CAPITOLO 19
(1944 - 1948)

FINALMENTE, UN NUOVO AIUTO!

Gesù provvide... inviò presso di me un reverendo padre salesiano (p. Umberto) il quale per alcuni giorni si sforzò di illuminare e tranquillizzare la mia anima. Capii che ero da lui compresa. (sente dire da Gesù: - Dì al mio caro p. Umberto che il profumo e profumo divino: è il profumo delle tue virtù. Dico questo perchè egli ne ha bisogno per il suo studio... Digli che l'ho condotto qui per difendere la mia Causa divina: non fu lui a scegliere di venire. Coraggio e tutta la fermezza! Lotti insieme ai miei amici che già lottano per me. - …ricevetti il mio secondo colpo spirituale: mi congedai da colui che Gesù ha messo al secondo posto nel mio cammino, quale guida e sostegno della mia anima. Mio Dio, cosa mai deve attraversare la mia anima! Quali tenebre tanto dolorose! Tutta sola, senza nessuno! Non vedrà mai luce. Non sentirà nessun sollievo nè appoggio in nessuna guida.

Proprio nel giugno 1944, mese in cui viene pubblicato il Parere negativo della Commissione, con la conseguente Circolare dell'arcivescovo di Braga e dilaga la propaganda contro il Caso di Balasar, sostenuto da pochi illuminati, il salesiano don Umberto Pasquale, direttore del Collegio di Mogofores, si trova in S. Miguel das Aves presso Balasar a fare un ciclo di predicazioni. Qùi assiste ad una conversazione tra sacerdoti che sparlano di Alexandrina. Ne rimane triste e decide di studiare il Caso, sia per amore alla verità, sia per carità cristiana; è stimolato anche dalla notizia del digiuno che dura ormai da due anni. Il 21 giugno 1944 il medico Azevedo, con la sua automobile, accompagna d.Umberto Pasquale da Alexandrina a portare un po' di conforto spirituale all'ammalata di Balasar, oggetto di contrastanti giudizi. P. Umberto Pasquale vi si ferma tre giorni per studiare il Caso: poiché quel 21 giugno è mercoledì, si ferma sino al venerdì per assistere all'estasi di Passione. Subito si accorge della eccezionale elevatezza di Alexandrina. Spiacente che, dopo l'allontanamento di p. Pinho, Alexandrina non abbia scritto altro che pochi appunti, pochi sfoghi su fogli sparsi o su immaginette e che quindi sia andata perduta una preziosa testimonianza del lavorio di ascesa della sua anima e, preoccupandosi che non continui questo guaio, le ordina di dettare il suo Diario, come abbiamo detto nel capitolo 10°. Compresa la grande sofferenza di Alexandrina per l'abbandono spirituale in cui giace, le promette di ritornare a farle visita. E infatti ai primi di luglio vi ritorna e poi altre volte nell'estate. Alexandrina capisce subito di essere compresa molto bene e si sente portata ad aprire la sua coscienza a questo Salesiano, che diventerà il suo secondo direttore spirituale. D. Umberto Pasquale, sia per togliere Alexandrina dal suo isolamento spirituale, sia per fare un dono alla Famiglia Salesiana, propone ad Alexandrina di iscriversi tra i Cooperatori Salesiani: il suo diploma di Cooperatrice porta la data del 15 agosto 1944. In un colloquio durante il quale d.Umberto le chiede di farlo partecipe delle sue preghiere e sofferenze, Alexandrina risponde: - E come non lo devo fare, se è lei il mio secondo direttòre spirituale? - D. Umberto, prima di accettare tale gravosa responsabilità, chiede un colloquio con p. Pinho e lo ottiene. Ecco quanto si legge in proposito nella biografia "Alexandrina" a p. 201: «In quel brevissimo incontro il primo direttore di Alexandrina non soltanto rassicurò il salesiano (d. Umberto) sulla delicata impresa, ma, con un senso di sollievo, gli disse: - È sua: gliela affido pienamente. Il Signore le concederà i lumi per guidarla. Arriva il settembre. Il parroco don Leopoldino va, come ogni anno, a Pòvoa per fare una cura marina per alcuni giorni. Ignaro di questo, ma per disegno divino, d. Umberto sceglie Balasar per alcuni giorni di vacanza, proprio nello stesso periodo, con il beneplacito del suo Ispettore don Carrà. Don Leopoldino è contento di essere da lui sostituito in quei giorni di sua assenza dalla parrocchia, con pieni poteri pastorali. Così Alexandrina non resta priva della S. Comunione quotidiana, come tanto temeva.

Don Umberto Pasquale: secondo direttore spirituale.

Leggiamo quanto Alexandrina detta nel suo Diario dell'8 settembre 1944: ... Lanciai lo sguardo attraverso la finestra della mia cameretta. Vi erano delle nuvole. Fissai in esse i miei sguardi. Ammiravo la grandezza del Creatore. Si squarciarono quelle nubi e tra esse apparve l'azzurro del cielo. Non potei resistere a tanta nostalgia. Volevo volare là, ma quale distanza tra me e il firmanento! Piansi, piansi molte lacrime... stare senza di Voi? O Gesù, o Mamma, soccorretemi! Non posso vivere senza Gesù. Gesù provvide, la Mamma ebbe compassione del mio dolore. Per non lasciarmi un solo giorno senza che io Lo ricevessi, inviò presso di me un reverendo padre salesiano (d. Umberto), il quale per alcuni giorni si sforzò di illuminare e tranquillizzare la mia anima. Capii che ero da lui compresa; questo, nonostante la mia grande sofferenza, mi dava coraggio e conforto. Dopo di essere stata udita in confessione, sentii gioia e soavità nella mia anima e, spinta non so da che, cantai inni a Gesù e alla Mamma. Poi ritornai nel solito stato di ansie, dolori, martirio. Oltre a questo, in quei giorni ebbi altri due brevi sollievi portati alla mia anima in tempi diversi da suoni armoniosi venuti dal Cielo. Mi costò immensamente la notte da ieri ad oggi (dal 7 all'8 settembre): non passava mai; non arrivava mai il giorno Nel ricevere il mio Gesù (eucartstico, nella mattina del giorno 8), rimasi nella solita aridità, nelle solite tenebre, con in più solo una nuova unione di anima, ma in grande sfinitezza... In quel giorno, 8 settembre 1944, d. Umberto accetta decisamente la direzione spirituale di Alexandrina. Subito il giorno 9 Alexandrina si sente dire da Gesù: - ...Unione pura, unione santa, unione divina sulla Terra e in Cielo. Dà, figlia mia, a chi ben lo merita (d. Umberto) il mio ringraziamento e quello di Maria, il mio amore e quello di Maria. D. Umberto, divenuto direttore spirituale di Alexandrina, con molta delicatezza d'animo non si considera però un successore di p. Pinho, ma solo un suo «supplente» provvisorio, nell'attesa che p. Pinho ritorni. Uno dei grandi meriti di d. Umberto sta nel non voler guidare a modo suo l'anima da lui diretta, ma nel rispettare l'opera di Dio in lei e nel limitare il suo intervento ad aiutarla. Molto ben chiaramente si trova espresso quanto sopra nella biografia «Alexandrina» a p. 203: 4 «Il nuovo direttore, constatato con scrupolosa osservazione di mesi che quell'anima era sul retto cammino con un lavorio di non comune perfezione secondo una meta ben determinata e ben delineata, lasciò che Mexandrina continuasse il suo cammino, accontentandosi di vigilare, di stimolare, di rassicurare, o tutt'al più di frenare alle volte gli ardori con l'imporle un riposo che avrebbe dato un po' di sollievo al suo stato fisico.» In Cr. Ge.a p. 159 si legge la seguente nota 23 che completa il quadro Il Salesiano segue i consigli del grande maestro S. Ignazio di Lojola: «(la guida spirituale) lasci che il Creatore agisca direttamente con la creatura, e la creatura col suo Creatore e Signore». In questo settembre 1944, dopo che d. Umberto ha preso l'impegno di dirigere spiritualmente Mexandrina e quindi mentre sta studiando con molto scrupolo e diligenza il Caso tanto eccezionale, la Comunità dell'Istituto salesiano di Mogofores sente per parecchi giorni, a intermettenza, ondate di profumo finissimo e indefinibile. Siccome Mexandrina è spiritualmente unita a quei Salesiani, essendo per di più Cooperatrice salesiana dal 15 agosto 1944, come abbiamo visto, d. Umberto si premura di chiederle spiegazione di quel profumo. Nel Diario del 27 settembre Alexandrina, in estasi, si sente dire da Gesù, tra l'altro: ... Di al mio caro p. Umberto che il profumo è profumo divino: è il profumo delle tue virtù. Dico questo perché egli ne ha bisogno per il suo studio. - Va notato che d. Umberto non si occupa esclusivanente della parte spirituale, ma interviene anche con aiuti materiali alla famiglia, che scarseggia di generi alimentari, essendo in tempo di guerra. Alexandrina esprime la sua riconoscenza in due lettere, del 29 settembre e del 9 ottobre 1944 rispettivamente: Rev. signor p. Umberto, vorrei dirle tante cose ma non posso: mi sento molto ammalata! Incarico Gesù e la cara Mamma di dire a vostra reverenza tutte le cose che io vorrei poter dirle e di ringraziarla e ricompensarla per tutto quanto fa per me e per i miei, poiché io non conosco parole con cui la possa ringraziare. Per tutto, un grande «grazie»! Ma in modo molto speciale un «grazie» infinito per avermi mandato un sacerdote a darmi Gesù. Chi mi dà Gesù mi dà la vita, mi dà tutta la ricchezza del Cielo e della Terra. Non posso desiderare altro che Gesù. Quali ansie ho di possederlo! Quali desiderii di amarlo!... Rev. signor p. Umberto, chiedo perdòno per non avere già da molto tempo ringraziato lei per avere io ricevuto le lettere che ebbe la carità di scrivermi. . .e per il panno per le tende alle mie finestre. Che Gesù e Maria si degnino di ripagarla di tutto!...

