CAPITOLO 20
(1948 - 1951)

ALEXANDRINA DI FRONTE ALLA MALATTIA
E ALLA MORTE DI PERSONE CARE

Offersi al Signore il mio corpo e la mia anima come vittima per l'ammalata (moglie del dott. Azevedo). Misi in movimento tutto il Cielo... Temendo di rimanere senza di lei (sua madre), per quanto molto rassegnata, piansi tante lacrime: il cuore sanguinava. Ma per tutto lodavo il Signore... - Mamma, chiedete per me una grazia, a Gesù: la guarigione del mio padrino, se non sarà contraria alla gloria del Signore e alla salvezza della sua anima. - Figlia mia, unisci le tue lacrime alle mie... Verrò presto a prendere il tuo caro padrino. (da Gesù): Vivete come se lo aveste tra voi. Egli sta meglio, infinitamente meglio: possiede Dio e vive nella pienezza dei Cieli.

Nell'intervallo tra il 1948 e il 1951 quattro persone vicinissime al cuore di Alexandrina vengono colpite da malattie gravissime, due delle quali mortali: nel 1948 la moglie del medico Azevedo, nel 1949 la madre stessa di Alexandrina, nel 1951 un suo fratellastro e infine lo zio suo padrino di battesimo; questi ultimi due muoiono. È importante vedere come Alexandrina reagisce a questi gravi colpi: come prega, come soffre, come offre. È un bellissimo esempio da imitare.

Malattia della moglie del dott. Azevedo.

Teniamo presente che Alexandrina, essendo rimasta anche senza l'aiuto spirituale di d.Umberto, ha come unico suo sostegno il dott. Azevedo, che dal 1941 è ormai amico di famiglia insieme a tutti i suoi; abbiamo visto che uno dei figli ha avuto come madrina di battesimo Alexandrina; inoltre la figlia Irene, dottoressa in medicina, passa più volte alcuni giorni ospite in casa di Alexandrina, della quale scrive anche alcuni dettati. Nel dicembre 1948 la moglie del dott.Azevedo si ammala molto gravemente. Il 24 dicembre Alexandrina detta nel Diario: ... Furono tanti i doni amari che Gesù ebbe da darmi! A stento posso ricordare la scena dolorosa del giorno 20 dicembre. Erano le 13.30. Entrò nella mia camera un caro figlio del mio medico a darmi la notizia che sua madre era in punto di morte! Non so come rimasi! Volli farmi forte: volevo confortarlo e non sapevo come. Dopo di avergli domandato se poteva fermarsi un po' e avendone avuta risposta affermativa, dissi di accendere la lampada e le candele e invitai tutti ad inginocchiarsi. Offersi al Signore il mio corpo e la mia anima come vittima per l'ammalata; misi in movimento tutto il Cielo. Durante gli intervalli in cui rispondevano alle mie preghiere, io dicevo (tra me) al Signore: - Lasciatela qui, lascia tela qui, Gesù, perché termini di allevare i suoi figliolini: datemi ora prova dell'amore che avete per me! - Sta tranquilla, figlia mia! Non muore, non muore! Confida in me: io te lo affermo, te lo affermo; non ti nego ciò che mi chiedi. Confida nell'amore misericordioso del mio Cuore divino. Sono io, Gesù, ad affermarlo e a pro-metterlo. Dammi ora prova della tua fiducia. -La mia anima rimase illuminata da una luce chiarissima e, ogni volta che insistevo, udivo la voce tenerissima di Gesù dirmi: - Non muore. Confida che è Gesù a parlarti nel cuore e che è la luce dello Spirito Santo ad illuminarti. Quanto ti ama Gesù e tutta la Santissima Trinità! - Terminate le preghiere, dissi al figlio desolato che sua madre non sarebbe morta, che facesse animo a suo padre e ai suoi fratellini. Continuai sempre a pregare; battevano le ore; volli dire le solite giaculatorie, ma non potevo più. Gesù mi parlava nuovamente ripetendomi ancora tutte le parole dette sopra. Si ingaggiò la lotta col demonio: egli mi mostrava la desolazione di quella casa e la rivolta di tutti contro di me e mi diceva che quando il figlio era arrivato a casa sua, la madre era già morta e che tutte le mie preghiere erano state inutili. Il maledetto mi mostrava i denti scarnati, ridendo di contentezza. La mia anima era forte e manteneva in sè la stessa luce che Gesù mi aveva dato. Questo solo durante il pomeriggio e parte della notte. Poi rimasi nella più grande desolazione e oscurità. Quando il demonio mi ripeteva le sue menzogne, io nel mio cuore ripetevo: - Sacro Cuore di Gesù, confido in Voi! - Mentre possedevo la luce in me, mi pareva di avere due vite: il mio spirito era immerso nel dolore e nella tristezza dei cari dell'ammalata, molto unito a loro; e, allo stesso tempo, l'anima intonava inni di giubilo al buon Gesù. Non so come potevo soffrire tanto mentre l'anima cantava tanto forte. Persa la luce, solo la fiducia in Gesù potè vincere... Il demonio mi mostrava l'ammalata mentre dalla Casa di Salute veniva portata in casa sua ormai morta, con tutto il dolore e la desolazione che si possono immaginare. Egli mi ostentava sempre la sua maledetta contentezza. A questo si aggiungeva la visione delle sofferenze dell'Orto (ricordiamo che continua a rivivere la Passione nella seconda forma). Ogni volta che questo si ripeteva, io mi sentivo legata ad un laccio venuto dall'alto che mi sosteneva in modo da non lasciarmi immergere nell'abisso del mio dolore e delle mie tenebre. Il Signore mi ripeteva: - Confida: sta meglio, molto meglio. - Era già notte, notte alta quando seppi che realmente stava meglio. Non sapevo come ringraziare tutto il Cielo. Allora Gesù mi invitò: - Vieni, figlia mia, vieni ancora un po' all'agonia dell'Orto... –

