che mi consola, ma questa tua lotta continua nel massimo dolore. È l'ultima fase, tremenda fase: il massimo della sofferenza per affrontare il massimo del peccato e del crimine. Il mondo pecca, il mondo pecca! Abbi coraggio, tu che sei luce e faro del mondo. Ripara e fa' che il mio Cuore divino sia amato. Sostieni il braccio della giustizia di mio Padre che insiste a voler farla cadere sulla Terra. - Un mese dopo, mentre si sente sprofondata in abissi spaventosi, schiacciata sotto il peso della giustizia divina e, terrorizzata, ripete il suo «credo», ode Gesù: Gesù mi chiamò e alla sua voce io andai salendo, salendo, salendo. Tutto ciò che era abisso scomparve: rimasi alla superficie e allora vidi Gesù nuotare in un mare senza fine. - Figlia mia, sali, sali, coraggio! Vieni, séguimi, nuota con me! L'abisso delle tue tenebre è perchè tu dia luce alle anime; l'abisso della tua morte è perchè tu dia loro la vita; l'abisso della tua cecità è perchè tu dia loro la luce; l’abisso del tuo martirio indicibile è perché tu le lanci tutte nel mare della mia infinita misericordia. Vieni, figlia mia, nuota con me. Abbi coraggio! Ripeti sempre il tuo «credo». La tua fase, l'ultima fase della tua vita non può essere più dolorosa; ma è così quando io scelgo un'anima per il più alto grado di perfezione, di amore e di unione con me. Confida! Tu mi ami e mi fai amato. Il tuo Cielo è prossimo. - Circa il martirio di Alexandrina in questa sua ultima fase di vita, p. Pinho riporta in «No. C.» un brano di lettera inviata a lui dal dott. Azevedo il 17 ottobre 1955, 4 giorni dopo la morte di Alexandrina. Eccolo: «...I dolori erano negli ultimi mesi orribili. Da ultimo soffriva immensamente e mi pare che la sua malattia, i suoi dolori fossero di origine soprannaturale, di quella origine a cui si riferisce Enrico Bon quando parla delle infermità soprannaturali...» L'ultimo Diario dettato da Alexandrina è del giorno 2 settembre: santa obbedienza sino all'estremo! Non ebbe poi più la forza di dettare i sentimenti della sua anima. Ci manca dunque questa fonte: siamo costretti a riportare alcune deposizioni di testimoni, per descrivere gli ultimi suoi giorni sulla Terra. In settembre fa l'enorme sacrificio (Dio solo sa quanto le costa) di rimanere senza Deolinda per tre giorni per farla partecipare ad un Ritiro spirituale a Fatima. Si sente prossima alla fatale separazione e vuole che Deolinda si rinfranchi l'anima. Deolinda accetta, ma, appena finito il Ritiro, corre subito a casa, senza assistere ad altre conferenze come gli altri partecipanti al Ritiro. E' chiaro che qui non intende morte fisica. All'inizio del suo mese (ottobre, mese della sua dipartita) Alexandrina dice: Oggi, due ottobre, giorno degli angeli custodi, sentii che mi toccarono una spalla e udii cantare gli angeli. Domandai: - Chi canterà con gli angeli? – Il Signore rispose: - Tu, tu, tu,tra poco, tra poco, tra poco. - Il giorno 7 ottobre, sentendosi prossima a morire, consegna a Deolinda il danaro che aveva sempre amministrato. Ecco quanto Deolinda confida a d. Umberto nel 1965: «Avvenne, se non erro, il 7 ottobre del 1955. Essendovi lavori in casa, dovetti sorvegliare i muratori. Mia sorella mi chiamò per dirmi: - Deolinda, tu mi sfuggi! - Le risposi: - Vado e ritorno subito. - Mi sedetti accanto a lei che già udivo a stento e mi consegnò il danaro destinàto alle missioni e il sacchetto del danaro della casa. Come è naturale, rimasi impressionatissima perché Alexandrina aveva sempre amministrato i nostri pochi averi, come anche il danaro per le varie opere caritative.»

Il giorno 12 ottobre 1955.

