CAPITOLO 23

ALEXANDRINA, SEGNO DI CONTRADDIZIONE

Sente fare da Gesù le seguenti affermazioni: - Per i sapienti che posseggono la mia luce, tu sarai di maggior luce; per coloro ai quali la volli dare e non la accettarono, tu sarai di grande confusione, di maggiori tenebre.

Arrivati a questo punto della biografia, prima di esporre gli ultimi due anni dell'esilio terreno di Alexandrina, ci pare opportuno dare un quadro riassuntivo delle posizioni assunte dai principali «spettatori» del Caso di Balasar. Come tutte le «cose del Cielo» sono, su questa Terra, segno di contraddizione, così lo è pure Alexandrina. Infatti in un'estasi sente fare da Gesù le seguenti affermazioni (S.12-9-1947): - Per i sapienti che posseggono la mia luce, tu sarai di maggior luce; per coloro ai quali la volli dare e non la accettarono, tu sarai di grande confusione, di maggiori tenebre. - Fin dai primi anni della sua vita straordinaria si formano nell'ambiente a lei attorno, nel paese, due correnti: coloro che la comprendono, la credono veramente sulla via di Dio e la amano, e coloro che invece, e sono i più numerosi agli inizi, la tacciano di visionaria, o peggio, di ingannatrice che sfrutta le «cose di Dio» per suoi fini economici. Ricordiamo il commento del popolino, visto nei capitolo 11°, al n. 6. Quando poi, sia per gli esami medici fatti da grandi specialisti, sia per le visite dei due inviati da parte della Santa Sede, sia per la pubblicazione fatta da p.Terças sulle sue estasi di Passione (vedi inizio del capitolo 10°), il Caso dell'ammalata di Balasar diventa conosciuto in una più larga cerchia, aumenta il fermento. Diventano più numerosi i «pro» e si fanno più accaniti i «contro», e questi dell'opposizione non sono più soltanto tra il popolino di Balasar, invidioso della popolarità di Alexandrina. In questo capitolo ci occupiamo in modo un po' più particolare di alcuni delle due categorie, cominciando dagli avversari.

Gli avversari.

Dopo le prime estasi di Passione, subito alcuni confratelli di p. Pinho giudicano (come abbiamo visto nel cap. 11°, n. 1) che Alexandrina sia una mistificatrice, o nel caso migliore, una isterica. Si può immaginare la sofferenza di p.Pinho, oltre che di Alexandrina, la quale soffre moltissimo, come abbiamo detto, per quanto il direttore spirituale abbia cura di non palesarle la situazione in modo completo, almeno in un primo tempo. Tra questi c'è il p.Veloso, alla cui ostilità si è accennato nel capitolo 13° in una nota; questi sarà sempre non solo contrario a p.Pinho, ma un pertinace avversario suo e quindi anche della Causa di Mexandrina. Abbiamo visto che si è servito anche della stampa per fare la sua campagna denigratoria (vedi capitolo 19°) Al Processo Informativo Diocesano per la beatificazione sarà l'unica voce contraria. C'è poi un gruppo anonimo di persone, tra cui anche sacerdoti, che propendono a considerare il Caso di Alexandrina simile a quello di una presunta veggente del Pinheiro, poi smascherata. Il malanimo di alcuni arriva al punto di biasimare l'offerta di fiori fatta ad Alexandrina alla sua trionfale uscita dall' Ospedale di «La Foce», dopo i 40 giorni di rigorosa osservazione, come abbiamo visto nel capitolo 14°, in una nota. Molta influenza nella posizione contraria ad Alexandrina ha il parere del dott. AbeI Pacheco, un po' per la sua autorità, un po' perché aveva già visitato Alexandrina nel 1922 e nel 1941. Abel Pacheco, come si è detto nel capitolo 11° in una nota, è portato ad interpretare come una forma di isterismo la malattia di Alexandrina, negando che sia dovuta a lesioni organiche. In «No Calvario de Balasar» p. Pinho riporta il seguente ragionamento del dott. Pacheco: «Se veramente ha lesioni organiche, come conciliare questa impossibilità di camminare e molto più di genuflettersi con la rappresentazione fatta al vivo della Passione del Signore Gesù Cristo, non una volta, ma tutti i venerdì? Solo per un miracolo il fatto si potrebbe ammettere: ma, poiché si verifica tutte le settimane, ho diritto di pensare che vi sono troppi miracoli!» P. Pinho commenta: «A questo si potrebbe rispondere facilmente che a Dio costa fare un miracolo una volta, tanto quanto ripeterlo molte volte! Si compiva anche in questo ciò che il Signore aveva predetto all'ammalata 5 anni prima: - Farò in te grandi meraviglie. - E vedremo chiaramente queste meraviglie quando, per più di 13 anni, starà senza mangiare nè bere cosa alcuna.» È chiaro che nessuno, con visuale solo umana, può conciliare le due cose: paralisi organica e movimenti durante le estasi di Passione e in alcuni altri momenti particolari. Al Processo Informativo Diocesano d.Umberto Pasquale, interrogato in proposito, descrive alcuni momenti in cui Alexandrina, per forza misteriosa, si muove, si alza dal letto, momenti nei quali egli ha personalmente assistito al fenomeno. Uno di questi è stato riportato nel capitolo 19°, n. 10. Alla domanda: - Questo avvenimento sarebbe miracolo o suggestione? Risponde: - Questo lo chiamo amore di Dio: non so dire diversamente. - Tra le persone della popolazione di Balasar che si schierano dalla parte degli oppositori di Alexandrina, hanno particolare risalto tre donne: Teresa Matias, della quale vari testimoni hanno detto: «è un'autentica volpe»; Felismina dos Santos Martins, della quale si è parlato nel capitolo 18°; Maria Machado, una delle più influenti. Questa Machado conserva un atteggiamento di opposizione, addirittura quasi di odio contro Alexandrina, anche dopo la sua morte, tanto che nel 1965 a d. Umberto che sta preparando le testimonianze per il Processo Informativo Diocesano, dirà: - Finché vivrò, mi opporrò a che Alexandrina giunga agli altan. - Il suo temperamento prepotente e invidioso è riconosciuto da parecchi. Suo padre stesso riconosce che sua figlia è un poco di buono. Affermò a Laurentino Malta: - Alexandrina è un'anima di Dio. Quei demoni di donne che la circondano l'hanno fatta soffrire assai. Ella, poverina, riceve tutti: capisce molto bene le cose del Cielo, ma non quelle della Terra... Ed ora