CAPITOLO 21
(1945-1955)

IL CALVARIO DEGH ULTIMI 10 ANNI

In quale stato doloroso rimase il mio corpo per l'esame dei medici! E quante sofferenze dell'anima! Il mio corpo non arriva piu ad essere nemmeno uno straccio umano che il dolore ha disfatto. Tutto e scomparso come polvere che il vento disperde. Il demonio viene di tanto in tanto con le sue suggestioni coi suoi tentativi di portarmi al male, al dubbio, alla disperazione... Mi soccorse Gesù: - Mia amata figlia, hai fiducia in me? Abbi coraggio! Non mi offendi: io ti aiuto a portare la croce e a camminare. - Con quale sforzo invocavo Gesù e la Mamma e ripetevo loro il mio "credo"! Nelle tenebre dell'agonia e della morte volli ripeterlo e non potei. Venne Gesù. Mi chiamò ad alta voce e con dolcezza: - Figlia mia, o figlia mia, la tua riparazione e per coloro che sono senza fede, per coloro che sono senza Dio, per gli increduli.

L'anima generosa che si è offerta vittima mettendosi alla sequela di Cristo crocifisso, avanza sperimentando le sofferenze più svariate. E così, più che mai, Alexandrina! Riservandoci di parlare delle sofferenze morali e spirituali nella Parte Il che riguarda la spiritualità, ci occupiamo ora di completare, con poche pennellate essenziali, il quadro delle sofferenze fisiche e delle lotte da lei sostenute contro Satana, negli ultimi 10 anni del suo passaggio sulla Terra.

Aumenta il martirio nel corpo.

Nel novembre del 1946 deve subire altri esami: Nuovi esami medici, altre spine, croce più pesante! Potrò soffrire di più? Sì, io posso con la grazia del Signore... Questo nuovo esame mi ha lasciata in una grande sofferenza, in un grande abbattimento, ma non uguale a quello che avevo sentito negli altri esami. Questo esame mi fece vedere lontano, ma molto lontano, un nuovo cammino con un orizzonte lieto e luminoso: ha raggi splendenti, ha raggi dorati di sole. Non so come arrivare a quel cammino, a quell'orizzonte lieto: ho paura, molta paura per arrivare là: mi vengono incontro sbucando da una parte e dall'altra tante tante belve!... Il giorno 24 dello stesso mese deve subire un altro esame di medici, con teologi! Soffre molto già nell'attesa; poi durante l'esame, non perdendo l'unione con Dio, non cessa di offrirgli anche questa sofferenza. Però nel profondo dell'anima sente impulsi di lodare il Signore: Quando se ne andarono, nello stesso momento rimasi senza forze fisiche e sentii subito gli effetti del doloroso esame. Però l'anima rimase forte ancora per lo spazio di un'ora: tentava di cantare lodi al Signore... Il Diario del 29 novembre inizia così: In quale stato doloroso rimase il mio corpo per l'esame dei medici! E quante sofferenze dell'anima si ravvivarono ancora più e si aggiunsero alle tante che già avevo! Verso la cecità Abbiamo già accennato ad una sofferenza che riguarda un malessere agli occhi del corpo: nell'ottobre del 1944 d. Umberto aveva regalato il panno per tende oscure da mettere alla finestra, poiché la luce feriva gli occhi di Alexandrina (vedi cap. 19°, n.7). Nel 1945 più volte accenna a questo tormento. Per esempio il Diario del 23 luglio inizia così: 'Passo i miei giorni in una oscura prigione: gli occhi del corpo non possono vedere la luce e la mia anima non ha luce... Alla fine di agosto dello stesso anno si sente dire da Gesù: - Figlia mia, sposa mia, ascolta: ti preavviso. La tua sofferenza aumenterà: gli occhi del tuo corpo rimarranno sempre come se non esistesse la luce; le tenebre e il dolore della tua anima saranno indicibili. - E subito in settembre Alexandrina detta: Cresce la mia cecità, aumentano le mie tenebre. Non ci vedo; si è oscurato il mondo: pare che Dio non abbia creato la luce... La condizione della vista continua a peggiorare: Alexandrina diventa quasi cieca. Nel gennaio del 1955, il dover vivere nella cameretta tanto piccola ed oscurata molto, le dà la impressione di essere in una cella in cui le manca il respiro: ... Alla povera natura tutto ripugna: ora persino non può vedere la luce al punto da dover fare della mia camera una cella oscura. Avere bisogno dell'aria e non poter vedere la luce mi pare che quasi mi porti alla disperazione. È tale la sofferenza da parermi che tutto il mio essere venga strizzato... Ai primi di aprile, il dott. Azevedo le impone di chiedere a Gesù un po' di sollievo al martirio dei suoi occhi. Gesù concede un po' di questo sollievo, a intervalli. Nell'estasi del venerdì Santo, 8 aprile, Alexandrina