Alle due di notte Alexandrina dice a Deolinda che l'assiste: - Appena sarà giorno, farai tre telefonate. Alla signora Irene Gomes per chiederle il piacere di accompagnare a casa la nostra mamma, con tutta la sua biancheria: che ritorni definitivamente perché morirò. Al p. Alberto Gomes (il confessore) per un dovere di gratitudine da parte mia e, se me lo consente, per ripetere pubblicamente l'atto di rinuncia alla venuta di p. Pinho. Intanto avviserai il cugino Gioachino che vada a chiamare il dott. Azevedo. Alla signora Anna Pimenta. Durante la mattinata ripete parecchie volte: - Io vorrei il Cielo. Non provo nessuna pena nel lasciare la Terra. Sono scomparse le tenebre dell'anima. Sono scomparse le sofferenze dell'anima. È sole, è vita, è tutto: è Dio! - Deolinda, ad un certo punto, le domanda: - Vuoi qualcosa? - Il Cielo, perchè sulla Terra non ci so più stare. Vorrei il Sacramento degli infermi, mentre sono lucida. Un giorno qui sarà tutto bello. O Gesù, sia fatta la vostra volontà e non la mia. - Verso le ore 15 dello stesso giorno, alla presenza del suo confessore, del dott. Azevedo, di tutti i famigliari e di alcuni tra i più intimi, fa l'atto di rassegnazione: - O Gesù, Amore, o divino Sposo della mia anima, io che durante la vita ho cercato di darvi la maggior gloria, voglio nell'ora della mia morte farvi un atto di rassegnazione; e così, mio amato Gesù, se con questo atto dò maggior gloria alla Santissima Trinità, gioiosa mi sottometto ai vostri eterni disegni..., solo per implorare dalla vostra misericordia il vostro Regno di amore, la conversione dei peccatori, la salvezza dei moribondi e la liberazione delle anime del Purgatorio. Mio Dio, come Vi ho consacrato sempre la mia vita, Vi offro ora la sua fine, accettando rassegnata la morte con tutte le circostanze che Vi daranno maggior gloria. - Prima di ricevere l'Unzione degli infermi, vuole chiedere individualmente perdono alla madre, alla sorella, al confessore, al parroco, al medico, alle cugine, alle persone amiche e alla domestica Ausilia. Alle persone che le avevano fatto del bene dice: - Ringrazio coloro che ci hanno fatto del bene; pregherò per loro in Cielo. - Poi domanda: - Avrò l'anima preparata a ricevere l'Unzione degli infermi? - Le viene amministrato tale Sacramento dal parroco, d. Leopoldino Mateus. Ricevutolo, esclama sorridendo e guardando in alto: - Ah, sono tanto felice perché vado in Cielo! - Ad intervalli, dice le seguenti frasi: - Gesù, non posso più stare sulla Terra! Ah, Gesù, ah, Gesù, ah, Gesù! La vita costa. La vita costa. Il Cielo costa. In questa vita soffrii tutto per le anime. Mi sono spremuta, mi sono consumata in questo letto fino a dare il mio sangue per le anime. Perdono a tutti, perdòno, perdono... Furono strumenti per il mio bene. O Gesù, perdonate al mondo intero! - Alla sera, al dott. Azevedo che la saluta prima di lasciarla, dice: - Ah, che splendore, che luce! È tutto luce! - Sorride; poi aggiunge: - Le tenebre, le tenebre, tutto è scomparso!

Il giorno 13 ottobre 1955.

Il 13 ottobre 1955 è proprio giovedì, il giorno più caro ad Alexandrina perchè in esso Gesù istituì l'Eucaristia. Più volte aveva espresso il suo desiderio di morire in un giovedì, come si legge in varie sue Lettere a p. Pinho. Inoltre il giorno 13 di ogni mese è particolarmente caro ai Portoghesi perchè il 13 maggio 1917 avvenne la prima apparizione della Madonna ai tre pastorelli di Fatima e il 13 ottobre avvenne l'ultima di tali apparizioni. E a Fatima, la grande festa della Madonna, in agosto, viene celebrata nel giorno 13, anzichè nel 15. Circa un mese prima della morte Alexandrina aveva confidato al dott. Giovanni Costa, medico di Balasar, il suo desiderio di morire in un giorno 13. Ecco quanto egli stesso disse a d. Umberto nel 1965: «Alexandrina mi ha fatto questa confidenza: - Signor dottore, io morirò tra poco. Ho detto alla Madonna che mi piacerebbe morire in un giorno 13 del mese. Lo dico a lei e a nessun altro, perchè non voglio affliggere nè mia madre malaticcia nè mia sorella. - » All'alba del giorno 13, alle ore 6, Alexandrina sorride con un sorriso angelico e sussurra: - Mio Dio, mio Dio, io Vi amo: sono tutta vostra. Non mi piacerebbe morire di notte. Morirò quest'oggi? Sarei contenta. - Con un sorriso dolcissimo chiede a Deolinda di darle da baciare il crocifisso e la medaglia dell'Addolorata. In quel momento Deolinda le chiede: - A chi hai sorriso adesso? – Al Cielo, al Cielo. - Alle ore 8 fa la sua ultima Comunione. Nella mattinata riceve ancora varie persone. Ad un gruppo dice: - Addio, arrivederci in Cielo! Non peccate! Il mondo non vale nulla. Questo dice già tutto. Fate spesso la Comunione! Recitate il Rosario tutti i giorni! - Verso le ore 11 dice al dott. Azevedo: - Tra poco! - Egli le chiede se quel «tra poco» è come quelli di Gesù; poi aggiunge: - Certamente domani alle 15 (venerdì) Gesù le vorrà parlare ancora. - Alexandrina abbozza soltanto un sorriso. Alle ore 11.25 Alexandrina dice: - Sono felice perché vado in Cielo. - Il dott. Azevedo aggiunge: - In Cielo preghi per noi. - Alexandrina accenna di sì col capo. Alle ore 11.35 chiede di recitarle la preghiera dell'agonia. Alle ore 17 dice ad un uomo del paese: - Addio, arrivederci in Cielo... - Alle 19 esclama: - Vado in Cielo. - Alle 19.30 ripete: - Vado in Cielo. - Deolinda aggiunge: - Sì, in Cielo, ma non adesso - Alexandrina risponde, ormai sicura: - Adesso, adesso. - Alle ore 20.29 (ora legale) spira. Si è conservata perfettamente lucida sino all'ultimo istante. Si è avverato quanto Gesù le aveva predetto sin dal dicembre 1944 (vedi il Diario del 29-12-1944): È in un'estasi d'amore sbocciato dal dolore che volerai al Cielo.