Un aiuto anche contro i dubbi suscitati dal demonio.

Molto preziosa è l'opera di d. Umberto presso Alexandrina anche per aiutarla a combattere i dubbi in lei suscitati dal demonio, che continua a tormentarla nell'immaginazione, poiché non può più toccarla materialmente. Ecco quanto si legge proseguendo nella stessa lettera del 9 ottobre: Ah, padre mio, sapesse quanto avviene qui! Se potessi scriverle di mia mano le direi certamente qualcosa; ma, siccome non posso scrivere, vado gemendo e piangendo, passando ore tristi e amare per la tremenda paùra di offendere il mio Gesù. Speriamo che Egli mi dia forza e coraggio per aprirle la mia anima come desidero e necessito, per quando lei verrà presso di me. Per carità, preghi molto per me! Anche nel Diario dell'11 ottobre: 9... Ieri Gesù, impietosito dal mio dolore, mi condusse qui colui (d. Umberto) al quale potei aprire la mia anima e che io non aspettavo nè avrei osato chiamare. Micostò molto: feci un enorme sacrificio a parlare e, guardando Gesù, lo offrii per quelli che occultano le proprie colpe con malizia. Piansi lacrime di sollievo e di vergogna. Ma subentrò ubito in me una grande pace, essendo scomparse dalla mia anima tutte le tenebre, i dubbi e tutto quanto era dolore. Sentii una forza che mi fece alzare: cantai a Gesù e alla Mamma per un'ora e mezza. Più avanti il Diario procede così: Nel ricevere il mio Gesù (eucanstico) oggi sentii che Egli mi strinse fortemente e mi fece ardere nelle sue divine fiammc e mi disse: - Lego, figlia mia, il tuo cuore al mio, legò tutti coloro che ti sono cari. Dà, figlia mia, al mio caro p. Umberto i miei continui ringraziamenti. Digli che gli dò il mio divino amore con tutta abbondanza perché egli lo dia alle anime e che voglio da lui sempre più ardenti aneliti a darsi a loro per mio amore, poiché con questo mi consola molto. - Oggi mi sento più libera dagli assalti del demonio.

«Sono meraviglie, sono prove date da me».

In quello stesso 11 ottobre, d. Umberto, in visita ad Alexandrina, si incontra con il dott. Azevedo al quale dà da consegnare all'arcivescovo una copia della sua Relazione sul Caso di Balasar, in risposta al Parere della Commissione dei teologi, risposta che naturalmente controbatte il punto di vista dei teologi stessi. D. Umberto, appena uscito il dott. Azevedo, si sente oppresso da angoscia e da vero panico, pensando alle conseguenze del suo atteggiamento contrario alla Commissione, quindi all'arcivescovo, e così ufficialmente dichiarato, pensando alla reazione dell'arcivescovo stesso e del proprio Ispettore. Ha bisogno urgente di raccoglimento e di preghiera profonda: quindi, con la scusa di recitare il breviario, lascia Alexandrina e si ritira, si rifugia in un grande bosco di eucaliptus che è alla periferia di Balasar. Qui prega a lungo intensamente, chiedendo lumi a Dio. Nel colloquio intimo con Lui fa anche presente la purezza delle intenzioni che lo hanno portato ad interessarsi di Alexandrina e chiede un segno che lo fortifichi e lo confermi nella sua opera di assistenza spirituale, oppure lo distolga. Subito il giorno seguente, 12 ottobre, Gesù, attraverso un'estasi di Alexandrina, dà la risposta, che si comprende leggendo il Diario di quello stesso giorno. Eccolo: Questa mattina avevo appena fatta la mia preparazione per ricevere Gesù (eucanstico) quando giunse il mio parroco; collocato il Sospirato della mia anima sopra il tavolino e dopo avere acceso le candele, mi disse. - C'è qui il Signore a farti un po' di compagnia. Verrà qui il signore p. Umberto a dartelo. Appena il parroco se ne fu andato, una forza venuta da non so dove mi obbligò ad alzarmi. Mi inginocchiai davanti a Gesù, mi chinai verso di Lui: il mio viso e il mio cuore non erano mai stati tanto vicini a Lui. Che felicità, la mia! Godere tanto da vicino l'oggetto della mia follia d'amore! Gli confidai molte cose mie, di tutti i miei cari, del mondo intero. Mi sentivo ardere in quelle fiamme divine. Anche Gesù mi parlò: - Ama, ama, ama, figlia mia! Non avere altra preoccupazione che quella di amarmi e di darmi anime. Dove c'è Dio, c'è tutto: vittoria, trionfo! - Chiesi agli angeli di venire a lodare Gesù cantando con me; e cantai sempre fino a che fui obbligata dal signor p.Umberto a tornare nel mio letto. Presa dall'amore divino e infiammata in esso feci la santa Comunione. Dopo alcuni momenti, Gesù mi disse: - Sono meraviglie, sono prove date da me. Dì, figlia mia, al mio caro p. Umberto che fui io a permettere tutto. Da parte mia più nulla è necessario. Ora è necessario solo lottare, lottare, combattere con gli occhi fissi in me. La Causa è mia,è divina. Poveri uomini che immolano così le mie vittime! Povere anime che feriscono così il mio Cuore divino! Mi consolo nell'amore di questa colomba innocente, di questa vittima amata. - Mio Gesù, Vi amo, sono tutta vostra, sono la vostra vittima. Grazie!

Lettere di riconoscenza ai Salesiani di Mogofores.

Alexandrina ora, nel salire il suo doloroso calvario, è aiutata spiritualmente dai Salesiani del Collegio di Mogofores. Non si sente più veramente sola. Alla fine di questo ottobre sente il bisogno di ringraziare e scrive due lettere: una ai sacerdoti e l'altra ai novizi. li Solo Dio è grande! Eccellentissimi e reverendissimi signori padri, per tutti loro l'amore più ardente di Gesù e della Mamma celeste, con tutte le ricchezze del Cielo. Tengo presenti tutte le intenzioni che loro mi hanno raccomandate e li faccio partecipi delle mie povere preghiere e sofferenze. È un dovere di gratitudine da parte mia: non faccio nulla di più. Mi sento tanto felice e tanto ricca per l'appoggio che ho in loro! O mio Dio, non sono più sola! Ho chi mi aiuta a salire il mio tanto penoso calvario. Con tutto il cuore e l'anima mia dico: - Gesù e la cara Mamma li ripaghino di tutto e diano loro tutte le ricchezze del Cielo: ricchezze di virtù, di grazie per attrarre con esse le anime al Cuore divino di Gesù. Non ne posso più. Sempre uniti in Terra e in Cielo! La benedizione ed il perdòno per questa che implora preghiere, molte preghiere! la povera Alexandrina Maria da Costa. La lettera per i Salesiani e i novizi è la seguente: Viva Gesù! Miei cari Novizi e Salesiani di codesta santa Casa. Vorrei scrivere ad ognuno, ma non posso: mi mancano le forze. Siccome ho da compiere il dovere di ringraziarvi per le sante preghiere che avete fatto per me, lo faccio a tutti insieme. Gesù e la Mamma del Cielo vi ripaghino per tanta carità. Imploro dal Cielo per tutti le benedizioni e le grazie del Signore.Desidero solo che occupiate nel Cuore divino di Gesù il posto che occupate nel mio, perché così potrete ricevere tutto. Gesù è tanto ricco! E io ho voi tutti molto dentro al mio cuore! È per questo che vi voglio così nei Cuori di Gesù e della Mamma. Un «molte grazie» a tutti coloro che mi hanno scritto. Poi Alexandrina fa lo sforzo enorme di scrivere di suo pugno, anziché det tete essere certi che Gesù vi concederà quanto desiderate per la vostra santificazione e per la salvezza delle anime. Confidate! Confidate: Gesù sarà sempre con voi!Contate sempre su di me sulla Terra e poi in Cielo, dove vi aspetto.Per carità, pregate per me!