riceve quei diavoli. Quando si presenta a lei mia figlia dovrebbe prendere la scopa e buttarla fuori. Farebbe molto bene. Di queste tre donne, solo la Felismina si ricrede. Infatti nel 1945, in marzo, pentita per il suo comportamento di ingrata verso la famiglia Costa, chiede a Deolinda se può avere un colloquio con Alexandrina. Ecco quanto leggiamo nel Diario del 13 marzo 1945: ... Io desideravo fortemente questa riconciliazione, non perché la voce dellà mia coscienza mi accusasse colpevole, ma perché ero del parere che tra persone pie non dovrebbe esserci nulla di ciò, in quanto sarebbe motivo di cattivo esempio e di dispiacere per Gesù. Fino a questa occasione, quando pensavo se un giorno avrei visto davanti a me chi tanto mi aveva fatto soffrire, sebbene senza riflettere, involontariamente, mi pareva che sarebbe stato come se mi fosse data una pugnalata nel cuore e mi venisse tolta la vita. Avevo tanto desiderio che questo incontro avvenisse, ma avevo paura di non resistere. Nel momento in cui mia sorella me ne parlò, Gesù trasformò la mia anima. Cessai di sentire il colpo che mi pareva mi sarebbe stato dato dalla presenza di quella persona; rimasi indifferente a tutto, come se non mi riguardasse affatto. Quando ricevetti il mio Gesù (eucaristico), Gli affidai il Caso perché Egli lo risolvesse secondo la sua divina volontà. Passai la giornata nella paura, timorosa sempre di non fare la volontà del Signore; e le sofferenze andarono aumentando. Oggi, poco dopo la Comunione, mi venne riferito che forse ancora in mattinata avrei avuto quella visita. Mi rivolsi al Sacro Cuore di Gesù e gli dissi: - Mio Gesù, fate che io la riceva con la bontà e con l'amore del vostro Cuore divino. Datemi la vostra umiltà. Fate che io dimentichi il dolore che mi ha causato, come voglio che Voi dimentichiate il dolore e l'ingratitudine che ho avuto io verso di Voi. O Mamma, per la vostra agonia presso la croce, per i vostri dolori, fate che io mi comporti in modo da dare tutta la consolazione a Gesù per il maggior profitto pèr le anime! - La ricevetti con il sorriso e con la maggiore mitezza possibile. Dovetti vincermi, fare molta violenza su me stessa. Per l'oppressione del cuore, talvolta non potevo parlare nè respirare. Le feci comprendere il suo cattivo comportamento; e quando mi chiese scusa e perdòno le dissi: - Se il Signore non ti castiga senza che io glielo chieda, effettivamente non ti castiga perché io non glielo chiedo. Io voglio dimenticare tutto, come voglio che Egli dimentichi la mia ingratitudine e quella del mondo intero. - Il mio cuore si riempì di compassione per lei e la perdonai con tutta l'anima, vedendo in lei il Signore. Non ebbi un momento di gioia: mi parve che ciò che era avvenuto non fosse avvenuto nei miei riguardi. Rimasi triste nel ricordarmi che non avevo soddisfatto agli ordini di obbedienza; ma Gesù sa bene il mio fine e che la cosa non dipendeva da me... Nel 1965 d. Umberto, sempre in vista della preparazione del Processo Informativo Diocesano, chiese al dott. Azevedo chiarimenti sulle ultime righe del Diario soprariportate. Ne ebbe la seguente risposta: «Essendo stato informato più volte che alcune persone, cioè Maria Machado,Teresa Matias e Felismina sparlavano di Alexandrina e vedendo che la stessa aveva sofferenze morali forti ed immeritate, mi ricordo di averle proibito, anche se in forma blanda, di ricevere quelle persone, usando una scusa qualsiasi, perché sapevo che quelle donne, in ozio perpetuo, passavano il tempo a molestare gli altri.» Tra i vescovi, oltre a quello di Braga come abbiamo visto nel capitolo 18°, dobbiamo elencarne altri due. Negli ultimi anni della sua vita l'afflusso sempre più grande dei visitatori preoccupa il vescovo di Aveiro e quello di Oporto. Alla fine del 1953 si sparge la voce che il vescovo di Aveiro ha proibito ai suoi sacerdoti di fare visita ad Alexandrina. Nel Diario del 1° gennaio 1954 si legge: ... In questi giorni tanto dolorosi, giorni di tanto grande martirio per il corpo e di tanta angoscia per l'anima, venne ancora un altro tormento per il mio povero cuore. Mi giunsero varie lettere in cui mi si diceva che il signor vescovo di Aveiro aveva proibito ai suoi sacerdoti di venire qui. Che pugnali tanto dolorosi! La mia anima aveva la visione chiara delle conseguenze di questo ordine. Quante umiliazioni! Oh, se io potessi porre rimedio a tanto scandalo provocato! Quante cattive interpretazioni per causa di questo! La mia offerta di vittima al Signore non cessa: per vostro amore, tutto! Sia fatta la vostra volontà. Nell'aprile dello stesso anno 1954, sul giornale diocesano «Correio do Vouga», n. 1-188 del 10 aprile 1954, viene pubblicata la NOTA ufficiale della Segreteria Vescovile: 6 «Non essendovi stato sinora, da parte della competente Autorità ecclesiastica, una dichiarazione autentica del carattere soprannaturale dei fatti attribuiti ad una ammalata di Balasar, archidiocesì di Braga, i nostri reverendi parroci o altri sacerdoti non devono presiedere nè prendere parte a pellegrinaggi, anche se pii, all'inferma in questione.«Nel febbraio del 1954 anche il vescovo di Oporto prende un atteggiamento analogo a quello di Aveiro. Raccomanda cioè a tutto il suo clero di rifiutarsi assolutamente di accompagnare qualsiasi laico che, personalmente o collettivamente, voglia recarsi a Balasar. E fa pubblicare in proposito un articolo sul settimanale cattolico di Oporto «A voz do Pastor». Nel Diario del 26 febbraio 1954, venerdì, Alexandrina detta: ...Ho sofferto tanto tanto per quello che è stato pubblicato sul giornale «A voz do Pastor»: tormento inesprimibile, che soltanto sofferto si saprebbe comprendere. Ah, mio Dio, se almeno soffrissi io sola, se non soffrissero quelli che mi stanno attorno! Quanto Vi devo, mio Gesù: non mi siete venuto meno col vostro sostegno! Ho sofferto, con gli occhi fissi in Voi, senza un momento di rivolta, senza cattiva volontà contro nessuno. Grazie, Gesù, grazie, Gesù! Ciò che io vorrei è che non foste offeso Voi e non ci fosse tanto scandalo...

I favorevoli.