Alcune testimonianze circa le ultime sue ore sulla Terra.

Mons. Mendes do Carmo, già Rettore del Collegio Portoghese a Roma e professore di ascetica e di mistica per 30 anni nel Seminario di Guarda, dà la seguente testimonianza circa gli ultimi due giorni di Alexandrina sulla Terra. Il giorno 10 ottobre (1955) partii da Guarda per andare a Fatima a passarvi il giorno 13: uno dei più grandi giorni per la storia del Portogallo e per molti, e per me, il maggiore. Giunto a Coimbra, mi congedai dai compagni di viaggio che da là proseguirono per il grande Santuario di Fatima e io partii per Balasar: volevo far visita per la terza volta ad Alexandrina, la famosa ammalata. Nel pomeriggio del giorno 11 entrai nella sua casa. Trovai l'ammalata gravissima, immersa in grandi dolori, dolcezza e silenzio: mi lasciò subito l'impressione che la sua vita terrena stava per finire. Pochi giorni, forse poche ore. Il giorno 12, dopo una Messa lunga lunga, le diedi la Comunione. Si raccolse nel silenzio eloquente e profondo del ringraziamento. Poi vi furono ore di sofferenza che la soffocava: rispondeva ad alcune domande con parole quasi impercettibili. Verso le ore 15 chiese spontaneamente la Santa Unzione. Quando in quella camera-calvario fu tutto preparato, volle prima fare, anche questo spontaneamente, il suo atto di rassegnazione davanti a tutti (che è stato sopra riportato). Poi, con voce chiara, chiese perdono, ringraziò e perdonò a tutti. In séguito ricevette con calma angelica il Sacramento che purifica dalle ultime tracce di colpe e imperfezioni. La camera si riempì di singhiozzi e Alexandrina, moribonda, disse: - Non piangete, perchè io vado in Cielo. - E ripeté: - Non piangete, perchè io vado in Cielo! - Poi disse ancora brevissime frasi, tra cui: - In questa vita ho sofferto per le anime. Mi sono spremuta in questo letto sino a dare il mio sangue per le anime... O Gesù, perdona al mondo intero! - La sofferenza aumentava e la notte dal 12 al 13, la sua ultima notte sulla Terra, fu una notte di agonia. Al mattino, verso le 8, fece l'ultima Comunione. Alle 11.35 chiese spontaneamente che le recitassero le preghiere dell'agonia. In ginocchio, presso il suo letto, insieme ad altre persone, recitai quelle orazioni e suppliche ispirate e commoventi. L'agonia si intensificava. Con una certa frequenza le suggerivo frasi del Vangelo che ella udiva ancora, ma che accompagnava solo mentalmente. Scomparso il sole, con l'orologio in mano, verificai che durante un minuto aveva solo 45 pulsazioni: pensai che la fine era imminente. Molte volte le avvicinai alle labbra il crocifisso e la medaglia dell'Addolorata: le sue labbra si mossero sempre a baciarli. Il tocco delle ore 20 era già dato; e, quando per l'ultima volta le accostai quei Tesori, le sue labbra rimasero immobili... Morte come quella di tanti santi, che ho letto nelle biografie... Si è chiuso un grande capitolo di una vita; se ne aprirà un altro assai più lungo? Solo Dio lo sa! P. Pinho aggiunge nella sua biografia "No. C." «In un articolo posteriore, riferendosi a quell'istante supremo, lo stesso illustre sacerdote (Mendes do Carmo) dice: - Quando le chiesi di ripetere con me: "Santissima Trinità, al vostro Cuore affido il mio spirito", l'agonizzante dolcemente sorrise. Spirò!... Erano le ore 19.52, ora solare. - «È interessante riportare anche qualche pensiero della dottoressa medico Irene de Azevedo, figlia del dott. Azevedo, che frequentava la casa di Alexandrina e molte volte aveva scritto, in sostituzione di Deolinda, quanto Alexandrina dettava per il suo Diario (vedi capitolo 20°). «Si aveva la sensazione che in quella cameretta di dolore avvenisse qualcosa di tremendamente grande e misterioso: erano giunti gli ultimi momenti di una vittima a cui era stata chiesta da Gesù una grande riparazione. Vicina a lei, tentavo di darle un po' di sollievo bagnandole le labbra secche. Non osavo quasi parlare per il timore di aumentarle la sofferenza. Ebbi però il coràggio di farle le ultime richieste, che ella udì. Chiedeva con insistenza a Dio di portarla presto in Cielo: l'unica preghiera degna di lei. Io poi non sopportavo più di vederla in quclla sofferenza. Che espressione aveva! Santa rassegnazione alla volontà di Dio, ma sofferenza da terrorizzare e che un'anima può sopportare in quel modo solo con la grazia e un aiuto grande del Signore. Da allora mi sono fatta un'idea di ciò che sarà stata la Passione e la Morte del Signore. Era presente mons. Mendes do Carmo, che ebbi la fortuna di conoscere in quella occasione... Alexandrina mi aveva raccomandato parecchie volte di non piangerla morta, perché sarebbe andata in Cielo e qui sulla Terra non poteva più fermarsi. Non ne dubito. Tuttavia, contemplando il suo volto addoloratissimo, mi pareva di udire l'espressione di Gesù: "Padre, perché mi hai abbandonato?" Tutto era consumato.» La giovane domestica Ausilia raccontò a d. Umberto la seguente raccomandazione fattale da Alexandrina: - Appena sarò morta, chiudete a chiave la mia stanza affinchè non vi sottraggano tutto. - Ausilia aggiunse, spiegando: - Sottrarre per conservare qualche suo ricordo.

