CAPITOLO 12

SIMILITUDINI

Arrivato a questo punto, il lettore ha già potuto gustare le bellezze poetiche offerte dal temperamento artistico di Alexandrina, dalla sua ricchissima fantasia. Però sembra interessante riunire qui alcuni insiemi di similitudini: sono richiami di situazioni e cose della vita concreta quotidiana che sanno esprimere in modo mirabile, piacevole e profondo, concetti della vita spirituale.

Similitudini che riguardano Gesù.

(Gesù si fa sentire con aiuti):

Figlia mia, vieni al mio Cuore divino: ha per te tenerezza e più dolcezza di quella di un favo di miele...

Il mio Cuore divino è una fontana inesauribile, infinita di amore, è una fornace di fiamme divine...

Dì al tuo padre (p. Pinho) che i raggi del mio amore penetreranno nel tuo cuore e nel suo più dei raggi del sole in un vetro cristallino...

(durante la Passione Alexandrina commenta):

Quanto più si avvicinava la cima della montagna, tanto più il Cuore pieno di bontà di Gesù amava: era un libro d'amore. Solo in Cielo, alla luce divina, potrà essere letto e compreso...

Le gocce di sangue di Gesù cadevano sempre: era come una rugiada feconda che cade incessantemente sulle anime attraverso i tempi...

Dall'alto della croce diffondeva amore, solo amore. L'amore si estendeva a tutto il mondo, come profumo che si diffonde.

Tanto amore porta Gesù ad abbracciare con tutto lo slancio ogni sofferenza:

Sentii che il sangue di Gesù ferveva nel suo Cuore divino come l'acqua che bolle in una pentola sopra la fiamma. Egli si lanciava a braccia aperte verso le sofferenze, come chi si lancia nelle onde per nuotare.

Tanto amore chiede di essere riamato!

Figlia mia, figlia mia, Gesù va come uccellino che non può posarsi, che non può riposare: Gesù va folle d'amore a chiedere amore a tutti i cuori.

Io voglio, io voglio anime, molte anime eucaristiche; io voglio anime, molte anime che stiano attorno ai tabernacoli, che volino a me come le rondinelle a stormo volano verso i loro nidi...

…Calvario beato la soffetrenza di Alexandrina), vivaio delle anime! Oh, se tu vedessi come esse vengono a me in un affanno incessante, come le formiche al loro granaio! Coraggio!...

Ma ancora molte anime respingono Gesù, non solo, ma Lo oltraggiano, Lo perseguitano!

(sul Calvario)

Le bestemmie, gli insulti, gli sputi formavano come una nube nera che si posava su Gesù...

Gesu si lamenta:

Quanto triste, quanto grave è l'ora che passa, è il tempo che sta scorrendo! Io vengo, vengo espulso a forza da tanti e tanti cuori: sono da loro perseguitato come è perseguitata dal cacciatore la lepre fuori dalla sua tana...

Vedi lo stato in cui i peccatori mi riducono: sono da loro ferito con le loro orrende iniquità, come il vianaante che è assalito dai ladroni i quali cercano tutti i mezzi per togliergli la vita...

Vidi Gesù caduto sul bordo di una strada: era un mendico piagato, lacero, tremante di freddo; pareva essere agli ultimi istanti di vita...

Gesù, l'innocentissimo Gesù, è, sento che lo è, come una palla maltrattata, schiacciata da tutta la malvagità dei cuori umani.

(dopo lotte col demonio per riparare per i sacerdoti, Alexandrina detta):

... O mio Gesù, quanto si deve invocare per loro! Essi sono di argilla, di argilla come noi, poveretti! Sono soggetti a grandi cadute. Ho avuto una pena, un dolore tanto grande che ancora perdura nel mio cuore nel vedere e sentire ciò che era Gesù nelle loro indegne mani, dopo quelle gravi cadute: era come un prigioniero ammanettato, tutto sanguinante; era come il più piccolo uccellino nelle mani di uomini che stanno per strangolarlo...

(Alexandrina sente il seguente sfogo di Gesù):

Figlia mia, figlia mia, quante e quante di queste anime, per nascondere la iniquità dei loro crimini, si accostano a me, mi ricevono nei loro cuori corrotti, nelle loro anime morte per il peccato! Io entro e subito mi ritiro: la mia luce, il fuoco del mio amore si spegne in loro come braci vive, braci ardenti in un fiume d'acqua. –

Nel momento supremo dell'agonia Gesù sente non solo le ostilità dei nemici, ma anche l'abbandono da parte dell'Eterno Padre:

Gesù gridava al suo Eterno Padre: il suo grido pareva non entrare nel Cielo, ma perdersi nel firmamento come fumo che si diffonde e scompare.

Similitudini che riguardano relazioni tra Gesù ed Alexandrina.

Mutue tenerezze

Cominciamo con un gruppo di similitudini con gli uccelli. Gesù la conforta durante un 'estasi di Passione):

Figlia mia, figlia mia, io sto attorno a te come la tortorella attorno al suo nido. Tu sei il nido dei miei amori. Voglio che la tua crocifissione sia di dolore e di amore... –

E ora quasi una risposta di Alexandrina:

...Io vorrei intonare inni attorno a Gesù nel tabernacolo come le rondinelle attorno ai loro nidi.

Gesù promise e non mancò: venne ieri e venne oggi; confortò la mia anima. Pare discendere dal Cielo come l'uccellino che si abbassa sul suo nido...