Sono la povera Alexandrina Maria da Costa.

Le prime opposizioni.

Subito nel novembre dello stesso anno 1944 cominciano delle opposizioni alla guida spirituale di d.Umberto. Il 4 novembre l'Ispettore salesiano don Ermenegildo Carrà, sollecitato dal Provinciale dei Gesuiti, scrive a d.Umberto di non mantenere relazione con p. Pinho e inoltre gli raccomanda «di avere tutta la prudenza possibile nel Caso della veggente di Balasar». Aggiunge che teme che l'arcivescovo di Braga proibisca le visite ad Mexandrina. D. Umberto risponde subito, in data 8 novembre: Prima di tutto l'obbedienza: non ritornerò a Balasar, anche se in un giorno potrei andare e tornare, in aiuto di un'ammalata di cui ho mille prove per affermare che si tratta di un'anima tutta di Dio. Non ritornerò, se lei non lo crede conveniente, pur sapendo che la mancanza di un direttore sarà per Mexandrina dolorosissima e che dispiacerà molto a Gesù, il quale vede la sua vittima abbandonata. Le ripeto che sopratutto io voglio l'obbedienza. Oso però supplicarla di concedermi che io la aiuti e la conforti almeno per lettera. Mi creda che non mi sono intromesso nel Caso per mia volontà; anzi, lo feci con molta riluttanza. Quando mi vidi nella necessità morale, e fu solo per il bene di un'anima, di dirigerla, fu solo allora che giudicai prudente, trattandosi di un Caso fuori del comune, consultare p. Pinho per sapere la sua opinione e per farmi chiarire le cose, dal momento che la aveva diretta per vani anni. Credo che chiunque avrebbe fatto lo stesso. Non si dia pertanto la colpa a quel virtuoso sacerdote, ma a me, se pensano che abbia agito male... Concordo che si debba usare prudenza, ma non dobbiamo allinearci tra i nemici di una Causa che ha molte prove di essere divina. So anche che potrò avere dei dispiaceri, ma non è questo il motivo che deve farmi retrocedere. Mogofores, 8-11-1944.

Alexandrina sente il pericolo; Satana ne approfitta.