Il saluto alla salma e il funerale.

La salma fu portata nella camera ardente, allestita nella sala dove Alexandrina, fanciulla, si era lanciata dalla finestra per salvare la sua purezza. Era vestita con un abito candido, adagiata in una cassa foderata di seta pure candida. Sul suo petto giaceva il candido giglio di seta regalatole dai Salesiani di Mogofores. Era come immersa in una nuvola di fiori bianchi. Un Religioso, contemplandola nella cassa tra i fiori, commentò: - È un bianco giglio tra gigli. - Quante volte Gesù l'aveva chiamata: «mio puro, mio candido giglio»! Deolinda raccontò a d. Umberto: «Appena morta, la casa fu invasa dalla gente. Ad alta notte ci siamo coricate, ma quasi non abbiamo dormito perché per tutta la notte abbiamo sentito, senza interruzione, queste parole: "Calma, adagio!" Erano gli uomini offertisi a regolare l'entrata e l'uscita della moltitudine.» Sempre a d. Umberto, Gioachino Nogueira narrò: «Con i miei cugini ci siamo offerti di vigilare la casa tutta la notte, mentre mia zia e mia cugina (la madre e la sorella di Alexandrtna) si erano ritirate in camera. Nel vedere che l'onda di gente aumentava sempre più, perché giungevano anche da lontano, ci siamo preoccupati temendo che il pavimento non resistesse. Ad un certo momento siamo corsi a prendere dei tronchi per puntellarlo.» Il giorno 14 continuò il pellegrinaggio. Erano persone di ogni categoria sociale: medici, avvocati, industriali, commercianti, artisti, tra la massa di popolo. Oltre che dai dintorni del paese venivano da molti luoghi, più vicini e più lontani: da Braga, da Guimaraes de Famalicào, da Pòvoa, da Oporto ecc. Un giornale di Oporto pubblicò: «Per 21 ore una vera moltitudine si addensò fittissima presso le porte dell'umile casa dei Costa per vedere, per l'ultima volta, l'ammalata del Calvario, nome con cui era conosciuta la buona Alexandrina. Ad Oporto, nel pomeriggio del giorno 15, dai fioristi non si trovavano più fiori bianchi perché erano stati tutti convogliati a Balasar.. Il pellegrinaggio continuò senza interruzione anche durante la notte, fino alle 10 del mattino del giorno 15, ora della partenza col corteo funebre verso la chiesa parrocchiale. Quando, secondo l'usanza del luogo, la cassa fu aperta nella chiesa, mentre decine di sacerdoti secolari e di Religiosi cantavano l'Ufficio e si celebrava la S. Messa, il popolo faceva ressa attorno al feretro. Tutti volevano toccare quella salma, baciarla, tributarle un segno del loro affetto, della loro riconoscenza e venerazione. Al suo funerale erano presenti 40 sacerdoti e migliaia di persone. Fu sepolta. in una tomba povera, col viso rivolto al tabernacolo, come aveva desiderato.