Occupiamoci ora di coloro che le sono favorevoli. Oltre la cerchia di quelli che le sono amici per conoscenza diretta quotidiana o quasi, tra cui la famiglia Sampaio, consideriamo alcuni dei più rilevanti, tra i medici e i sacerdoti. Èovvio che è inutile parlare qui dei due direttori spirituali e del medico dott. Azevedo, perché se ne è parlato a lungo. Tra i medici favorevoli, convinti della sua onestà ed ammirati del suo eroico modo di sopportare il dolore, abbiamo visto il grande neurologo Gomes de Araùjo, che da «medico-spia» le diventa «amico che la stima» e il prof. Carlo Lima, universitario, che concorda pienamente col dott. Azevedo, firmando congiuntamente a lui il Referto del 26 luglio 1943, come abbiamo visto nel capitolo 14°, n. 16. Il prof. Carlo Lima farà poi la seguente bellissima affermazione, in una lettera ad Alexandrina, del 23 dicembre 1948: Solo la sua rassegnazione e il grande amore al divino Crocifisso possono spiegare come una creatura umana sia capace di sopportare così continui e laceranti dolori.» Più numerosi sono i sacerdoti. Abbiamo visto che al momento della prima morte mistica (7 giugno 1936) il dott. p Oliveira Dias, gesuita, «come un angelo venuto dal Cielo», viene a confortarla portandole esempi di santi che sono passati attraverso la stessa tribolazione. Questo p. Oliveira Dias è un confratello di p. Pinho, come abbiamo detto nel capitolo 7°, e suo amico, che p.Pinho aveva già prima inviato altre volte a portare conforto ad Alexandrina, la quale gli serba molta riconoscenza, come appare da varie Lettere a p. Pinho, nelle quali accenna a p. Oliveira Dias: per esempio in quella del 20 febbraio 1936 si legge: ... La prego di raccomandarci al signor dottor p. Dias del quale non mi sono dimenticata nelle mie povere preghiere... All'inizio della Lettera a p. Pinho del 18 aprile 1936 incarica p.Pinho di ringraziare da parte sua per la bella immaginetta ricevuta da p. Oliveira Dias, in occasione del suo compleanno, il 30 marzo. Dopo la prima morte mistica, ancora più preziosa diventa l'opera di p. Oliveira Dias. Infatti viene ricordato in molte Lettere a p. Pinho. Nel 1937 p. Oliveira Dias le dà da leggere un libro intitolato «Lo specchio della Figlia di Maria». Nella Lettera del 4 febbraio 1937 si legge il ringraziamento: Le chiedo il favore di raccomandarmi al signor dott. p. Oliveira Dias e di dirgli che ho letto con interesse il libro «Lo specchio della Figlia di Maria». È in questo specchio santissimo che io vorrei continuamente vedermi. Inoltre èben vero tutto quanto esso dice. Se mi mostrasse il mio interiore, povera me! Avrei vergogna di me stessa... Anche negli anni successivi vi sono molte Lettere a p. Pinho che terminano dicendo di salutare il dott. p. Oliveira Dias. Mtre due personalità che restano molto bene impressionate da Alexandrina, che la stimano e chiedono addirittura sue preghiere, sono i due sacerdoti inviati dalla Santa Sede per la questione della consacrazione del mondo alla Madonna. Il primo è il p. Antonio Durào, come abbiamo visto. Il giorno dopo della visita fattale il 31 maggio 1937, le scrive il seguente biglietto: il «Signora Alexandrina, vengo a ringraziare sua madre, lei e sua sorella per la bontà con cui mi ricevettero ieri in casa. Vengo anche a chiederle scusa per il grande disturbo che causai certamente per il mio pesare, per dovere di coscienza. Già oggi nella S. Messa raccomandai le sue intenzioni. Continuerò a chiedere al Signore che si faccia la sua volontà santissima in ciò che Egli desidera da Alexandrina. Da parte mia cercherò di non mettere ostacolo alla stessa volontà divina. Affidiamoci totalmente a Dio. La croce può essere alle volte pesante. Ma Gesù ci sta guardando! E poi abbiamo l'eternità. La grazia divina non ci mancherà, anche senza che la sentiamo. Mi raccomando alle preghiere di tutti loro affinché io non sia indegno discepolo di Gesù. Infimo servo nel Cuore di Gesù: p. Antonio Durào Mves. Questo biglietto è riportato in «No Calvario de Balasar», dove p. Pinho prosegue così: «Più tardi il reverendo p. Provinciale, informando il padre spirituale dell'ammalata (p. Pinho stesso) dell'andamento che il Caso stava prendendo, gli dichiarò che suo fratello, p. Antonio Durào, dopo l'esame di Alexandrina, era rimasto bene impressionato e che gli pareva trattarsi di un Caso serio» Il secondo è il canonico mons. Emanuele Pereira Vilar. Il 5 gennaio 1939 fece visita per la prima volta ad Alexandrina, come abbiamo visto. Assistette all'estasi di Passione del venerdì 13 gennaio 1939, poi andò a farle visita altre due volte. Abbiamo letto ciò che Alexandrina detta nell'Autobiografia a suo riguardo (capitolo 120, n. 12). Qui ci interessa vedere quanto Alexandrina fu da lui apprezzata. Ecco alcuni stralci delle 7 lettere che il canonico Vilar le inviò: la prima da Braga e le altre da Roma, dove era stato chiamato a dirigere il Collegio portoghese. «... Da quando sono stato da lei sono avvenute grandi cose nel mondo. Pio XI è morto, ma il suo successore non è certamente meno caro al Cuore di Gesù. Sarà lui a realizzare l'opera Sua (la consacrazione del mondo alla Madonna). Io sono ancora in Portogallo e non so quando partirò; ma con certezza entro questo mese. Le chiedo di continuare a ricordarmi molto a Gesù, perché ne ho grande bisogno. Da parte mia non verrò meno a quanto promisi perché con lo scambio di preghiere ho tutto da guadagnare...» Lei preghi molto Gesù affinchè io Gli sia fedele per sempre. Sa benissimo che Lui, molto amorosamente, l'ha costituita mia protettrice e quindi non saprò vivere se non molto unito a lei, nel Cuore divino. La ricordo ogni volta che entro in chiesa e quando prendo in mano la corona del Rosario a cui ho appeso la medaglia che lei mi ha donata: tra i tanti ricordi che ho, è il più caro. Ogni giorno, nella S. Messa ho il «memento» speciale per lei onde ottenere le grazie di cui ha bisogno per realizzare la sua missione. Non sono ancora stato ricevuto dal Santo Padre; ma, appena lo sarò, gli esporrò i desiderii del Signore (per la consacrazione del mondo)... Roma, 9 - 4 – 1939 È il primo venerdì di giugno; è passato un mese da quando ebbi la sua lettera. Speravo di poterle dare qualche buona notizia circa la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, richiesta con tanta insistenza da Gesù; sfortunatamente non le posso dire ancora nulla di positivo. Le cose qui a Roma sono eterne, quindi non hanno premura. Però continueremo a pregare e a lavorare affinchè si realizzino i desiderii di