D. Umberto, non potendo più fare visita ad Alexandrina, incarica il dott. Azevedo di avvertirla che, per un po' di tempo, non potrà andare da lei, essendo molto occupato per il lavoro. Naturalmente Alexandrina ha il presentimento della burrasca e non crede ciecamente, totalmente a quanto le dice il dott. Azevedo. Ecco per esempio cosa si legge nel Diario del 14 novembre: he giorni angosciosi ho passato! Non trovo Gesù né la Mamma celeste, anche se Li invoco di più e vado alla loro ricerca. Sono svariate le mie sofferenze... Il peso delle umiliazioni cade su di me. La mia anima sente i biasimi, i fragori delle tempeste là lontano. Cammino a stento, terrorizzata. Spine innumerevoli, una pioggia di esse, cade su di me. Anima, cuore e tutto il corpo rimangono dilacerati, bagnati nel sangue. Guardai indietro, non vidi il passato: tutti i sentieri che ho calcato sono scomparsi. Mio Dio, quale distruzione! Davanti a me, una spaventosa montagna: impossibile, non posso scalarla! Nè posso retrocedere neppure di un passo. Di colpo mi sentii cadere in ginocchio; con le mani giunte e gli occhi rivolti in alto invocai i nomi di Gesù e della Mamma. Gridai, gridai dall'infimo della mia anima. Il mio grido non saliva alla cima: si perdeva tra le rocce della montagna, si immergeva nel mio sangue e nelle mie carni lacerate dalle spine, per morire lì con me. L'agonia dell'anima aumentò: non potevo più gridare. Non sentendo nessun aiuto, il cuore, per il dolore, batteva con tanta forza che mi pareva proprio di essere sul punto di perdere la vita. Oh, è ben dolce, mio Gesù, morire per Voi! O amarvi o morire. Soffrire, soffrire per darvi anime!.. Gesù mi sussurrò molto nell'intimo: - Sono qui, figlia mia, nel paradiso del tuo cuore, nel nido delle mie delizie. Soffri contenta, che è per me. - Mi rianimai un poco, per sentirmi sfinita quasi subito... Il demonio non mi ha tormentata coi suoi attacchi, ma mi tormenta con le sue menzogne e con parole scandalose. Viene vicino a me come per assaltarmi. Mi minaccia dicendomi: - Distruggerò il tuo corpo - e aggiunge molte cose turpi. - Tu pecchi come vuoi e quando vuoi. - Fingendosi molto soddisfatto, batte le mani, danza e sghignazza. - Guarda: il tale e il tale (d. Umberto e il dott. Azevedo) non tornano più qui; ti hanno abbandonata: ti credevano innocente e sei... - e mi dice ciò che vi è di peggiore. Con altre sghignazzate aggiunge: - Proibirono a loro di venire qui. - - Mio Gesù, il padre della menzogna non mi molla! Ènemico mio, ma anche vostro. Ho bisogno di chi mi sostenga: datemi coraggio, non lasciatemi peccare! Sono poverissima, datemi la vostra ricchezza; sono al buio, datemi la vostra luce! Sono vostra, Gesù, e sono delle anime. - Il giorno successivo detta quanto segue: Tornarono gli attacchi del demonio. Questa notte egli venne con tutta la rabbia ed il furore. Mi tormentò davvero... Mentre danzava e sghignazzava mi diceva: - Guarda: il p. Umberto e il medico (Azevedo) non ritornano qui; furono proibiti di venire qui. - E aggiungeva titoli turpi. Talvolta anche il demonio dice la verità. Già da alcuni giorni avevo il presentimento che al reverendo signor p.Umberto era stato proibito di venire qui. La lotta si prolungò per molto tempo. Il demonio faceva tale rumore che era più forte di quello di una tempesta. Mi spaventava. Ero stanca per tanto lottare. Appena potevo, invocavo Gesù e la Mamma e dicevo loro: - Non voglio, non voglio peccare! - Venne Gesù in mio aiuto. Disse al demonio: - Allontànati, malédetto, và all'inferno, lascia la mia vittima: sono già soddisfatto della sua riparazione. - Egli fuggì spaventato. Di tanto in tanto guardava indietro, in rivolta contro Gesù. Rimasi tanto triste!.. Era già quasi notte quando ricevetti notizie che mi resero più credibili i presentimenti della mia anima. Mio Dio, che colpo profondo nel mio cuore! Non mi fù detto, ma arrivai a credere che vi era per il signor p. Umberto la proibizione di venire da me. Io dicevo tra me: sia fatta la volontà del Signore! Sia ciò che Dio vorrà. Sia benedetta la mia croce! Potei alzare le mie mani e recitai il "Magnificat" in segno di ringraziamento. - Accettate, o mio Gesù: ho così da offrirvi di più. - Sentii nel mio cuore una forza che non so spiegare: volevo cantare intonando inni di lode e di ringraziamento a Gesù. Recitai le orazioni della notte con tutto l'entusiasmo e tutta l'energia. Ci turono lacrime, molte lacrime attorno a me. Io dissi alcune parole di conforto, senza frutto alcuno. Vedevo al mio fianco un sepolcro aperto per mia sorella: mi pareva di essere stata io a scavare la terra, io ad aprirlo per lei. Gesù, sono io che sto seppellendo mia sorella, ma senza che io lo voglia! Il cuore allora sanguinava di dolore, sanguinava profondamente. - O Gesù, o Mamma, tutto per vostro amore e per le anime! Che rimanga io sola, che mi abbandonino tutti; ma non abbandonatemi Voi! Confido, confido! E il giorno successivo ancora detta: mio Dio, quanto sono tremende le mie lotte con Satana!... Esausta per tanta lotta, sentii nel cuore un dolore come se mi avessero dato una pugnalata. Il cuore, che tanto aveva palpitato di afflizione, cessò di battere: stavo perdendo la vita. Non vidi Gesù nè Lo udii; sentii nella mia anima la sua divina presenza. Con tutta autorità fece cenno al demonio di ritirarsi: ed egli, ululando, fuggì disperato. Non giunge a toccarmi; si serve delle sue astuzie. Sono tanto grandi e tanto gravi, mio Dio! Se il mondo le conoscesse, non Vi offenderebbe tanto gravemente. Terminata la lotta, rimasero i dubbi: tremendo timore di aver peccato. Uno spavento si impossessò di me. Con i presentimenti che avevo e che tanto mi facevano soffrire, attesi con ansietà il signor parroco, per vedere se mi diceva di avere avuto ordine di non darmi più Gesù. Arrivò e non disse nulla; ma il timore continua. Verrà anche questo, mio Gesù? Mi rubano tutto: ci restate solo Voi (da rubare). Tenteranno anche di togliervi via da me? O mio Dio, merito tutto per le mie cattiverie e miserie. Io sono sicura, mio Gesù, confido che se agiranno così, Voi supplirete in altro modo: sapete bene che vivo solo per Voi. Arrivò un signor sacerdote con una famiglia di Mogofores. Mi costò molto: nuove spine mi ferirono nel vedere che non era venuto colui che comprendeva tanto bene la mia anima. Tentai di nascondere il mio dolore con il sorriso. Manifestai i miei presentimenti; tentarono di nascondere il più che potevano. Compresi tutto. Non so dire quale dolore, quale colpo tanto profondo provai nel commiato. Sentivo in me delle sante nostalgie per la refurtiva che mi era stata fatta dalla cattiveria degli uomini. Affidai tutto a Gesù; per tutti chiesi perdòno e il suo divino amore. Volontà del mio Dio, oh, quanto ti voglio e ti amo! Mi sentii più forte e così potei continuare a coprire con il sorriso il dolore che avevo nell'anima, dolore che mi lacerava. Mio Gesù, tutto per Voi. Voi soffrite ancora di più. Il giorno dopo, 17 novembre, venerdì, Alexandrina scrive a d. Umberto una lettera che riportiamo quasi integralmente. Mio Reverendo padre, le scrivo questa per dirle qualcuna delle molte cose che ho nell'anima. È già da molti giorni che io sentivo la seguente impressione che mi faceva soffrire tanto: mi pareva che lei avesse ricevuto la proibizione di venire qui. Mio Dio, che tempeste io sentivo là lontano! Soffrivo sola per non rattristare mia sorella. Solo Gesù sapeva della mia sofferenza, tenuta occulta per alcuni giorni. Ora che la cosa è più che risaputa, le chiedo la grande carità di dirmi la verità, poiché così soffro ancora di più. Mi sia franco, per amore a Gesù e alla Mamma, nella certezza che non cesserò di avere per codesta Casa salesiana il più grande e santo affetto. Non pensi, mio buon padre, che io tralasci di pregare e di soffrire per tutti. Oh, no! Sarei una ingrata e non voglio esserlo: piuttosto morire! Riconosco di essere debitrice di molto a lei: solo in Cielo conoscerà il bene che è venuta a fare alla mia povera anima. Povera me! Non ebbi mai doni nella mia vita spirituale; o meglio, doni si, ma non ebbi sostegno e luce necessarii per seguire i cammini tanto spinosi della mia vita. Poveri uomini, che mi rubano le guide datemi dal Cielo!... I miei desiderii sono che il Signore non castighi nè chieda conto a quelle persone che mi fanno tanto male. Che il Signore li perdoni! Poveretti, non capiscono di più. Se io non darò a Gesù quanto esige da me, la colpa è loro perché mi hanno rubato chi mi insegnava ad amare Colui che non è amato e mi aiutava a salire il mio così doloroso calvario. Posso appoggiarmi solo a Gesù, solo a Lui, e a nulla di quanto è nel mondo. Che male feci io perché mi togliessero tutto? Se io guardassi qui in basso, non potrei resistere a tanto dolore. Ma no, padre mio, non guardo in basso: tutto èinganno. Alzo gli occhi al Cielo, li fisso in Gesù e nella Mamma e mi sento forte per ricevere il secondo colpo della separazione da chi comprendeva così bene la mia anima. Che altro verrà ancora? Venga ciò che deve venire: confido nelle forze del Cielo. Se le proibiranno di scrivermi e di ricevere le mie lettere, la prego per i dolori della Madonna di non affliggersi: non soffra per causa mia. Obbediamo ciecamente! Gesù supplirà in tutto e mi userà misericordia. Non mi dimentichi, per carità! Nessuno può proibirci di pregare l'uno per l'altro, nè di amare il Signore. Almeno questo, Gesù, nessuno me lo può rubare. Solo il peccato espellerebbe dal mio cuore le tre Persone divine. Addio, sono la povera Alexandrina Maria da Costa. Ci sembra molto bello riportare qui una lettera del dott. Azevedo a d. Umberto: è senza data, ma si riferisce a questo intervallo di tempo.» Ho ricevuto le sue informazioni, che in parte avevo intuito. Sia lodato il Signore! Ciò viene ad aumentare il nostro dolore, nostro perché vediamo così maltrattata e poco stimata una delle anime più belle a cui il Portogallo e il mondo intero saranno molto debitori. In tutte le tempeste non l'ho mai trascurata e ho giurato di non abbandonarla, qualunque cosa avvenga; anche se tutto il mondo si mettesse contro di lei. Obbedirò sempre alla legittima Autorità in ciò che riguarda la morale; ma in materia libera non posso e non debbo pensare con la testa della medesima. Infallibile è solo il Papa, ma in determinata materia e a certe condizioni. Sono sempre stato miserabile, ma ho una ragione a cui debbo pure obbedire. Ciò non vuol dire che non sia bene pensare come pensa tale Autorità, ma non sempre, non sempre! Alexandrina intuiva quanto stava avvenendo. In una conversazione le dissi che vi è un dolore maggiore, quello di essere privata della Comunione. Ella mi rispose: - Se ciò avverrà, a chi me lo comunicherà io dirò: «Sia benedetto Dio!» E pregherò per coloro; che mi fanno soffrire tanto. - Come vede, non temiamo nulla... Però, mio buon d. Umberto, le sue lettere ad Alexandrina sono indispensabili. Non lo saranno più quando l'obbedienza non lo consentirà. Deolinda e l'ammalata soffrono molto, ma il Signore le sostiene. Può essere schietto con loro: lo desiderano. Vogliono essere certe delle sue preghiere, ma vogliono la volontà di Dio... Abbia la bontà di ordinare di dettare il Diario perché Mexandrina ha intenzione di chiederle di dispensarla. Non acconsenta: noi e il mondo saremmo privati di quelle meraviglie.» Pensiamo che il lettore sia del nostro parere: quasi valeva la pena che ci fosse tanta sofferenza per suscitare tanta grandezza, tanto eroismo, non solo in Alexandrina, ma anche nel dott. Azevedo, e nei pochissimi a lei più vicini, prima tra tutti, Deolinda.

Il parroco le comunica la situazione di d. Umberto.