Le ultime disposizioni di Alexandrina.

A questo punto riportiamo le sue ultime disposizioni per il funerale e per la tomba, dettate nell'aprile del 1942, quando credeva di essere prossima a lasciare la Terra, poiché il digiuno continuava e il suo stato fisico era in forte peggioramento, come abbiamo visto nel capitolo 17°. Desidero che il mio funerale sia povero; voglio che la mia cassa non sia né troppo elegante né troppo scandente, per non richiamare l'attenzione di nessuno. Voglio essere vestita di bianco, da «Figlia di Maria», ma molto modestamente. So di avere un vestito molto bello, più bello di quello che desidererei: me lo hanno donato; siccome non ho volontà mia, accetto quanto hanno voluto darmi e mi pare cosa più perfetta. Se non è proibito dalla santa Chiesa, voglio sulla mia cassa molti fiori: non perché io li meriti, ma perché li amo molto. Se fosse per merito mio, non avrei né porterei nulla. È mia volontà essere interrata senza cassa di piombo; così pure non voglio un Ufficio funebre particolare, perché mia madre non ha denaro per questo. Durante il tragitto del mio funerale vorrei il massimo raccoglimento: mi causa dispiacere, assistendo a cortei funebri, il vedere come si svolgono. Non voglio l'autopsia: fu sufficiente concedere agli esami medici il mio corpo da viva. Voglio essere sotterrata, se è possibile, con il viso rivolto verso il tabernacolo della nostra chiesa: come in vita ho desiderato essere vicina a Gesù Sacramentato e voltarmi verso il tabernacolo il maggior numero di volte possibile, così voglio dopo la mia morte vegliare continuamente il mio tabernacolo e mantenermi voltata verso di esso. So che con gli occhi del corpo non vedrò il mio Gesù, ma voglio rimanere così per meglio mostrare l'amore che ho per la divina Eucaristia. Voglio che il mio sepolcro sia attorniato da piante chiamate «martinos (passiflore) per mostrare che amai in vita i martiri e li amerò dopo la morte. Intrecciate alle passiflore voglio rose rampicanti, ma di quelle che hanno molte spine. Amo e amerò durante la vita i martiri che Gesù mi dà e le spine che mi feriscono; le amerò dopo la morte e le voglio vicine a me per esprimere che è con le spine e con tutti i martirii che ci rendiamo simili a Gesù, che consoliamo il suo Cuore divino e che salviamo le anime, figlie di tutto il suo sangue. Quale maggior prova di amore possiamo dare al Signore se non quella di soffrire con gioia tutto quanto è dolore, disprezzo e umiliazioni? Quale maggior gioia possiamo dare al suo Cuore divino, che dargli anime, molte anime per le quali Egli soffrì e diede la vita? Sul mio sepolcro voglio una croce e vicino ad essa una statuetta della cara Mamma celeste; mi piacerebbe, se fosse possibile, che una corona di spine avvolgesse la croce. La croce è un simbolo di quella che portai durante la vita e che amai fino alla morte. La statua della Mamma è per provare che fu Lei ad aiutarmi a salire il cammino doloroso del mio calvario, accompagnandomi e sostenendomi sino agli ultimi istanti della mia vita: confido che sarà così. Ella è mamma e come tale non mi abbandonerà all'ultimo momento della vita. Amo Gesù, amo la Mamma, amo la sofferenza e solo in Cielo comprenderò veramente il valore di tutto il mio dolore.

Testamenti spirituali.