Gesù... Stamane, ricordandola nella S. Messa come al solito, mi sovvenni della sua Passione ed offrii tutto al Signore. Ho trovato così un mezzo per placare la giustizia divina sulle mie numerose e gravi infedeltà. Ho fatto questo già tante altre volte. Siamo uniti nel Cuore divino e lavoriamo insieme... Roma, 2-6-1939 Mi ricordi nelle sue preghiere, perché la considero collaboratrice provvidenziale donatami da Gesù... Al mattino, nella S. Messa, sopratutto al venerdì, la offro sulla patena all'Eterno Padre... Ho già fatto giungere a chi di diritto la sua richiesta e attendo che il Santo Padre mi conceda l'udienza già promessa per parlargli di tutto personalmente. Egli ha molte preoccupazioni e perciò coloro che vivono a Roma devono attendere il loro turno. Roma, 6-8-1939. «Con la guerra la vita si è fatta difficile e all'inizio mi ha causato grandi preoccupazioni... Solo il Signore sa come finirà, dal momento che il mondo è sempre tanto lontano da Dio, provocandone la giustizia. Per fortuna abbiamo il grande Mediatore e le anime che Egli associa alla sua mediazione riparatrice. Quanto ènobile la missione a cui l'ha chiamata!... Roma, 26-11-1939. Modellare cuori e perfezionare anime per il servizio di Dio e del prossimo è un'opera che può fare solo l'Artista divino; noi siamo solo degli strumenti; ed è già molto se non danneggiamo l'azione divina. Cosa che non vorrei fare! E lei può ottenermi questo da Gesù, con la sua vita di preghiera e di sofferenze... Ho scritto a macchina ciò che mi ha mandato e ho consegnato tutto a chi di diritto. Da parte nostra facciamo quanto possiamo per la realizzazione dei disegni del Signore... Roma, 4-2-1940. Sono quasi tre mesi ché ho ricevuto la sua ultima lettera. Da allora la mia vita è stata assorbita da molte preoccupazioni per questo Collegio che il Signore mi ha affidato. Ma è per questo che sono qui e non mi lamento... Posso dirle che non mi sono dimenticato di averla al mio fianco per aiutarmi. Dal 24 giugno, per mancanza di salute, non ho potuto celebrare. Ma oggi, primo venerdì, non ho potuto farne a meno: e il mio pensiero volò subito a Balasar e offersi tutto a Gesù... All'inizio di giugno vi fu chi parlò al Santo Padre della consacrazione del mondo alla Madonna; ma l'ora è tanto incerta e difficile che solo Dio sa ciò che avverrà. Continueremo a pregare nella certezza che un giorno si realizzerà pienamente la volontà di Dio... Roma, 5-7-1940. Purtroppo mons. Vilar morì di cancro nell'Ospedale di Oporto il 7 marzo 1941, offrendo la vita per la santificazione dei sacerdoti. Così non poté vedere, dalla Terra, la consacrazione del mondo alla Madonna, da lui tanto patrocinata. Un altro sacerdote favorevole, ma che la fa soffrire molto pur senza volerlo, è il p. Josè Alves Terças dei Missionari dello Spirito Santo di Oporto, di cui abbiamo fatto cenno nei capitoli 10°e 13°. Viene presentato ad Alexandrina dal parroco; ottiene di assistere all'estasi di Passione del 29 agosto 1941, che poi pubblicherà, come abbiamo visto nel capitolo 13°. Sentiamo Alexandrina nella sua Autobiografia: Il 27 agosto del 1941 ebbi la visita del parroco accompagnato da p. Terças e da un altro sacerdote. Questa visita mi fu di grande dispiacere perché feci il sacrificio di rispondere, davanti a tutti, a una serie di domande di p. Terças, il che mi costò immensamente. Risposi coscienziosamente ad ogni domanda, perché pensavo che fosse venuto per motivo di studio, come altri erano venuti. Solo il Signore sa valutare quanto mi costò il dover parlare della Passione: fu su questa sopratutto che mi interrogò. Il nostro parroco mi disse che il rev. p. Ter~çs voleva ritornare il venerdì seguente, 29 agosto (per assistere all' estasi di Passione). Non volevo acconsentire alla richiesta senza consultare il mio direttore spirituale; ma, avendomi detto che doveva partire per Lisbona nel giorno successivo a quello (al giorno 29), cedetti dicendo: - Io penso che vostra reverenza non venga qui per curiosità. - Siccome mi affermò di no, acconsentii subito, sebbene mi facesse soffrire molto l'avere una visita in venerdì. Sua reverenza non mancò, ma condusse con sé altri tre sacerdoti. Ero ben lontana dal supporre che quella visita avrebbe fatto sorgere per me un nuovo calvario. Poco dopo, egli pubblicò quanto aveva osservato e sentito da me. Che il Signore tenga conto del dolore che mi causò quella pubblicazione: sapere che era stata pubblicata la mia vita, rivelati i miei segreti, quello che per tanto tempo avevo tenuto nascosto! Ogni tanto mi giungevano alle orecchie i commenti vani che si facevano su di me: erano spine che mi venivano confitte nel petto, anche se le persone non lo facevano con quel proposito. Diverse erano le impressioni che ne ricevevano le persone nel leggere quella pubblicazione o nel sentire parlare di me... Abbiamo parlato della reazione che tale pubblicazione sollevò. Ma p. Terças era convinto della serietà di Alexandrina, della sua sincerità, onestà; era convinto che il rivivere la Passione non fosse frutto di una fantasia esaltata, di una visionaria. La sua pubblicazione aveva anche lo scopo di difendere Mexandrina da tali accuse. A p. Pinho che gli manifestava il suo disappunto per la pubblicazione intempestiva, p.Terças rispose il 31 dicembre 1941: In risposta al suo biglietto del 17 corrente mese ho l'onore di inviarle il parere dell'arivescovo di Braga sulla pubblicazione del Caso della «martirizzata di Balasar». Le invio solo il finale della lettera. Il parere poi dell'arcivescovo di Mitilene è incluso nell' «Imprimatur». Ebbi poi oralmente l'opinione del cardinale Patriarca (Gerejeira) a cui, oltre aver dato le bozze, esposi a viva voce la cosa con tutti i particolari. Mi domando ora: cosa avrebbe fatto lei stesso, se a riguardo del Caso le dicessero che è uno dei Casi per illudere il popolo? Cosa farebbe? Il finale della lettera dell'arcivescovo è il seguente: Siccome lei si presenta quale autorizzato dalla Curia di Lisbona e dal suo Provinciale, penso di non dover intervenire anche se fossi da lei stimolato... Lo farei solo più tardi e «ex officio» se si provasse che la narrazione dei fatti causasse danno alle anime che mi sono affidate; il che penso non avvenga. Anzi, faccio voti che il Fascicolo produca frutti abbondanti alle anime, come lei auspica e alle cui buone intenzioni rendo omaggio.» P. Terças si giustifica anche con Caozinha, in una lettera in cui dice tra l'altro: Alexandrina è un'anima di elezione, scelta da Dio per una grande missione... Mi spiace che il mio