Il giorno 27 novembre il parroco va da Alexandrina ad indagare se d.Umberto continua a dirigerla e le precisa le proibizioni che gravano su di lui. Leggiamo il Diario di quello stesso giorno: La giornata di oggi spuntò limpida; solo per la mia anima fu triste, molto triste. Che tremenda oscurità! Tristi ricordi mi tormentavano. I sentimenti dell'anima, ostinati, non mi lasciavano tranquilla: aspettavo nuovi avvenimenti. Quando il signor parroco mi diede Gesù lo fissai per vedere se muoveva le labbra per dirmi qualcosa; l'anima lo sentiva: vi era qualcosa di nuovo. Già da giorni nascondevo i presentimenti che avevo: essendo obbligata a dettare, davo una pallida idea di quanto sentivo; agivo così per non far soffrire mia sorella (alla quale detta). Soffrivo in silenzio, fissando Gesù e la Mamma, sfogandomi solo con Loro. Il signor parroco non mi disse nulla. Ringraziai Gesù freddamente, sebbene i miei desiderii fossero di infiammarmi fino a morire bruciata nell'amore per Gesù. Passavano le ore, e io sempre nella più profonda tristezza e amarezza. Mio Dio, vorrei morire a tutto! Ecco che viene il venerdì e viene il primo sabato: due giorni in cui Voi mi parlate! Vi sono tante anime che Vi amano e sono sante, e non conoscono nulla di questo (fenomeni mistici). E io, mio Gesù, che miseria! Potrei amarvi e ignorare queste cose. Ah, se io avessi volontà! Ma non l'ho, mio Gesù, nè la voglio. Per me è un duro tormento quando Gesù mi dice qualsiasi parola da riferire ad altre persone... Erano le due e mezza del pomeriggio. Sentii dei passi; ancora prima di vedere, compresi che era il signor parroco. Quando lo vidi solo, senza qualche visitatore da presentarmi, pensai subito che era giunta l'ora di nuove prove. Entrato nella mia camera e sedutosi al mio fianco, cominciò ad interrogarmi, chiedendomi chi era il mio direttore, ecc. Mi disse: - Faccio questo perché obbligato; mi costa parlarti così, ma abbi pazienza: deve essere così fino a che siano dati nuovi ordini, fino a che sia chiarito questo Caso. Non puoi più confessarti dal signor p.Umberto: non posso consentirgli di celebrare la Messa in chiesa, nè di portarti il Signore, senza che egli mi porti un permesso scritto dal signor arcivescovo. Gli risposi serenamente: - Obbediamo, signor parroco! Lodato sia Dio, benedetto Egli sia! - Mi domandò se sapevo perché il signor padre Umberto era venuto qui. Gli risposi che non lo sapevo. - Ma egli è il tuo direttore? - Mi confessai da lui due o tre volte. - Dopo aver riflettuto, ricordai che erano state almeno quattro, ma non avevo detto di meno per cattiveria. - Di solito non lo faccio: ma vidi che egli comprendeva molto bene la mia anima e mi confessai. Però il mio confessore è il signor p. Umberto e sa bene che mi sono confessata da lui (d. Umberto). - Questo provvedimento fu provvidenziale perché d. Umberto, libero dal vincolo del segreto sacramentale (nella confessione) potrà impostare il Processo Diocesano Informativo per la beatificazione e testimoniare nel Tribunale Ecclesiastico, dove i confessori non possono testimoniare. - Ma è il tuo direttore (d. Umberto)? - Mi ha diretta. Ma mi disse che non voleva in alcun modo intromettersi e lasciare da parte gli altri cioè il mio direttore rev. signor p.Pinho e il confessore rev. signor p.Alberto: anzi aggiunse di ritenere opportuno che p.Alberto sapesse che mi ero confessata da lui. Il signor parroco, pieno di carità verso di me, mi disse: - P. Umberto può venire qui in visita e può consigliarti per iscritto. Terminato l'interrogatorio, se ne andò. Subito entrò nella mia camera qualcuno della mia famiglia a domandarmi cosa c'era di nuovo. Risposi sorridendo: - Sono piccoli doni di Gesù. -Continuai a sorridere perché, durante tutto il tempo in cui fili interrogata, avevo sentito in me una forza tanto grande che potei ricevere tutto con rassegnazione e gioia. Mi sentivo tanto forte che mi pareva non esistessero spade, frecce, nè spine che potessero ferirmi. Ben poco durò questa forza. Con questa potei ancora dire a mia sorella alcune parole di conforto: - Non ti affliggere: se Dio è con noi, chi contro di noi? Gesù è degno di tutto il nostro amore! Sia tutto per le anime. - A poco a poco andai sfinendo sotto il peso schiacciante del dolore. Il cuore per due volte mi mancò e mi parve di perdere la vita. Alcune lacrime di rassegnazione scivolarono lungo le guance: le offersi a Gesù come atti d'amore. Mio Dio, io per grazia vostra non ho attaccamento a nulla del mondo, neppure alle persone; ciò che voglio è ricevere Voi, mio Gesù, ma non mi importa che sia da questo o da quel sacerdote: Voi siete sempre il medesimo Gesù, siete sempre Voi il Sospirato della mia anima. Questa necessita veramente di luce e di chi la comprenda. Mi tolgono tutto! ia fatta la vostra volontà! Rimanete Voi, mio Gesù, e ciò mi basta. Giunse il mio medico presso di me (Azevedo): mi sfogai con lui. Mi fece molto animo, come sempre. Nel congedarsi da me mi disse: - Allora, rimane con molto coraggio? - Rimango sì, signor dottore, ma ho un cuore per soffrire; lo avessi pure per amare! - Parlai così perché sento di non avere cuore per amare il mio Gesù, e vorrei morire d'amore per Lui. Al terminare del giorno recitai per due volte il »Magnificat»: flirono atti di ringraziamento al mio Gesù, per avermi dato un giorno pieno dei suoi doni, per avermi dato altri mezzi per poterlo cònsolare e dargli prove del mio amore per Lui e per le anime. Sento, mio Gesù, che non finiscono qui le mie prove. Venga ciò che deve venire! Siate sempre con me! Confido, confido, spero in Voi.

«Comprendessero gli uomini la mancanza di un direttore santo!»

Nello stesso giorno 27 novembre Alexandrina detta anche la seguente lettera a d.Umberto: Mio molto reverendo padre, sono timida e dubbiosa; veramente molto incerta se devo o no dettare queste parole. È da giorni che penso di farlo, ma mi mancano le forze ed il coraggio. Oggi non posso più farne a meno. Se per caso lei avesse ordini in contrario e se non potesse leggere questa mia, la butti nel fùoco, così scomparirà per sempre. Non voglio, padre mio, non voglio essere strumento di dolore per nessuno. Soffra io, giacchè Gesù mi ha destinata per il dolore; soffra io, poiché per le mie grandi miserie devo soffrire per riparare; soffra io i più grandi dolori e amarezze per consolare il mio Gesù e dargli anime; soffra io tutto, muoia io sotto il peso di tutte le umiliazioni ma non soffra Gesù per causa mia, non sia Lui offeso per colpa mia, nè coloro a cui devo molto e che hanno fatto tanto per me. Non voglio essere ingrata nè verso Gesù nè verso alcuna creatura. Mio buon padre, Gesù la ripaghi di tutto ciò che fece per me e di tutta la cura avuta per la mia povera anima. Sapesse quanto ha necessità di luce! Sapesse in quale mare immenso di dolore è stata immersa! Oh, se il mondo conoscesse il dolore! Oh, se gli uomini comprendessero la mancanza di un direttore santo e sapiente alla guida di un'anima! Poveretti, ignorano questa verità e necessità e, poiché ignorano, continuano a comportarsi in questo modo, rubandomi tutto. Gesù perdoni loro, che da me sono stati perdonati... Il signor p. Antonio non venne. La proibizione non èforse solo per vostra reverenza? Cosa avverrà mai?...

Prorompe il dolore: Alexandrina ascende sempre più.