sente Gesù dirle: - Figlia mia, nel mattino della domenica di Pasqua vedrai non la luce completa, ma una mezza luce. Io sarò la forza dei tuoi occhi. Non allevierò le tue sofferenze; no, figlia mia, no! Rimarrai così sino alla tua morte. Alle domande se stai meglio, rispondi con un sorriso... Io cedo alla tua richiesta ed obbedisco a coloro che vogliono che tu abbia luce. Mi consola tanto l'obbedienza! Però questa luce non sarà duratura: la avrai qualche ora al giorno, qualche ora e solo qualche giorno; verranno altri giorni in cui rimarrai nelle tenebre della cecità del corpo e dell'anima. Scelgo io il tempo: sarà quando la riparazione in questo senso sara più necessaria. Coraggio, figlia mia! Sono tanto rare le vittime che accettano tutte le sofferenze, che riparano per tutti i crimini!.. - E infatti al mattino di quella Pasqua Alexandrina fa togliere le tende oscure, poichè può sopportare la luce. La ragazza che fa i servizi in casa chiede stupita come mai la stanza non è oscurata. Alexandrina risponde: - Il Signore è risorto: Lui è luce! - Perdita di sangue Alexandrina ha anche sovente forti emorragie. Nel 1945 perde poi giornalmente sangue per tre mesi consecutivi, come abbiamo detto nel capitolo 15°, n. 11. Alla fine del Diario del 9 novembre 1945 il dott. Azevedo scrive il seguente N.B.: «Da tre mesi l'ammalata ha giornalmente perdita di sangue. In considerazione di questo, ordinai che, fino a nuovo ordine, non dettasse i sentimenti della sua anima, se non nei giorni in cui non perdesse sangue. Nel Diario del giorno precedente Alexandrina aveva dettato: Avevo detto molte volte a Gesù: - Voglio darvi il mio sangue sino all'ultima goccia, per vostro divino amore e per soccorrere i peccatori, così come Voi lo avete dato per me. - Ma non pensavo che Gesù prendesse la cosa tanto alla lettera! Solo ieri mi ricordai della mia offerta a Gesù, sentendomi senza sangue, senza vita: temo di lasciare il mondo da un momento all'altro senza che si realizzino le promesse di Gesù (senza che le ridiano il primo direttore spirituale)... E dopo due settimane esprime il suo stato con il seguente paragone, iniziando così il Diario del 21 novembre 1945: Sento che il mio corpo dà gli ultimi strappi di vita. E come una locomotiva che non ha forza per trascinare il peso dei vagoni. Le diviene sempre più penoso il parlare. Sempre nello stesso novembre Alexandrina sente Gesù dirle: Aumenteranno i grandi sacrifici che fai per parlare, ma non temere nulla: la tua vita di amore, la tua vita di bene Per le anime continuerà nei tuoi sguardi, sorrisi e dolcezze sino all'ultimo istante. Quale vita di attrattive e di meraviglie divine!... - Naturalmente col passare degli anni questo sacrificio si fa sempre più gravoso. Per esempio, sette anni dopo, precisamente nel Diario del 24 ottobre 1952, detta: ...Ad ogni sforzo che faccio per pronunciare una parola, tutto il mio essere pare disfarsi, tale è la sofferenza che sento in me. O Gesù, tutto per amore a Voi e per la salvezza delle anime! Che tutto il mio vivere sia: soffrire e amarvi, amarvi e soffrire! Senza il dolore non potrei più vivere. Il 15 ottobre 1954 inizia a dettare il Dian.o con molto sforzo: Solo il Cielo vede, solo il Cielo può valutare il mio sacrificio. Non posso parlare: ad ogni parola che dico mi pare che uno sbocco di sangue mi affluisca alle labbra. È solo per amore a Gesù e alle anime che io faccio tanto grande sacrificio. Obbedire quando si può non costa; ma quando è fatto in questo modo, in una sofferenza indicibile, il sacrificio è inaudito. I mali del mio corpo sono tanto gravi e quelli dell'anima competono con questi: o Cielo, o Cielo, o vita senza vita!.. Bendata e stesa su dure ass.i Verso la fine di settembre del 1946 le articolazioni delle braccia e delle vertebre si sconnettono. Il dott. Azevedo decide di intervenire: prepara due sostegni a forma di «s» allungata che assicura ai lati della testiera del letto; fascia strettamente le braccia di Alexandrina e le lega sopra i sostegni in modo che la reggano passando sotto le ascelle. Inoltre fa mettere delle dure assi sotto al materasso e la fascia in tutto il corpo. Alexandrina rimarrà così sino alla morte! Sentiamo cosa dice nel Diario del 4 ottobre 1946: ... Questo giorno anniversario (della prima crocifissione, 3 ottobre 1938), senza Che vi si riflettesse e si combinasse, divenne pure la data in cui il mio povero corpo, legato con