articolo su Alexandrina l'abbia amareggiata tanto. Guardi però che non l'avrei scritto se non avessi udito dicerie attorno alla paziente del Calvario che mi sono spiaciute; ad esempio la si equiparava ad una presunta veggente di Ladeira do Pinheiro, ad una «santa Adelaide» della diocesi di Oporto e specialmente le sue estasi erano considerate simili alle pseudo-visioni architettate 6 anni fa a Lamego. Credo che nessuno oggi possa avere dubbi sui fatti di Balasar: sono opera di Dio. Alexandrina non sta recitando una commedia. È un'anima del Signore e sta svolgendo un'opera di espiazione. Ovunque hanno letto la Rivista, dicono: è una santa. Infatti la pubblicazione suscita nell'anima di tutti un movimento di amore verso Gesù per le sue sofferenze e, contemporaneanente, verso l'ammalata del Calvario.» Lisbona, 20-4-1942. Nonostante le buone intenzioni di p.Terçs, tale pubblicazione fa molto soffrire Alexandrina, come abbiamo letto nella sua Autobiografia. Un altro eco del suo forte disappunto lo troviamo nelle Lettere a p. Pinho del 16 e del 17 gennaio 1942: O padre mio, ieri fu qui un giornalista di Lisbona. Io non gli dissi nulla delle cose di Gesù, ma mi fece tanto soffrire! So che già quasi tutti i signori sacerdoti sanno del mio Caso; fanno tante domande al signor parroco! Furono gli scritti del signor p. Terças. Ah, mio Gesù, se io potessi almeno essere portata via da qui! Non vorrei che si sapesse di me, vorrei nascondermi. ... Proprio oggi venne da me il signor parroco a mostrarmi e a leggermi due fogli degli scritti del signor p. Terçs nei quali veniva a chieàere nuove informazioni: vorrà lui continuare ancora a parlare di me? Egli domandava se io continuavo ad affermare di aver visto Gesù come giardiniere. Risposi che delle cose del Signore non avrei detto altro e che il dispiacere che avevo era quello di avergli già detto tanto... I vani Salesiani che sono in relazione con d. Umberto sono dalla parte di Alexandrina, come è ovvio. Ma abbiamo visto che anche il Superiore, don Carrà, si comporta in modo da alleviare il peso delle proibizioni (capitolo 19°). Alcuni di essi poi hanno contatto diretto con Alexandrina, perché vengono inviati a lei da d. Umberto per darle Gesù Sacramentato, quando è impedito di andarci lui e il parroco èassente. Tra questi ha particolare importanza d. Giovanni Pravisano, che è inviato anche con il compito di studiare il Caso. Ne fa una bellissima Relazione in data 25-9-1944, della quale riportiamo alcuni stralci: «...In Alexandrina si nota l'assenza completa di esagerazione, di inganno o atteggiamento studiato. Il suo sguardo è limpido, sereno, calmo, senza nervosismo... È vivo e delicato, penetrante e modesto, affascina senza violenza, penetra nell'anima senza turbarla; anzi, ispira santità, si impone soavemente per una grande delicatezza. Per sopportarlo, quello sguardo, bisogna avere la coscienza pulita: ebbi infatti l'impressione che racchiudesse un carisma particolare. Il relatore passa poi a parlare dell'intelligenza di Alexandrina: «Fin dalle prime ore notai di trovarmi davanti ad una persona molto intelligente: notai perspicacia, comprensione chiara e pronta di tutti gli argomenti proposti, anche i più differenti. Il suo modo di ragionare obbedisce alle leggi della logica, senza precipitazione di argomenti, con la stessa sicurezza, calma e serenità con cui si legge un libro...» In seguito ne tratteggia la fisionomia morale e spirituale: Segue quanto avviene attorno a lei per rettificare, con amabilità, dolcezza e fermezza sorprendenti, qualsiasi cosa le paia imperfetta. Ha fatto sua la giaculatoria: «Gesù mite ed umile di Cuore». Infatti, nonostante sia cosciente delle grazie ricevute dal Signore, si sente schiacciata dalla sua miséria e si sente impreparata alla morte perché, come mi disse: quanto più un'anima è vicina a Dio, tanto più dovrebbe sentire la responsabilità dei suoi atti, perché è poco quanto si può chiedere alle anime, in confronto a quanto Gesù fece per loro... Quanto avviene in lei è opera del potere di Dio, a cui si deve rendere grazie, perché ella ha la convinzione che sarebbe la persona più perversa se Dio non operasse in lei. Non notai in lei rassegnazione, ma sete di fare con generosità, con entusiasmo la volontà di Dio. Per lei la sofferenza non è peso, ma una necessità della sua anima. A Balasar ho imparato ad essere semplice, retto, mite, santo: in poche parole ho imparato ad essere sacerdote anche di fatto.» Un altro Salesiano di primaria importanza è d. Jsmael Ferreira de Almeida, giornalista, autore di vani libri, tra cui di una traduzione in portoghese della biografia «Alexandrina» di d. Umberto. La sua ammirazione per Alexandrina nasce da contatti personali avuti in visite e da studi degli scritti. D. Ismael non è nominato negli scritti di Alexandrina: riportiamo alcuni stralci presi dalla vasta deposizione fatta al Processo Informativo Diocesano: «Ho una certa devozione per Alexandrina, per la seguente ragione: ho conosciuto e ammirato le sue virtù e persino sono convinto di aver ricevuto aiuto mediante le sue preghiere, aiuto di ordine spirituale...» D. Ismael accenna ad articoli su Riviste che parlano di Alexandrina: gli viene chiesto perciò se la sua fama venne dalle virtù o da questi scritti. Risponde: «La fama non è venuta dagli scritti che trattano di lei, ma dalla sua virtù. È più notevole l'impressione che ne trassero le persone che la videro, di quella che provenne dalle letture sulla sua vita...» «In quanto alla sua maniera di comportarsi quando riceveva visite, lo faceva sempre con serenità e col sorriso. Questo sorriso era quello che faceva impressione ai visitatori, sebbene soffrisse per tanta affluenza di gente e persino per certe domande e per certe curiosità che i visitatori le manifestavano...» Passando in rassegna le varie virtù, a proposito della fortezza dice: «La Serva di Dio testimoniò la fortezza cristiana quando fu pronta a morire piuttosto che peccare, gettandosi dalla finestra...» E, a proposito del suo amore al prossimo, dice: «So che si interessava molto per le vocazioni, per ottenere posti di lavoro e, prima di cadere ammalata, visitava ammalati e persino vestiva i morti. La sua dedizione per i poveri doveva essere stata tanto grande, poiché udii nel giorno del funerale una donna del popolo di Balasar dire: - È morta la mamma dei poveri! - Riguardo al suo atteggiamento rispetto alla gerarchia ecclesiastica e ai sacerdoti in generale, ricorda: «Nutriva grande venerazione per la santa Chiesa romana e per