Anche nel Diario del 30 novembre 1944 si vede a quale altezza spirituale è già arrivata Alexandrina. Passa un giorno, passa un anno, ne passa un altro e io ogni volta con delle sofferenze in più. Non so come si possa soffrire così, come si possa resistere a tanto. Non voglio dire nè posso dire che soffro, poiché non sono io a soffrire: è Gesù che soffre in me... Il peso delle umiliazioni soffoca e schiaccia tutto. Sento che ho perduto sulla Terra tutta la gioia e tutto il conforto. E anche dal Cielo, mio Gesù, sento di non ricevere nulla. Voglio avere fiducia, mio Gesù, e ho fiducia; ma mi pare di non poter aspettare nulla dalla mia Patria celeste. Ieri alla Comunione, dopo di avervi chiesto tante cose, stavo per chiedervi pure il sollievo dal mio dolore; mi ricordai in tempo: non lo chiesi. Voi, che mi date la sofferenza, non potete venirmi meno con la forza e la grazia necessarie. Siate consolato, allora, Gesù, siate sempre consolato. O mio Dio, perdonate i miei sfoghi!... Lo stesso Diario, dopo la descrizione di un lungo e tormentoso combattimento col demonio, continua con uno sfogo doloroso, sotto il quale però, nel profondo, permane la pace. Oggi vennero nuove spine a ferirmi. O mio Dio, quanti danii fece la tempesta che mi avete fatto sentire! Vidi lontano, vidi tutto. Tante cattiverie! Ma forse fatte senza volerlo, senza riflettere. La mia amarezza giunse all'estremo: volevo respirare e non potevo. Tanta calunnia, tanta persecuzione, una umiliazione continua! Voltata verso il quadro del Sacro Cuore di Gesù, non lo vedevo più perché era notte e, se non fosse stata notte, forse non lo avrei visto per le lacrime che mi tremolavano negli occhi e scivolavano lungo le guance. Piansi, piansi; mentre le offrivo a Gesù, Gli dicevo: - O mio Gesù, mai, mai cercai di ingannare persona alcuna, mai mi venne in mente di fare il bene per riuscire gradita a loro o per passare per buona. Mai mi venne in mente la tentazione di ingannare Voi, mio Gesù. So che sarebbe impossibile, ma Voi ben sapete che mai mi venne in mente una tale cosa: non voglio passare per quella che non sono. Per grazia vostra, conosco la mia miseria; sono cattiva per colpa mia; solo pér colpa mia; e per vostra misericordia confesso umilmente che lo sono. Mai mi venne m mente di servirmi di Voi per rimediare ai miei mali e a quelli dei miei, se non per implorare il vostro aiuto e confidare sempre che Voi rimediereste a tutto. Continuano le conseguenze della diffamazione provocata dal Parere della Commissione, con la conseguente Circolare dell'arcivescovo. 204 In un punto del Parere della Commissione, nel paragrafo 120, si legge: Diremmo che vi è un trucco economico, un buon modo di sbarcare la vita! Gesù, vedete l'agonia della mia anima. Io sono in pace perché tutto ciò che Vi dico è vero, come ben sapete.È a Voi che devo rendere conto e non al mondo; la sua sentenza serve solo per farmi soffrire, ma non per condannarmi.Potessi almeno, mio Gesù, potessi scendere dal mio letto, passare la notte sul duro pavimento per fare penitenza ed implorare le vostre divine grazie per tutti quelli che soffrono per causa mia! Almeno soffrissi sola! Mi costa tanto che soffrano quelli che mi sono tanto cari e ai quali io tanto devo per ciò che hanno fatto per me. Mi pare una ingratitudine, mio Gesù. Rimediate Voi a tutto questo e abbiate compassione del mio dolore: sono pazza di dolore, sono bagnata nel sangue, sono a pezzi. In queste ore di tanta angustia, posso dirlo, è ben vero: vincete Voi, vince il vostro amore. Da me non potrei: sarei disperata. Ormai potei recitare il «Magnificat» soltanto con il pensiero. Avevo tanto di che ringraziare il Signore! Furono tanti e tanto grandi i doni! Li accettai per Gesù e a Gesù li offersi. Le anime, le anime devono essere salvate! Voglio dare al mio Amato questa consolazione.

Alcuni conforti.

In questo grande travaglio Gesù non manca di darle di tanto in tanto un po' di conforto; e le fa capire che l'opera di d. Umberto presso di lei non è finita. Nell'estasi del 2 dicembre si sente dire da Gesù: - ... Dì al mio caro p.Umberto che l'ho condotto qui per difendere la mia Causa divina: non fli lui a scegliere di venire. Coraggio e tutta la fermezza! Che lotti insieme ai miei amici, con quelli che già lottano per me... - Per ora non osiamo tanto. A'exandrina ci obbligherà a dubitare della sua vita e virtù? Noi la pensiamo più ammalata che veggente, ma virtuosa. ...Immaginiamo quanto le male lingue avranno diffuso questi sospetti, ferendo nel più profondo l'anima di Alexandrina e quelle dei suoi. Perché si possa avere un'idea di quanto aiuto le dia anche una sola lettera di d.Umberto, leggiamo nel Diario del 9 dicembre 1944:... Neppure la visita di Gesù (nella Comunione) mi diede sollievo nè gioia: rimasi nel solito stato di anima. Feci il ringraziamento il meglio che mi fu possibile. Mi misi poi a leggere la corrispondenza che mi avevano consegnata. La seconda lettera che lessi fece brillare dei piccoli raggi di luce nella mia anima. Si sollevò da me il peso schiacciante che frantumava tutto il mio essere. Senza venire meno alla santa obbedienza, il signor p. Umberto poteva già scrivermi per così alleviare un poco il mio dolore e darmi luce in mezzo a tante tenebre. Non so come, in un impulso d'amore potei inginocchiarmi sul mio letto, alzare le mani, recitare il «Magnificat», preghiera che ho l'abitudine di recitare sempre quando ricevo doni da Gesù, sia che vengano a ferirmi, sia che vengano a soavizzare la mia sofferenza. Intonai lodi a Gesù Sacramentato e al suo santissimo Cuore, testimoniandogli la mia fiducia in Lui, così come anche nella Mamma, alla quale intonai un cantico d'amore, insieme a mia sorella e a delle cugine. Dopo un grande ringraziamento al Cielo, ricaddi nel mio letto, rimanendo subito sulla mia croce tanto amata. La mia gioia morì subito. Non sono solita abbandonarmi alla gioia; accetto tutto come Gesù vuole; ma se mi abban donassi alla gioia, gioirei per ben poco tempo: presto nasce e presto muore. Persino le estasi col mio Gesù muoiono come se non avveniss ero in me...

Una visita desiderata.

D. Umberto fa leggere al suo Ispettore d.Carrà alcuni Diarii di Alexandrina, tra cui uno nel quale è detto che il demonio sghignazza felice perché d.Umberto è impedito di andare da lei. D. Carrà rimane scosso e decide di andare a far visita ad Alexandrina, accompagnandovi d. Umberto. D. Carrà, scherzando, dice: - Non voglio prestarmi a fare contento Satana. Come Ispettore posso anche andare a trovare un'ammalata e posso condurre con me chi voglio. - Così, il giorno 13 gennaio 1945 Alexandrina riceve tale visita. Ecco quanto si legge nel Diario: ... Il giorno 13, tra le visite che stimo molto, ci fu quella di colui che già aspettavo e che molto vuoto aveva lasciato nella mia anima. Lo aspettavo, eppure lo ricevetti freddamente: tutto mi era indifferente. Lo guardavo e alle volte mi pareva di non vederlo, come non fosse realtà. Era un carcerato uscito dal carcere, venuto a visitare un cadavere che gli apparteneva. O dolore, o amarezza, o tenebre spaventose! È ormai tardi per darmi gioia, è ormai tardi perché la mia povera anima possa ricevere consolazione. Dopo la notte passata in un mare di dolori del corpo e dell' anima e con assalti del demonio, Alexandrina si sente dire daGesù: ... Fatti animo, mia amata! Traggo dalla tua agonia tutta la consolazione per me: la tua morte dà la vita alle anime. Non ti lasciai sentire consolazione dalla visita del mio caio p. Umberto, nè a lui di vederti consolata: fu per trarne tutto il profitto per le anime. Fu perché gli uomini vedano ciò che è l'anima abbracciata alla croce e salda nell'amore per Gesù, e perché non interpretino le cose dal lato dell' entusiasmo. Dà al mio caro p.Umberto i miei ringraziamenti per essere venuto a dar vita all'anima della mia sposa, della mia vittima amata. Dagli le mie grazie, benedizioni e amore: a lui e a tutta la Congregazione. Egli è legato per una sola ala: èstato impedito di volare, solo per metà. Ecco perché gli mando benedizioni e grazie per tutta la Congregazione. È il premio che gli dò con mia Madre benedetta, che egli ama; ed Ella lo ama tanto... Voglio che ti sostenga lui, dal momento che non ti puòsostenere colui che ha ansia di volare presso dite, il tuo padre (p. Pinbo) al quale hanno impedito ogni volo... Quanto profitto per le anime ho tratto io dalla sua sofferenza!Coraggio, dunque, per combattere in tutto ciò che verà. Coraggio e fermezza, come i soldati che in mezzo al più grande combattimento non tremano neppure.ò a tutti coloro che si curano della mia divina Causa la certezza della vittoria.

Un allentamento nelle restrizioni.