Riportiamo ora una lettera di Alexandrina a Deolinda, scritta per il suo compleanno, il 21 ottobre 1948. È sgorgata in uno slancio di traboccante amore e di riconoscenza. Ha il valore di un testamento spirituale. Mia cara e molto amata sorellina, sono triste, molto triste per non aver nulla da offrirti in questo giorno, tuo compleanno. Però, come Gesù si accontenta dei nostri buoni desideri, sono certa che tu pure, a sua somiglianza, accetti la mia buona volontà come un ricco dono che ti faccio. Non so perché io sentii forti desiderii di scriverti alcune righe. Non è per dirti che ti voglio molto bene, perché tu sai bene che i nostri cuori si amano e si sono amati sempre; non è per felicitarmi con te, perché l'ho già fatto questa mattina; non è per dirti che ho fatto la Comunione, che prego e offro le sofferenze per te in questo giorno tuo compleanno, perché lo sai già che da molti anni lo faccio. Perché allora ti voglio scrivere? Lo sa Gesù. In verità è per ringraziarti per la tenerezza, le attenzioni, il sostegno, la compagnia che mi hai fatto nel mio tanto triste e doloroso calvario. Quanto abbiamo sofferto noi due insieme! Quante lacrime, quanti sospiri soffocati, quante tristezze nascoste! Solo Gesù può valutare tanto soffrire, solo Lui conosce i nostri desideri di soffrire per Lui e per le anime. E tu, mia sorellina cara, con quale amore delicato hai circondato il mio letto durante questi lunghi anni di martirio! Mio Dio! Sei stata prigioniera con me: la mia compagna instancabile di quasi tutti i giorni, di quasi tutta la mia vita di sofferenza. Perdonami le mie impertinenze; perdonami per tutte le mie colpe verso di te. A volte sono stata tanto cattiva! Ho mancato tanto di pazienza. Ti ho afflitta tante volte! O Gesù, perdonatemi! O sorellina mia, perdonami! Non ho dubbio che questo mio desiderio di scriverti è per lasciarti sulla carta il segno della mia profonda gratitudine, il mio grazie più sincero per tutto quanto hai fatto e farai ancora in mio favore sino alla fine della mia vita, che sento non essere lontana, poiché il male aumenta; per questo motivo non devo perdere tempo finché Gesù, in forza della santa obbedienza, mi consente di scrivere qualcosa, il che non sarà per molto tempo. Ma non affliggerti, perché io, là dal Cielo, ti sarò molto amica. Ti pagherò come paga Gesù: il cento per uno. Puoi avere la certezza che ti assisterò in tutto. Ho tutta la fiducia che Gesù me lo permetterà, poiché Gli piace tanto che noi siamo grati verso chi ci fa del bene! E tu me ne hai fatto tanto! Quanto bene mi fanno all'anima questi ricordi! Piango senza volerlo! Porta con molta pazienza e amore la tua croce di ogni giorno per consolare e riparare di più e meglio Gesù e la Mamma celeste. Ah, quanto soffrono i loro Cuori divini! Abbi compassione di Loro! Sii molto amica della mamma, come sempre lo sei stata. Le dobbiamo molto per la santa educazione che ci ha dato. Fa' tutto quanto potrai per il padrino e per le cugine Laura e Massimina e non dimenticare Gioachino. Sii sempre grata ed amabile verso tutti coloro che ci sono cari e ai quali dobbiamo tanto; e perdona a tutti i nemici. E ora, per finire? Molto coraggio! Il Cielo, per grazia di Dio, è per noi. Là ameremo molto, ma molto, Gesù e la Mamma celeste. Molti bacioni di augurio dalla tua povera sorella Alexandrina Maria da Costa.

Riportiamo ora altri due testamenti spirituali, che sono però rivolti ai peccatori. Il 20 luglio 1947, credendo di essere prossima alla fine della sua vita terrena, aveva scritto di suo pugno con grandissimo sacrificio la seguente lettera-testamento: Ho passato la mia vita a soffrire e passerò il mio Cielo ad amare e a pregare per voi, o peccatori. Convertitevi e amate Gesù! Amate la Mamma celeste! Venite, andiamo tutti in Cielo! Se provaste per qualche tempo i martini che per voi soffrii io, sono convinta che non pecchereste più. E sé conosceste l'amore di Gesù, allora morireste di dolore per averlo offeso. Non peccate, non peccate! Gesù ci ha creati, Gesù è padre! sono la povera Alexandrina Maria da Costa Balasar, 20-7-1947. Il Diario del 25-7-1947 dove è riportata questa lettera-testamento prosegue esprimendo un suo desiderio: Proprio questo io vorrei inciso attorno alla mia tomba per commuovere, per chiamare i peccatori a Gesù. Che ansie incontenibili di dargli anime! Il 14 luglio 1948 Alexandrina aveva scritto di suo pugno, su due foglietti piccoli legati insieme con un nastrino bianco, il seguente epitaffio, che fu poi scolpito sulla pietra che chiude il sepolcro. Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano, ma non peccate più, non offendete più il nostro Gesù! Peccatori, vorrei dirvi tante cose! Per scriverle tutte non basterebbe questo grande cimitero. Convertitevi! Non offendete Gesù! Non vogliate perderlo per tutta l'eternità! Egli è tanto buono! Basta col peccato! Amate Gesù, amatelo! Nel suo Diario autograto, al giorno 6 marzo 1950, si legge il seguente pensiero che riguarda il suo sepolcro: Non voglio grandezze nel mio sepolcro, ma parole di richiamo che scuotano le anime e le invitino al vero pentimento, al vero amore a Gesù e alla Mamma celeste. Ah, è questa l'unica grandezza, l'unica aspirazione del mio cuore.