il romano Pontefice... Si immolò per i sacerdoti.» Richiesto donde, secondo lui, provenissero le conoscenze che Alexandrina rivelava sulla santissima Trinità e su altri misteri, risponde: «Sono convinto che questa conoscenza le venisse da una illuminazione speciale di Dio, tenendo conto che la sua istruzione non andava al di là della 2° classe di istruzione elementare e che anche persone con grandi studi teologici non arrivano a parlare con tanta esattezza e profondità di questo mistero, come lei parlava e sentiva...» Notiamo che questa opinione concorda con quanto dice un altro teste: mons. Orazio de Araùjo, come vedremo avanti. Finiamo con un accenno alle sue devozioni: «...Visitava spiritualmente il Santissimo Sacramento numerose volte e con sentimenti di riparazione... Era radiosa nella devozione alla Madonna. Coltivava tale devozione e la inculcava negli altri. Una sua frase prima di morire fu questa: - Recitino il Rosario tutti i giorni! Il cardinale di: Lisbona, Cercjeira, Patriarca del Portogalio, ha avuto sin dall'inizio buona impressione circa il Caso di alexandrina. Abbiamo visto (capitolo 18°, n. 14) che nel 1946 va a studiare il Caso di Alexandrina proprio un fratello del cardinale Cerejeira, che è medico e ne resta molto bene impressionato. Nell'ottobre del 1947 il dott. Azevedo, incontrando a Lousada il cardinale Cerejeira, gli parla di Alexandrina e della sua vita straordinaria. Il cardinale consiglia di non abbandonaila e di difenderne la Causa; esprime la sua ammirazione e aggiunge di raccomandarlo alle preghiere di Alexandrina. Ecco come esplode la riconoscenza di Alexandrina, quando il dott. Azevedo le riferisce la cosa: Quante grazie, quanti benefici, quanti doni ho ricevuto da Gesù! E non so ringraziare e non so, con la mia vita di umiltà e di amore alla croce, provare al Signore quanto Gli sono grata per tante prove del suo divino amore. Grazie, mio Gesù, grazie, mio Amore!... Quando non avessi altro bene, ho almeno un sostegno, un appoggio in una persona di grande autorità. In mezzo alla mia croce, in questa lotta di tanto grande martirio, mentre sono coperta di umiliazioni, il Signore venne a darmi la mano, tramite una distinta e cara persona che stimo molto: sempre nel mio dolore e nella mia cecità, mi risollevai, con l'anima più forte, con gli occhi maggiormente fissi in Gesù e nella Patria che mi aspetta. Non è per me, per mia grandezza e gloria che io ho apprezzato questo grande appoggio per cui ringrazio il Signore: è per Gesù, è per le anime, è per coloro che mi sono cari. Due anni dopo, in una Lettera a p. Pinho, detta: …Il cardinale Patriarca continua ad essere molto amico mio: mi manda vani messaggi di conforto. In qualche occasione potrò anche avere una sua visita... E, in una Lettera del gennaio del 1950: ... Il signor cardinale Patriarca mi manda a dire varie cose: mi incute fiducia! Mi manda a dire che io non mi inganno circa la mia vita, come tanto mi pare; che io preghi per lui e lui pure prega per me: tutti i giorni nella S. Messa mi colloca sulla patena e mi offre al Signore. E inoltre mi manda a dire cose tanto belle che io non so dire. Un anno dopo è riaffermato questo atto di collocare Alexandrina sulla patena. Infatti in una lettera del dott. Azevedo a p. Pinho, del 17 gennaio 1951, si legge: «Il Patriarca, in un a lettera, mi dice: - Non mi dimentico mai di collocare ogni giorno sulla patena, per arricchire l'offerta della Chiesa e sua, la cara vittima che si immola in mistico martirio di amore e di riparazione. - E chiede che ella non lo dimentichi davanti al Signore. Vorrebbe farle visita, ma sta pensando come fare senza offendere l'arcivescovo (di Braga). Il dott. Azevedo ha certamente riferito quanto sopra ad Alexandrina, per cui il Diario del 5 gennaio 1951 inizia così: Le mie gioie nella mia notte: ho ricevuto due grandi doni da Gesù, uno venuto dal mio padre spirituale e un altro dal nostro santo cardinale (Cerejeira). Erano parole dell'uno e dell'altro che dovevano essere per me motivo di grande gioia, ma caddero nella mia morte e anch'esse morirono prima che io le potessi assaporare. Oh, se almeno fossero per i cuori divini di Gesù e della Mamma quelle gioie che dovevano allietare e soddisfare il mio povero cuore! Per me, sa pere Gesù consolato e soddisfatto, sarebbe tutto. Che Egli mi accetti questi indicibili desiderii e mi dia come ricompensa il coraggio, la letizia nella mia croce, il conforto in questa notte tremenda di morte spaventosa di tutto il mio vivere!... Nel 1953 il Patriarca associa Fatima a Balasar. Infatti nella Lettera del 3 novembre 1953 leggiamo: ... Il signor cardinale Patriarca è molto amico mio. Mi mandò, giorni fa, alcune parole molto molto confortanti. Nell'inaugurare la Basilica di Fatima pensò a Fatima e a Balasar: mi collocò sulla patena e mi offerse al Signore come vittima per i peccatori; e altre cose ancora... Per concludere, riportiamo la seguente «definizione» di Alexandrina data dal cardinale Cerejeira: «È un serafino che si consuma nell'amore».269 Un altro sacerdote, il cui giudizio ha molto valore perché è un padre carmelitano, è p. Isidoro Magunha, professore di mistica e di ascetica, che va a far visita ad Mexandrina, attratto dalla fama del Caso: la prima volta nel 1946 e una seconda volta nel 1950. Riguardo alla prima visita, si legge nel Diario: Venne uno presso di me ad interrogarmi sulla mia vita. Gli risposi con molto sforzo, ma senza inquietudine. Egli mi disse parole di grande conforto che mi diedero coraggio. Nel Collegio Portoghese di Roma così disse il cardinale cerejeira ad Umberto Pasquale, nel 1950. Vedi in «Cr. Ge.» a p. 825. Dalla Lettera a p. Pinho del 13-2-1947, qui riportata parzialmente, d. Umberto venne a sapere che è un padre carmelitano; poi, tramite suor Lucia di Fatima (carmelitana), riuscì a identificarlo: p. Isidoro Magunha, della Vergine dei Carme1o Non so come ringraziare il Signore. Mi sentii tanto piccola. Piansi, ma le mie lacrime non furono di dolore perché le sue parole non me ne avevano dato motivo; ma non furono neppure di gioia, poiché di gioia Gesù non me ne permette più. Furono lacrime di fortezza: l'anima era forte. Quando egli si ritirò, io rimasi a lodare Gesù e la Mamma e a dire loro molte «grazie»... Ecco la Lettera di due mesi dopo, che parla della stessa visita: ... Passò di qui un signor padre carmelitano che circa 3 anni fa venne da Roma in Portogallo e mi disse che là fu professore di mistica e di ascetica, cose che io non conosco. Dopo una conversazione di 4 