bende, fu posto per sempre su dure assi. Ma, nonostante questo, rimasi assetata di sempre maggior dolore, di sempre maggior amore. Il mio caritatevole medico, dopo avermi preparato il mio duro letto, mi disse alcune parole di conforto. Lo ringraziai con l'anima e col cuore, ma quelle sue parole passarono lontano da me: mi parve non fossero dirette a me... Questo letto le diventa un letto di spine. Nel Diario del 10 luglio 1949 detta: ... Voglio essere vittima di Gesù e, poiché lo voglio essere, è con il sorriso dell'anima che di buona volontà continuo ad esserlo nel mio letto di spine. Quanto sono impigliata in esse! Quanto sono impedita nel più piccolo movimento! Quanto mi feriscono! Attacchi di febbre forte e insonnia. Si aggiunge sovente anche la febbre, che le dà l'impressione di avere la carne distrutta: Il mio povero corpo continua ad essere, in certe ore o in altre ore, uno scheletro: teschio, piaghe, spine, frecce, dolore e sangue. Cosa è il mio dolore, solo Gesù lo comprende: e questo mi basta. ... Il martirio è sempre lo stesso, con in più gli ardori della febbre e dolori trituranti, dolori quasi insopportabili. Quale tormento! Solo Gesù lo vede e lo sa comprendere. Nel dicembre del 1950 ha una grave crisi di varie sofferenze; l'8 dicembre non può dettare il Diario: Il mio corpo ardeva per la febbre ed era come disfatto dal dolore... E quattro anni dopo: Il mio corpo arrostito dentro e fuori pare alle volte ardere in un vero inferno. Chiedo sollievo, chiedo di cambiarmi di posizione per poter resistere senza disperare. In altre parti del corpo il gelo mi raggela: fuoco e gelo nello stesso tempo, freddo, gelo che causa dolore che tormenta come fuoco. Quasi continuamente sento tutto il corpo bagnato di sudore e molte volte sento pure i sudori dell'anima. Non manca neppure l'insonnia, naturalmente! È vero che da molti anni è abituata a passare lunga parte della notte senza dormire, soffrendo, pregando, meditando, facendo «compagnia a Cesù», come lei dice: Molto unita ai tabernacoli, contenta di essere sveglia, dicevo: - Gesù, voglio vegliare, voglio amare per quelli che stanno a dormire; voglio soffrire, voglio riparare per quelli che stanno a peccare. - Ma ora passa notti intere consecutive senza poter dormire. Ecco come inizia il Diario del 4 dicembre 1953: Questa settimana è stata per me di grande, molto grande sofferenza del corpo, senza che sia stata alleviata la sofferenza dell'anima: è stata una settimana con notti di insonnia quasi continua. Tre stralci riassuntivi. Nell'aprile del 1950 festeggia le sue nozze d'argento con il letto: si era messa a letto per sempre nell'aprile del 1925, come vedemmo nel capitolo 3°, n. 9 In quella occasione viene celebrata una S. Messa nella sua cameretta. Ma Alexandrina non sente gioia. Nel Diario detta: ... Alla fine vi fu gioia, molta gioia, ma non per me. Avevo molti motivi per essere lieta, ma Gesù permise che un velo di morte avvolgesse tutto. Sorridevo, mi facevo vedere allegra, ma la mia gioia era solo perché quella era la volontà di Gesù... Quattro anni dopo, il 13 agosto 1954, inizia il Diario con la seguente immagine, tanto fortemente tragica: Il mio corpo non arriva più ad essere nemmeno uno straccio umano che il dolore ha disfatto. Tutto è scomparso come polvere che il vento disperde. Mio Dio, quanto ho sofferto! Nel mio dolore tengo in conto solo Gesù e le anime. Che sete di darmi e di consumarmi sempre di più!... Arrivata al 1955, anno della morte, detta nel Diario: Ho passato i miei giorni tra la vita e la morte: solo il Cielo può comprendere il dolore del corpo e l'agonia dell'anima. Mio Gesù, continuo a fare voli verso l'alto, ma solo in spirito: solo per amore a Voi e per le anime! Non si può spiegare che vi sia tale follia d'amore per la sofferenza, se non con l'amore a Gesù e con l'indicibile anelito a dargli anime. Vivo qui nella mia cella oscura, in una oscurità continua; e l'anima, in tenebre spaventose, in agonia continua, vive per Dio, senza essere per Dio: Gli afferma la fede e la fiducia, senza sentire nè l'una nè l'altra. Povera me, povera me! Quale martirio che posso quasi dire insopportabile! Soffrire tale martirio nel corpo e nell'anima senza fede, senza la fiducia di dare tutto al Signore! Insisto, mio Dio, insisto e insisterò sempre: sono vostra e tutto è per Voi. Vivo la morte per vivere la vita con Voi; vivo la morte e le tenebre per dare la vita e la luce alle anime.