In séguito a quella visita del 13 gennaio 1945 l'Ispettore salesiano d.Carrà concede a d. Umberto di andare a trovare Alexandrina ogni volta che sia necessario. È evidente che d.Carrà, vedendo Alexandrina, è stato colpito dalla santità che da lei traspare. Infatti il 14 maggio 1966 scriverà su di lei questa sua impressione: «Ebbi occasione di farle una visita; purtroppo fu l'unica. Non avrei mai pensato che fosse ammalata e in digiuno da tre anni: l'eroismo nel dolore era in lei più che evidente. Mi accolse serena, sorridente, un sorriso così dolce che non vidi mai in un'altra persona...» Poco più di un mese dopo la visita con d. Carrà, il 21 febbraio 1945, si presenta a d. Umberto l'occasione per una visita ad Alexandrina. Deolinda in quel giorno, col dott. Azevedo e col signor Sampaio, va dai Salesiani di Mogofores, il cui direttore èancora d. Umberto. Naturalmente Alexandrina soffre molto per non poter andare lei pure, ma è contenta che ci vadano almeno gli altri. Al ritorno d. Umberto approfitta per una visita a Balasar, dove si ferma a pernottare, in una camera accanto a quella di Alexandrina. Ecco quanto si legge del Diario: ... Stetti un po' di tempo con il santo sacerdote che era venuto a dare luce alla mia anima e a togliermi dai miei dubbi. Mi pareva non vero che egli fosse presso di me; lo sentivo ad una distanza tanto grande che non vi era nulla che potesse raggiungerlo. Il suo viso mi pareva soltanto un guscio d'uovo. O mio Dio, quanto sono varie le sofferenze che mi mandate!Era alta la notte. Io ero sola. Venne il demonio; mi insultò, mi invitò al male, al piacere della carne. Lottai tanto tanto; ero in un bagno di sudore. Il cuore pareva perdere la vita di momento in momento. Il maledetto, non riuscendo ad ottenere da me ciò che desiderava, mi disse: - Devo portarti al piacere; giacchè io non basto, chiamo la mia truppa; vengono subito: io sono il loro comandante. - Chiamò i compagni. Cominciarono a salire da un profondo abisso, in mezzo alle fiamme, molti demonii in forma di scheletri. La mia sofferenza era grande. Temevo che fossero uditi i miei gemiti. Il maledetto mi diceva: - Zitta! Che non venga qui quel tizio - e nominò con un brutto titolo il santo sacerdote (d. Umberto). - Appena mi sarò soddisfatto con te, andrò ad ucciderlo: morirà sotto i miei piedi, per il filo della mia spada. - Io ero su abissi spaventosi. Gesù mio, che oscurità! Solo di tanto in tanto cadevano sugli abissi dei petali bianchi, che mettevano più in risalto i loro orrori, le loro nere tenebre. I demonii mi lasciarono, o perché fossero soddisfatti di tormentarmi, o perché il Signore volesse così. Ormai non ne potevo più; era tanto scomoda la mia posizione sui guanciali! Che fare, se non potevo muovermi? Triste, molto triste nel dubbio di aver peccato, invocai Gesù. Mentre facevo questo, i demonii correvano voltati verso la camera del sacerdote pieno di bontà dicendomi, ormai da lontano, che andavano ad ucciderlo. Portavano nelle mani spade o non so che. Ancora con questa visione, udii Gesù dire: - Và, angelo mio, a disimpegnare la tua missione - Rimasi subito a posto sui miei guanciali. Allora Gesù mi disse: - Non hai peccato, figlia mia, coraggio! Hai visto i petali bianchi che cadevano sopra gli abissi? Sono petali della tua riparazione. Con il loro candore illuminano le anime che stanno negli abissi, le attraggono a Sè: le anime vengono al mio Cuore divino. - Sebbene fossi più confortata da Gesù, la ferita per quanto avevo passato continuò a causarmi un dolore immenso. Non avevo paura che i demonii attuassero la morte che avevano detto. Solo di mattina, notando che egli, il sacerdote, non faceva alcun rumore, mi venne il timore che fosse morto. Il Signore non aveva permesso nulla di ciò! Ricevetti il mio Gesù (eucaristico) con distacco da Lui, indifferente. Solo di tanto in tanto Gli dicevo: - O mio Gesù, in quale stato sono! Non Vi amo, non Vi ho ringraziato. Perdonatemi! Abbiate compassione di me!-Ritornò il sacerdote perché parlassimo delle cose della mia anima e io continuai a sentirmi lontana, sempre lontana, immersa in un mare di dolori dell'anima e del corpo. Di tanto in tanto sentivo in me scosse, terrori, grande ripugnanza per dover dire quanto avveniva in me, nel sentirmi piccola e miserabile, timida e vergognosa davanti alle persone care, per non comprendere la mia vita e non amare Gesù, e per essere tormentata al massimo dal pensiero che era giovedì. - Oh, se sparissero questi giorni! - dicevo io... Nell'estasi dell'8 marzo 1945 Alexandrina si sente dare da Gesù il seguente incoraggiamento per d. Umberto: ... Dà al mio caro p.Umberto la abbondanza del mio amore. Digli che io sono con lui quandò prega, quando lavora, quando guida e incammina verso di me la tua anima. Dàgli per me i miei ringraziamenti. -. Ecco un piccolo squarcio di luce che le viene dalla assistenza di d. Umberto: Ore di sollievo, momenti più felici per meglio poter portare la pesante croce e sopportarne l'aumento di peso. Ebbi vicino a me chi ben comprende la mia anima (d. Umberto). Potei aprirmi, potei sfogarmi. Non fu godimento, ma mi sentii un'altra: ero più forte. Mi pareva di avere un cuore nuovo, con più vita. Non sapevo come ringraziare il Signore. Recitai il «Magnificat» e mi sforzai di dargli lodi. Quanto più indispensabile diventa l'assistenza di d. Umberto quando p. Pinho viene esiliato in Brasile! (vedi cap. 13°) Se ne ha una pallida idea leggendo il Diario del 22 febbraio 1946: ...Il Signore mi inviò uno per rianimarmi, confortarmi e dispormi a quello che si aspettava accadesse. L'anima si manteneva forte; io ero calma e serena; ma ciò che soffrivo non vi è immaginazione che lo possa immaginare, nè vi sono labbra che lo possano dire. Che disfatta nella mia anima!

Dio solo resta: allontanato anche il secondo direttore.