ore e mezza si ritirò e nel congedarsi mi disse: - Stia tranquilla, può stare tranquilla: in tutto quanto mi disse non trovai in lei una parola che sia contraria al Vangelo, contraria alla dottrina di S. Teresa e di S. Giovanni della Croce. Conosco la mistica e l'ascetica come il pane di ogni giorno. Le sono schietto: sono già stato scelto per esaminare di questi Casi e sono stato contrario; ma qui non lo sono, sono a suo favore. Viva molto umile, viva sempre come è vissuta sino ad ora. Le sue sofferenze sono pietre preziose che adornano la corpna che le cingerà la fronte. Piu tardi parlerò. Può dire la mia opinione a p. Umberto (Pasquale). - Mi fece molto coraggio; piansi lacrime di conforto. A prima vista pareva una persona molto austera. La mia vita è piena di umiliazioni e contraddizioni. Ma, nonostante questo, il numero dei miei amici non è diminuito, anzi, al contrario, aumenta. E, pur con questo aumento, mi sento sempre più sola... P. Isidoro Magunha ritorna a farle visita nel dicembre del 1950. Nel Diario del 15 dicembre si legge: Il cuore pareva lasciarmi per seguire con la croce il viaggio al Calvario (sta rivivendo la Passione). Mentre ero unita alla croce, già eretta sulla montagna, entrò nella mia camera un santo e degnissimo sacerdote: era la seconda volta che veniva. Sono stata interrogata a lungo in confessione: due calvarii in un solo calvario, due agonie nello stesso tempo. Mio Dio, quanto ho sofferto, nonostante la massima carità usatami da sua reverenza (Magunha)! Mentre ricevevo l'assoluzione, sentivo già che Gesù faceva la ronda attorno alla mia anima, come chi fa la ronda attorno ad una casa. Dopo molte parole di conforto, il santo sacerdote continuò a parlarmi delle cose di Gesù. Cessai di udirlo: udii Gesù; prestai attenzione a Lui che stava al mio fianco, fanciullo dai 10 ai 12 anni. - Figlia mia, figlia mia, abbi coraggio: io sono qui. Beato l'uomo al quale Dio comanda ed egli ubbidisce! Beato colui che accoglie la luce che gli dò. Si sveglino, si sveglino coloro che dormono! Il sonno è lungo, il ritardo prolungato. Beati coloro che accolgono la luce, beati coloro che compiono la mia divina volontà! Quale premio, quale gloria splendente! Coraggio, coraggio, figlia mia! Tra poco canterai gli inni celesti. Coraggio, porta la tua croce: la gloria è tutta mia, la riparazione col profitto è per le anime, è per il mondo traviato e perduto. - Non so perché sentii in me il bisogno di abbandonare Gesù. Dopo di avergli ripetuto molte volte il mio eterno «grazie» per ogni cosa, Gli dissi: - Gesù, perdonatemi, devo lasciarvi. - Va', va', figlia mia: siamo come due fanciulli che obbediscono. - Allora udii la voce di sua reverenza che mi diceva: - Che cosa c'è, che cosa c'è? - Sono io, signor padre, che sto ringraziando il Signore. - La prima agonia: accompagnare Gesù al Calvario, mentre rivive la Passione; la seconda: la lotta per nascondere l'impeto dell'estasi davanti ad un estraneo. Cessai nuovamente di udire il padre per udire e vedere Gesù, non come fanciullo incantevole, ma già uomo, che mi mostrava il suo divino Cuore dicendomi: - Questo Cuore ti ama follemente. Vieni a ricevere la goccia del sangue che esso ti dà: è il tuo alimento, è la tua vita. - Gesù unì in fretta i nostri cuori, fece passare la goccia del sangue e aggiunse subito: - Non voglio indugiarmi. Anche se non mi senti, io sono sempre con te: nella tua fragilità sono la tua fortezza; nelle tue tenebre e morte sono la tua luce e la tua vita. Coraggio, va' in pace. - Grazie, grazie, Gesù! - Ci occupiamo ora di un altro sacerdote che ha un'importanza particolare, in quanto è il segretario dell'arcivescovo di Braga: il dott. p. Sebastiano Cruz. Dopo il verdetto negativo della Commissione dei teologi, il dott. Azevedo sollecita uno studio serio del Caso, da parte di teologi. L'arcivescovo invia il suo segretario p.Sebastiano Cruz. Nella Lettera del 22 dicembre 1948 leggiamo: ... Stiamo a vedere se i signori di Braga si decidono ora a venire a fare il loro studio. È probabile: fu già scelto un tale signor dott. p. Sebastiano. Venne già qui con persone di famiglia. Fu proprio lui che mi disse che sarebbe venuto qui più volte... Da questa Lettera non si capisce l'atteggiamento del p. Sebastiano Cruz, ma già nella successiva in cui accenna a lui si vede bene il suo atteggiamento favorevole: ... Il signor dott. p.Sebastiano Cruz, segretario del signor arcivescovo, venne qui varie volte. Nella settimana scorsa mi disse che per questi quindici giorni sarebbe venuto con più agio, perché potessimo parlare delle mie cose. Mi disse che ora era lui ad occuparsi di questo. Gli occhi mi si coprirono di lacrime e gli dissi che non volevo tornare ad essere messa in pubblico, che ero già conosciuta troppo. Ma che era tale lo stato della mia anima da parermi, o meglio da sentirmi, che stavo qui e che dovevo stare là. Con questo mi riferivo al mio padre spirituale. Mi rispose: - Non si affligga. Il Signore permise così. L'ora della grazia non è ancora giunta, ma giungerà. Attendiamo. - Nella Lettera del 2 settembre 1951 si legge: ... Il maggior numero dei sacerdoti, tanto di ordini Religiosi quanto secolari, si sono incamminati verso la verità: sono miei amici e stanno dalla nostra parte. Io sono in attesa del signor dott. p. Sebastiano Cruz: deve venire a farmi un esame per ordine del signor arcivescovo. Credo che sarà tra poco... Qualcosa si è mosso... Infatti nella Lettera del 9 gennaio 1952 si legge: Lunedì, giorno 7, fu qui il segretario del signor arcivescovo, il signor dott. p. Sebastiano Cruz; venne a farmi visita e ad offrirmi un libro. Dopo aver conversato con me su alcune cose, mi fece molto animo, molto: mi disse che avessi molta fiducia, che non dubitassi che la mia vita è il dito di Dio in me, che Egli mi aveva chiamata come chiama pochissime anime. Nel suo Caso, Alexandrina, è stato studiato e tutti quelli che lo conoscono senza preconcetti vedono che è opera di Dio, che è un Caso degno di rispetto. Il signore arcivescovo ha cambiato completamente l'opinione che aveva al suo riguardo. Egli la ammira, la stima moltissimo... O Alexandrina: il suo letto è un altare e Alexandrina è l'Ostia. Diventi sempre meno indegna della chiamata del Signore, perché nessuno di noi è degno.» Io dico questo a lei, padre mio; non è per me, ma è perché lei sappia ciò che avviene. E dopo tutto questo, mi pare di non credere affatto, mi pare che nulla avvenga nei miei riguardi. Per continuare il suo studio, il dott. p. Sebastiano Cruz conduce con sé