Malattia della madre di Alexandrina.

La madre di Alexandrina è stata sempre di salute cagionevole. Nel maggio del 1949 si ammala gravemente, come è scritto nel Diario del 13 maggio 1949: Nel pomeriggio di oggi fui sorpresa dal venire a sapere che mia madre era molto ammalata. Era venuto il medico curante (Azevedo). Dopo averla visitata, mi ordinò di chiedere al Signore che la facesse migliorare fino al giorno seguente, affinchè io potessi così dettare e mia sorella scrivere ciò che Gesù mi aveva detto (nell'estasi di quel giorno, che era venerdì). Mi costò! Lo feci per obbedienza: volevo il miglioramento di mia madre, ma volevo evitare di dettare. Parlai così al Signore: - O mio Gesù, io Vi dico tutto ciò che il signor dottore mi ha ordinato di dirvi: lo faccio per obbedienza. Voi fate ciò che Vi dà maggior onore e gloria, mi costi ciò che costi. - Grazie al Signore, il giorno dopo mia madre stava già molto meglio. Sia benedetto il Signore! Ma solo oggi, martedì, possiamo terminare il nostro scritto. Questo grande sacrificio sia per amore a Gesù e a Maria e tutto in favore delle anime. Ma nel dicembre di quello stesso anno 1949 la salute della madre peggiora ancora, tanto che essa arriva a correre il pericolo di perdere la vita. Nel Diario del 2 dicembre si legge: ...Di mattina, quando mi preparavo per la S. Comunione, Gesù nella sua bontà d'amore mi preparò un calvario (è venerdì) affatto diverso: mi sorpresero i peggioramenti di mia madre. Temendo di rimanere senza di lei, per quanto molto rassegnata, piansi tante lacrime; il cuore sanguinava. Ma per tutto lodavo il Signore. Camminavo verso il Calvario e sentivo che Gesù andava in me e nel suo Cuore divino portava anche la Mamma celeste. Non so come potevo sentire che la Mamma celeste a sua volta portava Gesù nel suo Cuore santissimo. Era un'unione di dolore e di amore: non potevano separarsi. Io chiedevo alla Mamma celeste che mi desse la sua grazia, la sua rassegnazione, il suo amore alla croce e a Gesù. Arrivai al Calvario. Rimasi in croce. Le mie lacrime continuarono, così come il mio sentire i divini Cuori uniti nel Possiamo bene immaginare quanto Alexandrina desiderasse che sua madre migliorasse! Ma mi costò., dice, perché non vuole chiedere al Signore cose per se stessa, vantaggiose dal punto di vista umano: nella sua elevatezza spirituale vuole solo che sia fatta la volontà del Signore. medesimo dolore, nel medesimo amore, nelle medesime ansie di darsi per il mondo. Vidi Gesù morto tra le braccia della Mamma; sentii la tenerezza e l'amore con cui Ella Lo stringeva al suo petto. In quel dolore di morte sentii che io pure perdevo la vita. Passarono alcuni momenti o minuti. Venne Gesù: mi attraversò come una nube di fuoco che mi infiammò; mi diede come una nuova vita e, facendomi reclinare su di Sé, mi disse: - Figlia mia, figlia mia, ecco qui Gesù che viene a te per prendere per Sé il tuo dolore, il frutto delle tue sofferenze. Figlia mia, figlia mia, ecco qui Gesù che viene a te per soavizzare il tuo dolore, per obbligarti a riposare in Lui, per darti conforto e guarire la piaga del tuo cuore e prendere per Sè il frutto del tuo dolore, da offrire all'Eterno Padre per placare la sua giustizia, perché sia riparato il mio divino Cuore e quello di mia Madre benedetta. Non posso, no, figlia mia, non posso fare a meno del tuo dolore per riparare per tanta depravazione, tanti crimini, tante iniquità dei peccatori. Abbi coraggio! Io permetto tutto perché tu abbia di più da darmi, perché tu possa avere di più da offrirmi. - O mio Gesù, mi sento un'altra, grande tanto quanto Voi: sento di avere l'amore e la grandezza del Cielo. Il mio dolore è scomparso. - Figlia mia cara, è stato l'amore a guarirti: tu sei grande come me, perché hai in te la mia grandezza e il Cielo; non l'hai solo in questo momento: lo possiedi sempre, sempre lo hai in te. - Ma non lo sento sempre, mio Gesù. Se lo sentissi sempre così, non mi costerebbe soffrire, non temerei la sofferenza: saprei di avere di che darvi e di soffrire con perfezione. Ma non soffro con perfezione, nevvero, Gesù? Voi siete triste perché io ho pianto? - Quando si riesce per amore a Dio a superare l'angoscia umana trasfigurandola nella visuale di Dio e ad accogliere, non forzati ma in slancio d'amore a volontà di Dio, subentra la pace, donata da Dio stesso. - No, figlia mia, no! Anch'io piansi e pianse mia Madre benedetta. Conosco tutto. Dimmi una cosa: se io ti chiedessi la tua mamma, non me la daresti di buona volontà? - La dò, la dò, mio Gesù, ma non ve la dò senza lacrime. non posso; questo non lo prometto. Obbligata non so come a chiedere la guarigione di mia madre, dissi: - O Gesù, se non è contrario alla salvezza della sua anima, lasciatemela ancora per un po' di tempo presso di me! Datemi altre, altre sofferenze, sovraccaricatemi di più e alleviate lei! Ma, se questo non è bene per la sua anima, voglio perdere tutto: ma che si salvi la sua anima. Però ciò che voglio, o Gesù, è che la portiate direttamente in Cielo: su questo non cedo. - Chiedi, chiedi, figlia mia: nulla ti sarà negato, che non sia di danno per le anime. Ti prometto, quando chiamerò a me tua madre, di portarla direttamente in Cielo nella sua loria. - Rimanemmo in silenzio per alcuni momenti; io ero tra le braccia di Gesù e da Lui accarezzata. - Figlia mia, io ti sostengo, vigilo su di te: sto a occupare il posto di colui che ti fu tolto (d. Umberto). Abbi coraggio: è per poco tempo. - Non mi pare, mio Gesù: il «poco» in Voi è «tanto»; sono tanto lunghi i vostri «brevi»! Siate benedetto per tutto e in tutto sia fatta la vostra divina volontà.

Interessamento per la malattia del fratellastro.