Continua l'azione di Satana.

Abbiamo visto (capitolo 8°) che alla fine del 1937 cessarono gli assalti del demonio con aggressioni al corpo; venne però prevvisata da Gesù che le sue lotte col demonio sarebbero continuate, in forma diversa, ma sempre dolorosissime. E di fatto continuarono. Vediamo una breve panoramica di questa sua forma di riparazione offerta dal 1945 alla morte. Alexandrina parla di tentazioni che la tormentano nell'immaginazione, ma soventissimo anche di veri combattimenti che deve sostenere, sia pure nel campo non fisico, perché il demonio non può più toccarla: Al mio fianco stava il demonio incatenato. Voleva arrivare a me: io vedevo che egli non ci riusciva, ma sentivo come se dilaniasse il mio corpo a morsi. Gli insulti erano tanti; mi diceva: - Maledetta, devi peccare, devo portarti alla disperazione... - Ha tentato di assalirmi ma, incatenato, non vi è riuscito: non venne con i suoi tremendi combattimenti. Che paura io ho di essi! È certo che fu Gesù a permettere così. Quando lo vedo spiccare il salto per lanciarsi su di me, rimango sgomenta per il timore che qualche volta vinca davvero e mi porti al peccato. Egli ha tanti modi per tormentarci l'anima! Generalmente tutto si svolge nell'intimo, senza che gli astanti se ne accorgano. Però qualche volta avvengono fenomeni strani, che anche gli altri avvertono: Il demonio non mi tormentò nella solita forma, ma mi tormentò il pensiero di essere nel peccato: la causa di questa sofferenza fu un fumo che oggi si innalzò presso la testata del mio letto; pareva uscire dal di sotto del letto. Questo fumo fu visto dalle persone che si trovavano nella camera, così come fu sentito l'odore del fuoco o non so di che. Alle volte il mio letto trema, parendomi una scossa della Terra. Questo lo sento solo io e non le persone. Mi causa tanto dolore! Mio Dio, sarei in peccato? Mi pare fuoco, mi paiono scosse dell'inferno. D. Umberto Pasquale, a questo punto del Diario (Sentimentos da alma) annota: Ho interrogato tre persone presenti, circa il fenomeno inspiegabile del fumo, avvenuto in un momento in cui il fuoco della casa era spento; questo demonio viene, di tanto in tanto, con le sue suggestioni, coi suoi tentativi di portarmi al male, al dubbio, alla disperazione... In uno di questi pomeriggi sentii come se la mia carne stesse ad ardere, il mio corpo a bruciarsi nelle fiamme. Io non ero sola e una delle persone presenti disse: - Che odore di indumenti bruciati! Mia sorella andò a domandare alla mamma che era in cucina se aveva preso fuoco qualche cosa; rispose di no. Questo odore fortissimo e irritante era nella mia camera. Cessai di sentire le fiamme che mi consumavano e l'odore scomparve. Mio Dio, il letto in fiamme e io senza poterne uscire! Oh, cosa sarà mai l'inferno! Quale eternità di disperazione! Satana cerca tutte le occasioni per tormentarla. Per esempio insiste nel farle patire il timore di ingannare con i suoi fenomeni mistici: Il demonio mi dice che sono io che invento i miei combattimenti per avere di che scrivere. Mio Gesù, vorrei amarvi, ma non vorrei avere da scrivere! Sapete bene che è lui e non sono io. - Tu riesci con le tue falsità ad ingannare quasi tutta la gente: ti condannerai. - E veramente in quei momenti mi sentivo falsa, ingannatrice, maliziosa... Ho chi si sforza tanto di sollevarmi, di consolarmi; e tutto ciò che io ricevo come doni del Cielo muore prima che io arrivi ad assaporarlo. Benedetta sia la divina volontà di Gesù! Il demonio si serve di questi doni, di questo conforto che desiderano darmi per tormentare orribilmente la mia anima, dicendomi: - Come può Dio favorire così di doni una vita tanto falsa, tanto piena di iniquità? È già la ricompensa sulla Terra; per l'altra vita sarà l'inferno, sarà la perdizione eterna. - Ma la nota più insistente è quella della lussuria. Alexandrina è convinta che il peccato della carne è quello che fa più strage