Le lotte contro il Caso di Balasar continuano, alimentate specialmente dal gesuita p. Veloso il quale nel gennaio 1947 pubblica sulla Rivista «Broteria» un articolo in cui chiama visionaria» Alexandrina. A questo risponde il dott. Azevedo con un articolo sul giornale » Comcrcio do Porto», del 13 febbraio 1947. Nel frattempo aumenta anche il numero di quelli che sono favorevoli ad Alexandrina (vedi avanti cap. 23°). Tutto questo fermento di lotta che mette il Caso di Balasar al centro di contraddizioni, dibattute ormai anche sulla stampa, impensierisce certo l'Ispettore salesiano.. Come conclusione, d.Umberto verrà rimandato in Italia definitivamente! L'allontanamento definitivo avverrà nel settembre del 1948; ma Alexandrina avverte la cosa molto prima e d.Umberto stesso la prepara con qualche accenno. Già nel Diario del 23 gennaio 1948 si legge: Mio Dio, cosa mai deve attraversare la mia anima! Quali tenebre tanto dolorose! Tutta sola, senza nessuno! Non vedrà mai luce; non sentirà nessun sollievo nè appoggio in nessuna guida, chiunque sia, da qualsiasi parte venga incontro a queste tenebre. Povera anima! Mantieniti salda in Gesù: chiamalo, invocalo in questo viaggio tanto lungo! - O Gesù, se non venite in mio aiuto, lo sgomento mi uccide. Ma ah, mio Gesù, quanto è dolce soffrire e morire per Voi! Tutto questo è nulla, è nulla per Chi ci ha amato tanto. - Nel luglio del 1948 d.Umberto accenna vagamente ad un suo probabile trasferimento in Italia. Leggiamo quanto Alexandrina detta nel Diario del 23 luglio: Sono tante le spine che mi feriscono: dalla testa mi arrivano ai piedi, mi penetrano il corpo e l'anima... Sto per ricevere un secondo colpo nella mia vita spirituale. Sarà tale, mio Gesù, da riceverlo io in profondità come il primo? Sia fatta la vostra divina volontà! Io sono la vostra vittima. Quanto più sento questo colpo a ferirmi e l'abbandono completo di tutti coloro che mi sono cari, tanto più sento che devo, passando sopra a tutto, avanzare nella ricerca di Gesù, solo di Gesù. Ma costa tanto andare alla sua ricerca e non trovarlo, e dover camminare così tanto sola, senza nessuno! O mio Dio, come piangono gli occhi della mia anima e come sanguina di dolore il mio povero e freddo cuore!... Il Diario prosegue con la descrizione di un attacco da parte del demonio, poi della Passione rivissuta; infine con la descrizione di una visione di angeli e di raggi luminosi, che le dà conforto. E si svolge il seguente dialogo tra Gesù e lei: Figlia mia, questi raggi del mio amore sono per dare conforto e vita al tuo cuore e servire di balsamo al tuo soffrire. Vedi quella strada? È la distanza che ti rimane da percorrere: è ubertosa e piena di luce. - Detto questo, uscirono dal mio cuore i raggi e cessai di vederli nel Cuore del mio amato Gesù. Nelle sue mani divine apparvero grandi verghe spinose: Gesù mi cinse il corpo con esse e aggiunse: - Abbi coraggio, figlia mia; sebbene i tuoi cammini siano spianati, devi ancora essere ferita da queste spine: ti feriranno qui e là. Non temere nulla: il cammino da percorrere è poco. - Vedo che è poco, Gesù, ma sento che il tempo trascorso è passato molto lentamente: mi pare quasi di non avanzare affatto. Come posso arrivare alla fine? - Non ti sono venuto mai meno: sono sempre stato in te e al tuo fianco. Confida, figlia mia! Non dimenticare che io sono il rimedio per tutti i mali. Non lascio mai l'anima tutta sola, abbandonata a se stessa. Confida, confida! Dammi il tuo dolore, dammelo con gioia. - Vi dò tutto, mio Gesù, e Voi sapete tutti i miei desiderii: fate che essi si realizzi no, se non è cosa contro la vostra gloria. - Ecco che arriva il settembre del 1948, con il congedo definitivo di d.Umberto. Nel Diario del 24 settembre 1948 si legge: Ieri mattina soffrivo tanto tanto, senza saperne il perché. Sentivo come se il cuore e l'anima dessero sangue per bagnare il mondo. Alcune ore più tardi ricevetti il mio secondo colpo spin..tuale: mi congedai da colui che Gesù ha messo al secondo posto nel mio cammino, quale guida e sostegno della mia anima. Ero senza Comunione. Egli andò a prendere il mio Gesù perché io avessi più forza per il colpo che stavo per ricevere. Pochi minuti dopo, lo vidi pronto a partire. Nel vedermi piangere molto, mi disse: - Sia fatta la volontà di Dio. - Risposi: - Va bene; ma la volontà di Dio non ci toglie il cuore. - Egli mi rispose: - Ma dà forza. - Sì, lo so che la dà: se in questa ora mancasse la forza di Gesù, ci sarebbe da disperare. - Pensi che ha Gesù nel suo cuore! - Sì, ce L'ho; ma Egli non rimane triste per le mie lacrime. Il Signore la ripaghi di ciò che ha fatto per me: io, da parte mia, non so e non posso. - Furono le mie ultime parole; rimasero a parlare le mie lacrime che offrivo ai tabernacoli come atti d'amore. Mi sfogavo con Gesù: Gli dicevo che fosse fatta la sua divina volontà; ma, o mio Dio, con quale dolore di anima glielo dicevo! Mi sentii tanto sola, tanto sola, in un abbandono totale. Senza volerlo, ricordavo il primo colpo ricevuto, la cui ferita è ancora da cicatrizzare. Udivo cantare lontano; notavo tanta allegria, mentre io avevo il cuore sanguinante: solo l'anima sorrideva alla croce. Molto calma e serena, tra le mie lacrime, benediceva il Signore. Senza che sapessi come nè da dove, venne dall'alto un raggio dorato di luce al mio cuore; nell'arrivare a me e nell' attraversarmi il petto, tale raggio da uno che era si moltiplicò in molti raggi brillanti: mi servirono di alimento e di vita per il cuore.

Continua un legame a distanza.

Con la partenza di d. Umberto per l'Italia, non viene meno per Alexandrina la gravosa obbedienza di dettare il suo Diario almeno settimanalmente. Infatti d. Umberto nel congedarsi le aveva ordinato di continuare a dettare il suo Diario e di inviarlo al salesiano d. Ettore Calovi ad Oporto, affinchè lo battesse a macchina e gliene inviasse una copia in Italia, cosa che avvenne sino alla morte di Alexandrina. L'ultimo Diario porta la data del 2 settembre 1955; Alexandrina morirà il 13 ottobre 1955: santa obbedienza, proprio fino all'ultimo! La prima lettera che Alexandrina scrive a d. Umberto ritornato in Italia è dell'8 novembre 1948, poco meno di due mesi dopo la sua partenza. Anche in questa lettera si nota, come in ogni suo scritto, la sua grandezza, cristiana in alto grado. Mio buon padre, ricevetti la lettera di vostra reverenza per la quale la ringrazio con tutta l'anima e tutto il cuore. Io la apprezzai molto, come può bene immaginare, sebbene io senta di non apprezzare nulla e non godere di nulla. Tutto quanto è del mondo, passa; solo quanto è di Gesù ci dà profitto. Ma io, povera me, nè dalle creature nè da Gesù sento di trarre profitto. Se le creature, se i miei cari sono lontani per la mia anima, più lontano, molto più lontano ancora è Gesù. Oh, mio buon padre, come sono sola! Che abbandono, il mio! Sono sola e desidero ardentemente stare sola; non voglio scegliere più nulla: sono consegnata al Cielo. Faccia di me ciò che gli parrà. Vostra reverenza ha ancora nostalgie? Non mi meraviglio affatto: nonostante che io mi senta in uno stato di anima tale da parermi di non avere neppure nostalgie, credo che vostra reverenza le abbia e che io stessa le abbia, pur in questo stato di anima; e alle volte soffro per parermi di non averne. Io voglio Gesù, solo Gesù. Mi pare di correre pazza alla sua ricerca, senza riuscire mai ad acciuffarlo. Che folfla d'amore quella del mio cuore! È folle d'amore e non ama! Vuole amare e non sa amare. Se io potessi trovare in qualche parte del mondo un po' di amore per amare il mio Gesù, acconsentirei che mi trascinassero per terra tenendomi per i capelli, per possedere l'amore per Colui per il quale tanto sospiro Sento che non vivo e non posso vivere senza amare. Mio buon padre, non posso pensare alla così grande distanza che mi separa da coloro che il Signore aveva dato alla mia anima. Benedetto sia Lui, con la croce che mi ha dato! Dirò come il santo Giobbe: - Dio me li diede, Dio me li tolse... o lo permise. - La mia croce continua e la mia anima ne ha sempre più sete. Vado facendo più o meno ciò che vostra reverenza comandò (dettare il Diario). Non è perché alle volte non mi piaccia restare affidata solo a Gesù e alla Mamma e finirla con tutto il resto... Chiedo perdòno e la carità di benedirmi. Sono la povera Alexandrina Maria da Costa. Alexandrina vedrà d. Umberto ancora una volta, l'ultima, nell'ottobre 1953. Infatti, tornando in Italia dal Brasile dove era andato per una campagna catechistica, d. Umberto passò da Balasar. Era il venerdì 23 ottobre e potè assistere all'estasi del venerdì che terminò con un canto impressionante. Ma Alexandrina è sempre anima-vittima, sempre più vittima e quindi ogni avvenimento deve essere causa di nuova sofferenza per lei. Ecco quanto detta nel Diario di quel giorno: …Ebbi presso di me il santo sacerdote che durante alcuni anni fu luce e guida alla mia anima: sarebbe stato motivo di gioia, ma questa gioia fu solo apparente. Quanto mi fece soffrire questo incontro! Quali tristi ricordi! Solo il mio padre spirituale, il primo che il Signore ha posto sul mio cammino, non viene: gli uomini l'hanno legato con le più dure catene; solo la forza divina può spezzarle. Questo santo sacerdote (d. Umberto) celebrò la S.Messa: pareva più un angelo che un ministro del Signore. Nulla di questo mi consolava: tutto serviva per farmi scomparire sempre di più nell'abisso della mia miseria, del mio nulla.

 

   

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