La madre di Alexandrina, come abbiamo visto nel primo capitolo, ha fatto una vita tutta di riparazione dei suoi errori giovanili. I lunghi anni di santa penitenza la rendono capace di perdonare alla donna che le ha rubato il promesso sposo A tale passo la aiuta ad arrivare anche Alexandrina, la quale lavora psicologicamente anche la moglie del padre quando, rimasta vedova, bussa alla sua casa. Nel 1965 d.Umberto, in vista della preparazione del Processo Informativo Diocesano, raccoglie da Deolinda una testimonianza che lumeggia l'elevatezza morale non solo di Alexandrina, ma anche di Deolinda e della madre. Eccone una parte: «...Quando Xaverio (padre di Deolinda e di Alexandrina) morì, sua moglie ci mandò a dire se le avremmo aperto la porta qualora ci venisse a visitare. Alexandrina convinse nostra madre a mandarle una risposta positiva. Nè mia madre nè noi le abbiamo mai augurato nessun male. Ella venne; ma la prima volta, non avendo trovato nostra madre, ebbe una lunga conversazione con Alexandrina. Presso di lei pianse molto e chiese perdono. Venne una seconda volta e, trovata nostra madre, non cessava di chiedere perdono di quanto era avvenuto. Anche dopo, varie volte, incontrandomi a Pòvoa, ritornava sull'argomento chiedendo perdòno per ciò che aveva fatto. Che noi le avessimo perdonato di cuore lo prova l'aiuto che sovente abbiamo dato al suo figlio Arturo e ai figli di costui. Io ho anche accettato di fare la madrina ad uno di essi. E Mexandrina si è interessata di Arturo quando fu necessario farlo ricoverare in Ospedale.» Siamo nell'aprile del 1947. D.Umberto risiede ad Oporto e si interessa non solo di Alexandrina ma anche della sua famiglia, quindi interviene pure per fare ricoverare in Ospedale il fratellastro Arturo. Con la cooperazione di una certa signora Gioachina, ottiene che Arturo venga visitato dal prof. Magano, grande specialista di Oporto, con la promessa poi di una operazione gratuita. Nella lettera del 12 maggio 1947 di Alexandrina a d. Umberto è scritto: ... Giovedì prossimo sarà un mese da quando mio fratello è stato dal medico li ad Oporto... Potrà ritornarvi il giorno 16 o il 17? Potrà lei farmi la carità di inf6rmarsi? E potrà la signora Gioachina interessarsi perché sia operato senza altro ritardo, cioè quanto prima? Gesù la ripagherà di tutto. Fin da ora le sono molto riconoscente...

Morte dello zio, padrino di battesimo.