tra le anime, che più offende Gesù, dal quale si sente chiedere insistentemente questa forma di riparazione. E’ sofferenza molto più forte di quelle dovute alla malattia e anche di quelle del rivivere, la Passione, poiché in queste esperienze teme di peccare veramente, al punto che alle volte ha lo scrupolo di non poter ricevere Gesù nell'Eucaristia. Durante queste ore di riparazione in questa forma sente di non essere più padrona di sé: sente di essere come posseduta, si sente impedita di chiedere l'aiuto del Cielo. Ecco che alle volte vi ricorre prima che arrivi il momento cruciale: All'alba fui assalita dal demonio: furono due i combattimenti. Nel presentire che si ingaggiava la lotta e comprendendo tutte le malvagità e le malizie del maledetto, invocai Gesù e la Mamma: chiesi loro aiuto per non peccare e dissi che ero la loro vittima. Subito dopo, sentii odio contro di loro: volevo calpestarli e sputacchiarli! Combattei, arrivando quasi a svenire. Di nuovo gridai al Cielo: - O Gesù, voglio l'inferno per tutta l'eternità piuttosto che offendervi non solo con il peccato mortale, ma persino con la più lieve mancanza volontaria: non voglio peccare; non voglio ferirvi, Gesù! - Ogni volta, alla fine del combattimento, ripete la sua offerta di vittima: Il demonio mi girò tanto intorno durante la notte! Non fu uno, furono molti. Mi spaventavo tanto per le forme sotto cui si presentavano. Uno di essi aveva un aspetto tanto grande e tanto brutto: quasi mi toccava! Il mio corpo rimase come se fosse una casa con finestre da tutti i lati: queste, tutte chiuse, ma tutte circondate da demonii. Sono come belve che vogliono lanciarsi sulla preda; sono ladroni che vogliono assaltare la casa, assassini che vogliono uccidere chi in essa abita. Che sguardi tanto maliziosi! Che gesti di tanta perversità! - Non peccherò io, mio Gesù? Traete da questo qualche consolazione per Voi, qualche profitto per le anime? Io sono la vostra vittima. - Ma circa tre mesi dopo soffre ancora di più perché sente quelle «finestre» aperte. Il demonio, più rabbioso, venne come un ladro e sentii come se mi portasse via il cuore. - È mio - mi disse - andiamo a peccare! - Mi coprì di insulti. - E col tuo cuore nelle mie mani ti faccio peccare quando voglio. - Fu allora che sentii più al vivo di essere quella casa di cui parlai sopra. In essa entravano quanti volevano: io ero la casa del peccato ed il peccato stesso; ero disposta a tutto. Mio Dio, quale orrore! Tanti peccati, tanti crimini! Lottai molto e il demonio si mostrava contentissimo per fare di me tutto quanto voleva. Dissi a Gesù molte volte che ero la sua vittima e che non volevo peccare. Ebbi due combattimenti col demonio: mi seduceva al male, mi insegnava tutte le perversità, mi preparava letti di piacere che dopo del peccato subito si trasformavano in letti di inferno. Che orrore! Che disperazione! Tante sofferenze, odii e maledizioni! Il piacere fuggì e portò con sé la grazia di Dio; rimasi più miserabile dei demonii stessi. Mi abbracciai al crocifisso e, piena di vergogna, dissi soltanto: - Mio Gesù, io sono la vostra vittima! - Furono 4 i combattimenti col demonio; furono combattimenti infernali! Avevo mani per tutto, meno che per fare il segno della croce e per allontanare da me il maledetto. Il corpo era in un bagno di sudore; il cuore, una macchina rumorosa. Sì, io sono riuscita ad invocare Gesù e la Mamma benedetta; ma ciò che non sono riuscita, o mi pare di non essere riuscita, è invocarli in tempo. A me sarebbe piaciuto essere cieca e sorda per non vedere nè udire gli insegnamenti del maledetto e per non terrorizzarmi con ciò che egli diceva contro Gesù; ma, se fosse così, non potrei combattere nè soffrire, non potrei essere vittima del mio Signore. Molto istruttivo è il seguente brano in cui dice che al male ci si arriva cominciando da piccole cose: Ebbi tre attacchi del demonio... Nell'ultimo attacco egli