anche altri teologi. Siamo nel 1953: riportiamo 4 stralci di altrettante Lettere a p. Pinho, dal novembre 1953 al gennaio 1955: ... Il segretario del signor arcivescovo, che è il signor dott. p. Sebastiano Cruz, condusse qui un canonico e professore a Salamanca. Dicono che è rimasto molto soddisfatto. Il signor dott. p. Sebastiano Cruz mi disse, davanti a lui, che era stato e continuava a stare al mio fianco. Mi pare che debba venire un mistico di Salamanca per studiare il Caso insieme a lui e con il don abate di Singeverga, che già conosce gli scritti. Ormai vede, mio buon padre, che, pur sembrando di no, abbiamo molti amici; ma abbiamo anche dei nemici; ma in maggioranza sono gli amici... Poco più di un anno prima della morte di Alexandrina, il dott. p. Sebastiano Cruz si pronuncia in nome dell'arcivescovo. Alexandrina ne dà notizia a p. Pinho nella Lettera del 2 maggio 1954: ... Il signor dott. p. Cruz, segretario del signor arcivescovo, che giorni fa stette qui, dopo di avermi molto confortata, mi disse che era con noi e che rappresentava il signor arcivescovo. Anche se i nemici sono rabbiosi, gli amici sono molto più numerosi e Gesù veglierà per chi vive solo per Lui. E la nostra ora ha da arrivare. Abbiamo fiducia, padre, abbiamo fiducia! In agosto dello stesso anno: ... Il segretario del signor arcivescovo, il signor dott. p. Sebastiano Cruz, stette qui Otto giorni fa. Mi rianimò molto molto. Mancò poco a mettermi in Cielo. È con noi: è un sostegno saldo... Infine, nel gennaio dell'anno della morte: ... Lo studio sulla mia parte mistica continua: è andato avanti molto lentamente. Giorni fa stette qui il signor dott. p. Sebastiano Cruz. Parlammo circa due ore... Disse che la luce per loro e per molti era fatta, ma che era necessario il resto. Mi rianimò molto molto. Ahi, padre, quanto è costata! La Causa ha molti nemici, ma più numerosi, molto più numerosi sono gli amici... L'opera di Sebastiano Cruz presso l'arcivescovo di Braga non è stata vana; infatti nella stessa Lettera cui appartiene il brano sopra citato, si legge: ... Il dott. Azevedo e il signor p. Albertino (sacerdote figlio del dott. Azevedo) sono stati all'arcivescovado a parlare con l'arcivescovo, per combinare con lui circa le visite. Tutto si fa sotto i suoi ordini. Pare che sia molto ben disposto; ma questo non vuol dire che tutto sarà miele d'ora in avanti, no, perché oggi respiriamo e domani moriamo soffocati, sopraffatti sotto il peso della croce... Un'altra figura di primaria importanza, che ebbe modo di apprezzare Alexandrina frequentandola per circa 10 anni, dal 1945 in poi, ed ebbe contatti col dott. Azevedo, è mons. Orazio de Araujo. Non è nominato negli scritti di Alexandrina. Possiamo farci un'idea del suo apprezzamento dalla sua ampia deposizione al Processo Informativo Diocesano. In una parte di tale deposizione risponde agli attacchi del dott. Elisio de Moura e del p. Veloso. Inoltre tratta a lungo, dettagliatamente, delle virtù di Alexandrina, che ebbe agio di constatare con continuità. Stralciamo alcuni brani dal SUMMARIUM e alcuni da «Cristo Gesù in Alexandrina»: «Si definiva vittima del Calvario. Sono convinto che fosse una di queste anime, che si associasse alla Passione di Cristo per la conversione dei fratelli, per i quali offriva continuamente preghiere e sacrifici... Era un'anima bruciata nelle fiamme dell'amore per Dio e contagiava gli altri. Parlava frequentemente di Dio. Mai ebbi con lei una conversazione che fosse banale o indifferente. Era Dio, direttamente o indirettamente, l'argomento della nostra conversazione. Quando parlava di cose terrene, era in riferimento alle divine... Si dava all'orazione in tutte le sue forme, non esclusa la contemplazione...» A proposito della capacità di Alexandrina di parlare sia con gli umili ed ignoranti, sia coi dotti anche sacerdoti, dice: ... Catechizzò i rudi e gli ignoranti; per lo meno durante il tempo in cui stette nel letto inferma: le sue parole erano una continua catechesi... Un giorno, per circa mezz'ora, mi parlò della Santissima Trinità, della vita intima con Dio e della grazia santificante. Non so dire se ammirai di più la sublimità dei concetti o la chiarezza del linguaggio... da lei che non aveva cultura! E tuttavia ne trattava come il più abile teologo e come nessuno può parlare di argomenti tanto alti e sublimi...» Ed ecco la sua opinione per quanto riguarda le estasi: «... Sono convinto che in quelle estasi nulla ci fosse di soprannaturale diabolico, di simulazione o di isterismo, ma piuttosto di soprannaturale divino. In verità, le affermazioni che faceva, la calma e la serenità che manifestava nelle estasi, nulla manifestava di isterico o di diabolico e mai la considerai mistificatrice. In una delle estasi a cui fui presente vi erano pure circa 6 sacerdoti di Oporto e nessuno di loro, come neppure io, attribuimmo ciò ad isterismo o ad un influsso diabolico e lungi da noi stava l'idea che fosse mistificazione. Osservai pure che, dopo le estasi, restava in grande serenità, facendo esortazioni ammirevoli alle persone presenti, cosa che non si verifica nei fenomeni isterici o diabolici... Posso e devo dire soltanto che uscivo da quella cameretta più sacerdote, e con maggiore zelo per le anime.» Consideriamo ora due «convertiti» ufficialmente, che furono membri della Commissione esaminatrice: d. Alvaro Dias e il canonico Molho de Faria, presidente. D. Alvaro Dias cominciò ad apprezzare Alexandrina già prima che morisse. Nel 1948 andò a farle visita tre volte e ne restò bene impressionato, come leggiamo nella Lettera del 13 settembre 1948: ... Fu qui a predicare il rev. signor dott. Alvaro Dias, del Seminario di Braga, che fece parte della Commissione. Venne a visitarmi tre volte. Pare che sia impressionato alquanto per la mia sofferenza e pare anche che non sia rimasto male impressionato. Non so cosa decideranno, o se non decideranno nulla. Io sono in tutto e per tutto tra le braccia di Gesù e della cara Mamma... Quanto a Molho de Faria, solo dopo la morte di Alexandrina cominciò a stimarla santa, avendone studiato gli scritti e avendo meditato sulla sua vita. Celebrò due o tre volte la S. Messa nella Cappella funeraria, per devozione. Nella deposizione al Processo Informativo Diocesano afferma: «Adesso penso che la fama di cui gode la Serva di Dio sia la migliore possibile e meritata. Ritengo che la Serva di Dio sia degna degli onori degli altari. Tutto so per conoscenza e studi personali.»

 

   

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