Gioachino da Costa, fratello della madre di Alexandrina e suo padrino di battesimo, era andato a vivere in casa di Alexandrina quando perdette la sua casa, come vedemmo nel capitolo 6°. Per la famiglia di Alexandrina è stata provvidenziale questa convivenza: lo zio Gioachino fece da padre e da capofamiglia. Si può comprendere la desolazione per la sua morte, che avvenne il 10 ottobre 1951. Nell'agosto del 1951 lo zio Gioachino è malato gravemente. Nel Diario del 4 agosto, primo sabato, Alexandrina ha un'estasi durante la quale le appare la Madonna e avviene il seguente dialogo: - Figlia mia, vittima cara di Gesù, oh, quanto io soffro per i peccati del mondo, per le offese fatte al mio divin Figlio! Ripara il suo Cuore divino, ripara il mio; svolgi la tua missione: fà tutto quanto Egli ti chiede. - O Mamma, non voglio vedervi soffrire! Vorrei togliervi le spine, le frecce, raccogliere le vostre gocce di sangue, asciugarvi le lacrime, ma non posso: ho le braccia inchiodate alla croce. Passate Voi tutto a me: sarò fedele, con la grazia di Gesù e la vostra. Tutto soffrirò per Voi. Mamma, Vi chiedo una grazia, chiedetela per me a Gesù: la guarigione del mio padrino, se non sarà contraria alla gloria del Signore e alla salvezza della sua anima. - Chiedi, figlia mia, e confida: farò tutto per lui come figlio mio e per te come figlia mia. - In quel momento la Mamma non aveva già più lacrime; tutte le spine si erano staccate dal suo santissimo Cuore e, insieme alle frecce, passarono al mio... Dall'agosto all'ottobre la salute del padrino peggiora. Alexandrina ha il presentimento della sua prossima morte. La Madonna la conforta nell'estasi del 6 ottobre, primo sabato. - Figlia mia... unisci le tue lacrime alle mie. Non preoccuparti: è il tuo sangue che piange, ma non sei tu. Gesù pianse e io piansi. Confida: è la tua Mamma del Cielo che te lo afferma. Non dubitare: io verrò, verrò, verrò presto a prendere il tuo caro padrino che ha fatto cristiana la tua anima. Vengo ad assisterlo nel suo transito e lo porto subito con me in Cielo per coronarlo con tutte le sue virtù. Lo amo molto e Gesù molto lo ama. – Il Diario continua così: Gesù si avvicinò e, aprendo verso di me il suo Cuore divino, mi diede tutte le grazie, tutto l'amore, tutto quanto racchiudeva in sè. La Mamma fece lo stesso. Poi Gesù mi disse: - Confida, figlia mia. Non dubitare di una sola parola di quelle che ti ha dette mia Madre: non sarò giudice, sarò solo amore. Prendi i tesori dei nostri divini Cuori, dalli a tutti coloro che vengono presso dite. Gesù si serve di tutti i mezzi per convertire e salvare le anime. Prendi tutto e fa' che tutta questa ricchezza venga diffusa nell'umanità intera. La Mamma mi ricollocò sulla croce; mi accarezzò. Gesù mi fissò di più i chiodi. - O Mamma, confido in Voi: siate la mia forza e la forza dei miei cari! O Gesù, spero in Voi: non abbandonatemi, non abbandonateci! Dateci grazia, forza e conforto. Il mio cuore ne è pieno, ma molto presto (appena terminata l'estasì) si sente vuoto: aiutatemi, aiutatemi! - Và in pace, figlia mia; sii forte, sii forte di cuore e di anima. Ama Gesù, ama la Mamma in ogni dolore, in tutti i colpi. Il Cielo è con te. - Grazie, mio Gesù; grazie, Mamma! - Nel pomeriggio di oggi, in cui il mio padrino ricevette l'Olio degli infermi e tutte le