cominciò da lontano a prepararmi al male con piccole cose, ma piene di malizia. A poco a poco si incendiò il fuoco, la Terra si mescolò con l'inferno: io ero il mondo, ero l'inferno. O mio Dio, che sgomento! Tornai a ripetere a Gesù: - Se devo offendervi, preferisco l'inferno; non voglio peccare, non voglio peccare: sono la vostra vittima! Gesù, Mamma, ahi, quanto mi costa questo! - A volte, per la paura di peccare, vorrebbe quasi sottrarsi a questa forma di riparazione: Il demonio lavora tanto! E io temo tanto di offendere Gesù! Quanta necessità ho io di avere chi mi guidi, chi mi convinca che in tanto grandi lotte non offendo Gesù! Nell'ultimo combattimento, quando presentivo che il maledetto veniva a tormentarmi, mi sentii quasi forzata a dire a Gesù che non accettavo, che non volevo tale sofferenza. Un sentimento di compassione per Lui mi vinse e dissi: - Gesù, io sono la vostra vittima. Non voglio fuggire la croce, bensì il peccato. Amo Voi e odio il peccato, con tutte le conseguenze del male. Mi consegno al vostro Cuore divino: lì sono sicura di non offendervi. - Quasi sempre in questi attacchi del demonio Alexandrina non sente solo se stessa, ma estende la sua visuale sulla intera umanità. Il demonio mi apparve con un solo occhio; ma era tanto grande! Aveva uno sguardo di tanta malizia: aveva tutta la malvagità infernale. Dentro a quell'occhio stava un demonio in grandezza naturale, dalla testa ai piedi, completo. Quello sguardo perverso attraeva, legava a sè tutti i cuori che venivano trascinati verso tale malvagità. Nota che si trova nel manoscntto: Io non so proprio cosa sia sguardo di malizia, ma in lui lo comprendo. Quello sguardo si imprime nel cuore... e quello sguardo è capace di cattivare tutto. Il demonio mi tormentò con la sua forza e malizia diabolica. Nei primi tre attacchi mi tormentò in figura di uomo e introdusse in me proprio tutta la malizia umana. Quale orrore! Io peccavo in tutti i punti e con tutti i sensi. Egli, molto cinico, gettava sul mondo il suo sguardo infernale, lasciandolo tutto pieno della sua malizia. Almeno sapessi io esprimermi circa il veleno che egli trasfondeva nelle anime! Quale orrore! Oh, come si pecca! Gesù la tranquillizza circa il suo timore di peccare: Durante la lotta volevo uscirne solo per non peccare, ma volevo essere vittima. Non volevo udire le lezioni del demonio; evitavo di apprenderle e così di peccare. Lo vedevo soddisfattissimo per obbligarmi a peccare. Per un po' di tempo rimasi a dire: - Non voglio il piacere, non voglio peccare, non voglio offendervi, Gesù, no, no, non voglio! - Mentre ripetevo questo, molte volte udii una dolce voce dirmi: - Non vuoi, no, figlia mia; so che non vuoi e che non pecchi. Sta tranquilla: vieni a riposare. - Gesù la conforta e incoraggia affermandole che tale riparazione salva anime: Mi pareva di essere tutta rivestita dal demonio e tutta legata da lui. Mi soccorse Gesù: - Mia amata figlia, ad ogni colpo fortissimo del tuo cuore tanto indebolito e consumato dal dolore, sono strappate per sempre dagli artigli di Satana le anime, le quali escono dalla cecità verso la luce, dal peccato verso una eternità felice, verso il Cielo. Vedi il valore della tua riparazione. Hai fiducia in me? Abbi coraggio! Non mi offendi: io ti aiuto a portare la croce e a camminare. - L'inferno, l'inferno, mio Dio!... - È questa la disperazione del demonio: è la ragione per cui egli tenta di divorarti. Egli sa bene quante anime gli hai strappate. - Il demonio ha contro di te tutta la sua rabbia infernale; è grande il danno che gli fai: con la tua sofferenza danneggi la sua opera satanica più di quanto la danneggi tutto il bene che si compie nell'umanità. È rabbioso, è rabbioso, si serve di tutto, si serve degli uomini per distruggere la mia Causa. Mai, mai vengono soddisfatti i suoi infernali intenti. Soffri tutto, figlia mia, soffri tutto il tuo indicibile dolore e