Come p. Pinho, esiliato in Brasile, riceve notizie sulla morte di Alexandrina.

Riportiamo un brano della lettera che il dott. Azevedo scrisse a p.Pinho il 17 ottobre 1955, della quale abbiamo già riportato un altro brano in questo stesso capitolo (al n. 8): «Alexandrina è morta. Fu una vera grazia perché i dolori di questi ultimi mesi erano orribili... Non le so dire ciò che avvenne in questi ultimi giorni, nè quanto la Causa deve aver acquistato nel cuore di certi farisei. La notte dello spirito (di Alexandrina) scomparve nel penultimo giorno di vita... Fu grande il sacrificio che il Signore volle da lei e da noi. Ma, Te Deum laudamus, per avere portato in Cielo la cara Alexandrina. La camera della crocifissa rimarrà come era... I suoi ultimi momenti furono, per i ciechi e per i malintenzionati, una prova schiacciante che ella era una grande santa. È già iniziato sulla Terra il cammino verso la gloria: il funerale fu grandioso... E sulla tomba non mancano mai visitatori...» Un mese dopo, il 19 novembre 1955, Deolinda scrive a p. Pinho: La sua morte fu quella di una santa.Il suo funerale fu cosa mai vista. Migliaia di persone passarono presso la sua cassa e centinaia di loro le baciarono i piedi, nella impossibilità di baciarle la mano o il volto. Tutti volevano toccarla con la loro corona del Rosario e prendere petali dei garofani bianchi che innumerevoli stavano attorno a lei Dicono i vecchi: - Mai vedemmo nè torneremo a vedere cosa simile - Tutta la gente di Balasar si vesti a lutto e in lutto continua ancora. Dicono che è un segno di gratitudine per il molto che le devono. Ora molta gente va al cimitero, si inginocchiano presso la tomba a pregare. Mcuni le portano rami di fiori, candele e, altri, denaro. Anche un buon numero di persone continuano a venire a visitare la sua camera, che conserviamo intatta. Vi sono giorni in cui è un pellegrinaggio continuo».

Come d. Umberto, temporaneamente in Sicilia, viene a sapere della morte di Alexandrina.