indulgenze per una buona morte, da una parte il dolore era indicibile nel vedere che si avveravano le parole della Mamma celeste, nel vedere partire colui che tanto amavo; dall'altra parte, con la gioia nell' anima, recitai con i miei il «Magnificat» in segno di ringraziamento a Gesù per avere concesso che si preparasse tanto bene a comparire alla sua divina presenza. Il giorno 10 ottobre, mercoledì, il padrino muore. Ma, tra il sabato 6 e questo mercoledì, Alexandrina deve soffrire atrocemente molto di più di tutti gli altri perché Satana suscita in lei un dramma terribile. Solo chi tenta di immedesimarsi nella situazione spirituale di Alexandrina, sempre tormentata dal timore che tutta la sua vita mistica sia un inganno della sua fantasia, sempre anelante al bene delle anime che le viene prospettato nelle estasi come scopo delle sue sofferenze di ogni genere e collegato strettamente coi suoi fenomeni mistici, può comprendere in parte la drammaticità della tragedia che l'astuto Satana provoca in lei: le fa intendere che lo zio guarirà e che quindi quanto lei ha dettato nel Diario del 6 ottobre è tutta una falsità, che le parole attribuite alla Madonna non sono affatto della Madonna, che è tutto inganno ogni sua estasi. Ecco Alexandrina torturata da due opposti aneliti. Che lo zio non muoia, come desidera con tutto il cuore per l'amore umano che gli porta; in questo caso, tutta la sua vita è di falsità e non produce nessun bene per le anime! Che sia vero tutto quanto ella sente nelle estasi, che la sua vita serva veramente per il bene delle anime; in questo caso, lo zio deve morire! Ecco quanto detta nel Diario del 17 ottobre 1951: Detto oggi ciò che avrei dovuto dettare venerdì 12 ottobre (solitamente detta il suo Diario settimanale al venerd4 dopo l'estasì). Dal primo sabato (6 ottobre) la mia anima ha sofferto un indicibile tormento. Preavvisata dalla Mamma che tra poco sarebbe venuta a prendere il mio padrino, dettai perché scrivessero tutto quanto Ella mi aveva detto. Vi fu una lotta con un tormento indescrivibile. Il demonio mi tormentava dicendo: - Dio aspettava che tu scrivessi tutto questo perché fosse scoperta la falsità della tua vita: avverrà ora il miracolo: egli sta per guarire. Tutta la gente lo saprà. - Il mio cuore sanguinava; la lotta era tremenda. Io non volevo affatto la morte del mio padrino, ma vedevo al di sopra di tutto la gloria del Signore e il bene delle anime: volevo e non volevo allo stesso tempo. Passarono dei giorni: arrivò il mercoledì (10 ottobre) e alle ore 11 di notte Gesù lo chiamò alla sua divina presenza. Cambiò la sofferenza: il demonio mi lasciò. Mi rimase il dolore per la perdita del mio padrino. Dopo molte lacrime, tornammo a recitare il «Magnificat»: cosa che abbiamo fatto molte volte e nei momenti più dolorosi. Le lacrime, il dolore per la perdita furono il mio Orto del giovedì: Gesù non me ne diede un altro; così come venerdì non mi diede un altro Calvario. Venerdì venne celebrata la S. Messa nella mia camera, con la salma del mio padrino ancora in casa. In quel giorno io non seppi assistere alla S. Messa: moltiplicai le mie richieste alla Mamma celeste perché vi assistesse per me. Le chiesi di essere il mio conforto e il conforto dei miei. Arrivò il momento del congedo dalla salma. Mi ricordai della Madonna Addolorata, quando