tormento. Riparami, riparami per tutti i sacrilegi e per tutte le confessioni nulle. - Gesù, Vi amo: sono la vostra vittima! - Alle volte Gesù le fa anche comprendere per quale categoria di anime soffre questo tormento: Il Signore mi fece comprendere, mediante i sentimenti e le visioni dell'anima, per chi mi chiedeva la riparazione. I primi due attacchi furono per i peccati durante i balli e i divertimenti mondani: quanta indecenza, quanta perversità, quanti crimini scandalosi praticati sfacciatamente! I tre seguenti furono per i sacerdoti: o mio Gesù, quanto si deve invocare per loro! Sono di argilla, di argilla come siamo noi, poveretti! Sono soggetti a grandi cadute. Verso la fine del combattimento sovente Alexandrina sente l'intervento di Gesù: Sentii una forza che mi rialzava e udii una voce quanto mai dolce che ripeteva: - Và, io ti aiuterò. - Ripresi la mia posizione ed allo stesso tempo udii il demonio ululare disperato, da lontano. Non sapevo quando sarebbe terminata (la lotta col demonio), ma sentivo di non poterne più. Dopo un grido continuò di invocazione al nome di Gesù, non Lo vidi ma sentii nell'anima come se Egli alzasse la mano e udii una voce che diceva: - Allontanati, ritirati al tuo posto! Riposa, figlia mia. Sei mia, sta tranquilla: non hai peccato. - Sento in me l'odio del demonio: egli vuole uccidermi con fuoco e spada. Si vede forzato a lasciare ora il trono del mio cuore: si ostina, fa violenza per non uscire. Nel vedere che non vi è altro scampo se non andarsene, mi odia, ulula disperato: sento i suoi rancori, odo il suo ululare. Altre volte sente di essere come «posseduta» dal demonio: Mi sento in balia del demonio: mi pare che egli sia padrone di me, che abbia su di me tutto il potere; è inutile che io tenti di sfuggirgli: egli non ha più bisogno di venire su di me con forti tentazioni perché ormai non vi è forza che mi strappi dai suoi lacci. Mi sento di essere sua, ma, o Gesù, confido di no, confido contro tutto, nonostante la mia cecità, tremenda cecità: tutto spero dalla vostra bontà e misericordia. Io sono di Gesù, lo sono e lo sarò sempre! Confido, confido. Non so che cosa ho: sento la mia anima legata da grosse e nere catene e il cuore occupato dal re dei demonii, che sta al posto d'onore. In queste esperienze, Alexandrina è come «sdoppiata»: se da una parte sente di acconsentire al peccato, dall'altra la sua volontà sta sempre fissa nel Signore: Il maledetto mi diceva che per mezzo mio il mondo si sarebbe popolato di demonii. Quanto ho sofferto! Io volevo e non volevo peccare. Invocai Gesù; Egli venne in mio aiuto: da demonio che ero, mi trasformai in serenità e pace. Il demonio lavora molto. Vi sono momenti in cui mi pare che presenti al mio spirito tutto quanto vi è di male e che voglia tutto quanto è offesa a Dio. È lui, il maledetto, a volere; ma la mia volontà si mantiene salda nel volere piuttosto l'inferno che la più piccola colpa volontaria. Anche al di fuori della sfera della lussuria, il demonio trova molti modi per tormentarla: oltre che fomentare in lei i dubbi di ingannare, come abbiamo visto, le insinua di essere interessata alle vanità delle cose mondane. Ma lei sempre sce riaffermando il suo amore a Gesù, totale, esclusivo. Il demonio non cessa di circuirmi lo spirito: egli tenta di portarmi alla vanità, all'attaccamento alle cose del mondo e alla disperazione. Tenta di porre nel mio cuore la nostalgia di vedere una cosa o l'altra, qui o là. Ma ah, per la grande misericordia del Signore, la mia anima si mantiene in pace, se è vero che conosco la pace che viene dal Signore. Sento di essere totalmente distaccata da tutte le creature e da tutto quanto è della Terra, sebbene il maledetto voglia attaccarmi a tutto questo, mostrarmi che ne sono già attaccata e che il mio cuore appartiene a lui. Io sono di Gesù, sono di Gesù, solo Lui voglio, solo a Lui appartengo! Nel mio nulla io sono di Lui, nel mio nulla