Abbiamo visto (capitolo 19°) che d. Umberto aveva dovuto ritornare in Italia nel 1948. Qui, nella Casa Salesiana di Leumann (Torino) si occupava in modo particolare della catechesi giovanile: faceva delle pubblicazioni per la Casa Editrice L. D. C. e andava a tenere dei cicli di conferenze in varie località. Nell'ottobre del 1955 si trovava da oltre un mese in Sicilia, nella diocesi di Monreale per una campagna catechistica nelle parrocchie principali. La sera del 16 ottobre arriva a Terrasini per iniziare il giorno dopo la sua serie di conferenze. Alla mattina del giorno 17, appena celebrata la S. Messa, ha l'annuncio della morte di Alexandrina. Sentiamo quanto racconta lui stesso nella Prefazione del suo libro »Anima di vittima e di apostolo»: Celebrai la Messa molto presto. Giunto in sacrestia, mentre piegavo i paramenti, entrò una donna che mi salutò col Sia lodato Gesù Cristo» a cui risposi un po' contrariato, perché pensavo che volesse confessarsi e il mio tempo era misurato. Le dissi tra i denti: - Vada al confessionale e io vengo subito! - Ma la donnetta soggiunse: - Non voglio confessarmi! Posso parlarle qui stesso. - Respirai sollevato. Non sapevo chi fosse, e neppure lei mi conosceva, perché ero giunto in paese la notte precedente. In un atteggiamento molto umile, parlando sottovoce, mi disse: - Mentre lei stava celebrando è venuta la Madonna e mi ha incaricata di trasmetterle questo: che Alexandrina èmorta ed è già in Cielo. Io non so chi sia questa Alexandrina; lei lo saprà. Ma la Madonna ha parlato còsì. Anzi, ha aggiunto: Dì al padre di non rimanere triste perché Alexandrina gli è vicina.» A queste parole della Madonna ho visto sulle spalle di vostra reverenza una colomba bianchissima. Infine, mentre lei era chino sull'altare per dare la benedizione al popolo, la Madonna ha posato sul suo capo la sua mano con qualcosa che non distinsi bene, e ha aggiunto: Dormi, dormi, figlio, figlio mio, che un grande lavoro ti attende»; poi scomparve tutto. - Detto questo, la donna sconosciuta salutò e se ne andò. Non so che faccia io abbia fatto... Ma so che la notizia fù come una mazzata sulla testa e che salutai la donna con un grazie amaro assai. Per tre giorni quell'annuncio martellò nella mia mente e mi tormentò lo spinto. Mi sorprendeva il fatto che né il medico (Azevedo), né Deolinda o qualche amico del Portogallo si fossero presi l'incarico di comunicarmi la dolorosa notizia. Mi pareva di meritarmelo, per tutto l'interesse e l'affetto che avevo dedicato alla Causa di Balasar. La posta del giovedì, giorno 20, mi portò una lettera del salesiano d. Ismael de Matos, spedita per via aerea a Torino e di là inviatami a Terrasini. Mi comunicava: - Ritorno ora dal flinerale di Alexandrina che fu un vero trionfo. Ho pensato molto a lei e le unisco una immagine che feci toccare alle mani della deflinta, che lei conserverà come ricordo... - Mi rivolsi allora al parroco che pranzava con me e gli chiesi se per caso il lunedì precedente aveva veduto quella donna che aveva parlato con me in sacrestia: piccola di statura,... capelli grigi... aspetto dimesso e umile... con uno scialle nero. Erano dati insufficienti per individùàrla. Egli allora mi suggerì: Domani, nel distribuire la Comunione, veda se riesce a riconoscerla. E l'unico modo per venire a capo di qualcosa. - Naturalmente non esposi al parroco il motivo della mia curiosità. Gli dissi solo che avevo bisogno di parlarle per una spiegazione che mi riguardava. Il giorno seguente, venerdì, posi tutta l'attenzione per individuarla ed ebbi l'impressione di averla riconosciuta. La seguii con la coda dell'occhio mentre andò ad inginocchiarsi in un cantuccio presso la statua di un santo di cui non ricordo il nome. Giunto in sacrestia, ricordai al parroco la conversazione del giorno precedente e gli indicai la donna: - Mi pare che sia quella; è inginocchiata in quell'angolo. - Mi rispose: - Quella è Antonia Aiello... un'anima bella! - A me poco importa se e un'anima bella o brutta -dissi io. - Ho bisogno di parlarle. Abbia la bontà di chiamarmela! - Così fece ed egli rimase in chiesa per lasciarci liberi di conversare. Non mi ero ingannato: era proprio lei; così mi affermò quando glielo domandai. La pregai di ripetermi ciò che mi aveva comunicato; mi narrò tutto usando le stesse parole, e aggiunse: - Ma chi è questa Alexandrina? - Purtroppo per ora non ho tempo perché tra una ventina di minuti ho una conferenza ai maestri della scuola. Se non abita lontano, domani, sabato, dalle ore 15 alle 17, posso venire a casa sua a spiegarle tutto. - E così feci...»

Riconoscimenti.

Il 3 gennaio 1957 Deolinda scrive a d. Umberto: Mi pare che non passi giorno senza che io veda persone che vanno a pregare presso la tomba di mia sorella. Sopratutto alla domenica e nei giorni 13 vi sono autentici pellegrinaggi. La croce delle visite che ci ha impegnate quando Alexandrina era in vita non è terminata. Il 13 di ogni mese dobbiamo darci il turno per pranzare, tanta è la gente che viene alla sua cameretta. Vi è nel cimitero una grande stanza di ex-vòti... Non so se le fù comunicato che venne anche sua Ecc. il cardinale (Gerejeira), il quale si soffermò a pregare a lungo in ginocchio.» Alexandrina è stata in un primo tempo accontentata nel suo desiderio di avere una tomba povera... ma solo per un primo tempo. Poi, ammiratori e devoti si misero insieme per far erigere una Cappellina mortuaria, inaugurata il 13 ottobre 1957. Nell'interno c’è un piccolo altare. Davanti all'altare, sopra la tomba, è scolpito il suo epitaffio-messaggio ai peccatori. La salma venne poi trasportata nella chiesa parrocchiale il 18 luglio 1978.

Processo per la beatificazione».

Il 14 gennaio 1967 fù iniziato il Processo Informativo Diocesano, che si chiuse positivamente il 10 aprile 1973. Il 7 maggio dello stesso 1973 tutta la documentazione passò a Roma, trasportata da d. Umberto. I due Periti teologi diedero parere favorevole sugli scritti della Serva di Dio, rispettivanente il 26 marzo 1974 e il 30 novembre 1976. Il 2 giugno 1978 la Congregazione per le Cause dei Santi emise il Decreto sulla revisione degli scritti. Il 31 gennaio 1983 il Promotore Generale della Fede, mons. Antonio Petti, firmò il Decreto di Introduzione della Causa.

   

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