perse il suo Gesù. Recitammo di nuovo il «Magnificat». Rimasi in questo dolore: era tanto acuto che talvolta non lo potevo sopportare. Spiritualmente mi trasportavo in Cielo per vedervi là il mio padrino: era un balsamo efficace, un lenitivo per il mio dolore. Arrivarono le ore tre pomeridiane (di quel venerdì). Gesù mi unì al suo Cuore divino, mi immerse nell'amore e mi disse: - Figlia mia, figlia mia, oggi vengo solo per confortare il tuo cuore, allietarti l'anima e darti buone notizie. Coraggio, coraggio, gioia e fiducia! Il tuo padrino, il tuo caro padrino è in Cielo: andò direttamente là per cantare incessantemente le lodi al Signore; è coronato di gloria. Rallegratevi, rallegratevi come se egli stesse presso di voi, ancora di più, ancora di più: egli è unito a voi come non mai. Gode la Patria celeste che giammai gli potrà essere tolta. Guarda, figlia mia: il tuo padrino, il tuo caro padrino èmorto della stessa malattia, è stato vittima dello stesso male, nello stesso posto, per cui 10 anni fa avrebbe dovuto essere vittima, se io non avessi fatto un grande miracolo. Dico «è morto» assoggettandomi ad un linguaggio comunemente usato, mentre il senso più vero, più elevato è: «è passato all'eternità», ha cominciato a vivere la vera vita. Ricordi la vita che vivevi nella tua anima quando eri persuasa che non ti sarebbe stato tolto? Era un po' della vita che egli vive ora, che egli ora gode.- O Gesù, lo sentivo bene e per questo mi rianimavo; ma quando avete detto le prime parole a suo riguardo cadde su di me un grande abbattimento; poi mi convinsi che Voi non l'avreste guarito. Non ci fu modo di strapparvi una risposta favorevole: mi avete fatto sentire che era come strapparvelo dal Cuore, che era come strapparlo via dalla vostra vita divina, dal Paradiso. Me lo avete fatto comprendere bene. E poi la Mamma, la cara Mamma mi parlò con più chiarezza. Voi mi avevate detto: «chiedi, chiedi, chiedete, chiedete»; ma, nonostante questo, fu in quel momento che quasi mi convinsi veramente che egli non sarebbe guarito. Il vostro Cuore divino non si apriva per darmi una risposta chiara. - Sì, sì, figlia mia. Tu hai vissuto all'inizio un po' della vita che egli gode e, dopo, ti ho lasciata nel dolore. E sai perché? Se io ti avessi disillusa (nell'agosto) avrei dovuto fare un miracolo per farti resistere al dolore. Dovevo agire così come ho agito... La tua rassegnazione, la tua conformità alla mia divina volontà con la recita ripetuta del «Magnificat» come ringraziamento mi diedero tutta la gioia, tutta la consolazione. Il tuo dolore, le tue lacrime non mi fecero dispiacere: fui io a permetterle. - O mio Gesù, che potrò io fare in segno della mia riconoscenza? Cosa potrò io dirvi come prova del mio amore? Non so, non so, Gesù. Mi dò tutta a Voi per tutto quanto Vi parrà darmi. Vi dò tutto l'amore della Terra e del Cielo e riconosco che non basta ancora. Accettate tutto quello della Mamma e di tutta la Santissima Trinità: prendetelo come fosse mio. Solo così io Vi ringrazierò in modo adeguato a quanto meritate, come ne siete degno. - E ora torno a ripeterti: Coraggio, coraggio! Vivete come se lo aveste tra voi. Egli sta meglio, meglio, infinitamente meglio: possiede Dio e vive nella pienezza dei Cieli.

 

   

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