Lo amo, Lo amo. Nell'aprile del 1949 sente Gesù prometterle che non avrà più attacchi da parte del demonio, ma dovrà sempre soffrire molto: Ti ho promesso, e non vengo meno alla promessa, di non permettere che il demonio torni con i suoi attacchi. Ma avrai molto da soffrire. Offrimi dolore, offrimi dolore, affinché non si perda il mio sangue divino. - Vedremo nella Parte Il, al capitolo 10°, nel paragrafo 6° quanto Alexandrina, specialmente nell'ultimo periodo della sua vita terrena, venne tormentata acutamente, intensamente dai dubbi circa la Fede. Satana è naturalmente un istigatore di questi dubbi; vediamone qui alcuni esempi: Mi pare di avere tentazioni contro me stessa e disperazioni. Mento a tutti e mento a me. Ho tentazioni contro la fede: mi pare di volermi convincere che dopo questo esilio tutto finisce, che a nulla giova il soffrire. Sento su di me la rabbia del demonio: è furioso contro di me; mi pare di avere forti inferriate di ferro che mi separano da lui; ma la mia anima vede e sente che la sua forte dentatura morde in questi ferri come se mordesse in me; mi trafigge coi suoi sguardi rabbiosi tali da fare disperare; odo le sue uila di disperazione. Talvolta rimango intimidita e sgomenta. In questa immensità tempestosa in cui prevale solo la inutilità, la mia anima si mantiene in pace, eccetto che, di tanto in tanto, in alcuni momenti di agitazione, di dubbi circa tutta la mia vita, di tentazioni contro la fede che mi portano quasi a cadere nella disperazione. Per che cosa sono venuta al mondo? A cosa serve tanto soffrire, una vita inchiodata nel letto? Questo avviene senza che io lo voglia; sento proprio che sono tentazioni del demonio, sento essere lui a volermi rubare la pace. Sono finiti gli attacchi del demonio, ma non la riparazione sotto questa forma. Il 20 marzo 1953 detta: La notte fu un tormento dolorosissimo per l'anima e per il corpo: Gesù mi chiese una tremenda riparazione. Non gliela negai, ma mi pareva di volergliela negare. Invocai Gesù e la Mamma, Li invocai molte volte. Ciò che io lottai e soffrii, solo Loro lo sanno. Il demonio non la risparmia neppure mentre sta rivivendo la Passione! Ecco un quadro chiarissimo, seguito dalla descrizione di una lotta tragica tra fede e non fede: Quando Egli era sulla cima del Calvario, confitto in croce, l'amore del suo Cuore divino mi attirava a Lui. Qualcuno (la Madonna) mi conduceva presso la croce affinchè i suoi raggi penetrassero di più in me e io traessi profitto dai suoi meriti. Il demonio mi trascinava lontano da Lui. Nel mio cuore, il demonio riuscì a portarmi al di fuori del Calvario: io gli sorridevo, accondiscendevo ai suoi desiderii. Scena tristissima! Gesù, in un dolore e in un'agonia infinita, spirava per causa mia. Sentii nell'anima come se morissi anch'io. Rimasi per alcuni momenti in un silenzio di morte. Sento che non sto a fare nulla nel mondo, dopo di aver perduti Gesù e la Mamma. Una tentazione (del demonio) cerca di persuadermi: poiché l'eternità non esiste, cosa sto io a fare qui, senza godere, sempre a soffrire? Perché, perché? - Credo, Gesù, credo! Credo che esistete. Che mi importa il sentire di mentire (dicendo «credo»), se la Verità siete Voi, o Signore, siete Voi; e l'eternità siete Voi? - In questa lotta disprezzai tutto l'Orto. Nulla esiste, nulla vi fu, nulla vi è. Così salii al Calvario senza fede, senza credere nell' eternità e in quella tentazione tanto forte di volermi suicidare! Mi pareva di voler liquidare quella vita senza vita, qualsiasi fosse il modo. Con quale sforzo invocavo Gesù e la Mamma e ripetevo loro il mio «credo»! Nelle tenebre dell'agonia e della morte volli ripeterlo e non potei. Venne Gesù. Mi chiamò ad alta voce e con dolcezza: - Figlia mia, o figlia mia, la tua riparazione è per coloro che sono senza fede, per coloro che sono senza Dio, per gli increduli.

 

   

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