Ho fissato la mia dimora nel Cuore divino di Gesù. Nei momenti di maggior disanimo mi sento là dentro come gli uccellini nel nido. Questo sentimento conforta e risolleva per qualche tempo il mio povero cuore.

(Gesù la conforta):

Tu sei mia sposa, mia colomba, sei la tortora celeste che, con i gorgheggi del tuo dolore intonati attorno al tabernacolo, ripari tante Comunioni sacrileghe di tanti cuori indegni che si accostano a me per ricevermi.

Altre similitudini, con fiori

(dopo la Comunione):

Sono qui, figliolina mia, a deliziarmi tanto come il giardiniere tra i fiori che ha piantato e coltivato. Io, il Giardiniere divino, sono nel giardino del tuo cuore a contemplare i fiori delle tue virtù e a deliziarmi coi loro profumi: ègiardino, sono fiori che coltivo io...

...La tua anima è un giardino celeste entro il quale io mi nascondo all'ombra di deliziosi alberi fioriti per non essere ferito dai peccatori; deliziato dal loro profumo aromatico, vado dimenticando la gravità con cui sono offeso.

Il sole che ti copre e ti avvolge è il sole della mia grazia: ècome il sole che copre e avvolge tutta la serra per far crescere le più tenere piante e far sbocciare i fiori più delicati e belli. È ciò che avviene con la tua anima: è serra dove penetra tutto il sole divino e sbocciano i fiori di amore e di grazia; sono le delizie del tuo Sposo Gesù. ...

Riàlzati dal tuo sfinimento: io mi prendo cura dite. L'agricoltore, il giardiniere, quanto più tenera è la pianta e più floridi sono i fiori, tanto più usa sollecitudini verso di essi affinchè non soffrano per la tempesta e non siano macchiati per il rigore del tempo: tu sei questa tenera pianta, questo florido fiore.

Alexandrina si offre a Gesù per qualsiasi sofferenza, immaginando di essere una pallina ubbidiente al gioco divino:

Non posso negare nulla al mio Gesù. Giocate, Gesù, battete, divertitevi con la vostra pallina. Sono certa che mentre Voi siete occupato con me perdonate ai vostri figli, ai poveretti.

Gesù, Gesù, io sono la vostra pallina: in Voi mi abbandono, in Voi confido. Vi lascio giocare: muoia io oggi o muoia quando a Voi piacerà, ma muoia io sempre facendo la vostra divina volontà. –

E non solo fa la volontà divina, ma la fa sempre con sottomissione devota, tanto bene espressa dal seguente paragone:

Quanto più Gesù mi ferisce, tanto più umilmente prostrata ai suoi piedi farò presso di Lui ciò che fa il cagnolino quaiydo èpicchiato dal suo padrone: si butta a terra a leccargli i piedi con mansuetudine; io, prostrata davanti al mio Signore, voglio bagnarglieli con le lacrime del mio pentimento e baciarglieli in segno di riconòscenza per avermi resa tanto somigliante a Lui e aiutata nel mio calvario.

Abbandonata alla volontà divina, Alexandrina si paragona ad una barchetta guidata da Gesù come da Lui stesso si sente dire:

Tu sei la barchetta, io sono il pilota, io sono il timone. Abbi coraggio! Non corre pericolo! Felici le anime che in essa viaggiano: giungono al porto di salvezza. Guarda come essa avanza nella tua cecità e nelle tue tenebre. Non arriva a naufragare, per quanto sembri.

Sentivo di essere la barchetta che avanzava in mezzo alle onde, accerchiata fino al massimo da orrende tempeste. La barchetta non si squassava, non affondava nelle acque; non temevo, perché su di essa andava Gesù.

Alexandrina strumento di Gesù.

Abbiamo visto come Gesu si serve di Alexandrina per comunicare agli uomini i suoi desiderii, le sue esortazioni. Ecco alcune similitudini al riguardo:

Tu sei la portavoce di Gesù per il Santo Padre. Tu sei l'eco della voce e dei desiderii di Gesù per tutta l'umanità...

Farò sì che le tue parole penetrino nelle anime e vadano ad echeggiare lontano, come il suono della campana quando è fatta suonare a colpi lenti.

Grida, grida e chiedi che gridino in tuo nome, perché è in nome di Gesù: che si faccia orazione, molta orazione e continua penitenza. Che questo grido sia come quello della campana forzata da mani umane a scampanare senza tregua. –

Non solo i desiderii di Gesù ma tutto il suo amore Alexandrina deve trasmettere:

Gesù mi chiamò (finita la Passione): - Figlia mia, figlia mia, ascolta il tuo Gesù... Io farò sì che il mio amore traspaia da te: esso sarà conosciuto e veduto in tutto il tuo essere come in uno specchio cristallino. Il mio divino amore in te sarà attraente. Anche nel fenomeno del rivivere la Passione, Alexandrina si sente solo uno strumento di Gesù: sente che è Gesù a soffrire in lei, che Gesù si è rivestito di lei, che lei è solo un involucro, come abbiamo visto.

Sul Calvario Gesù rimase crocifisso. Il mio corpo fu per la croce e per Gesù come un vestito di cui si rivestiva: io ero come un guscio fragile che Lo copriva.

Il mio povero cuore era un fragile guscio nel quale il Cuore di Lui si era introdotto. Lo stesso dolore, la stessa vita, lo stesso amore appartenevano al mio cuore: non eranQ due cuori era un solo cuore.

Concludiamo questo paragrafo sulle relazioni tra Gesù e Alexandrina con un paragone molto espressivo:

Gesù soffriva, soffriva un dolore infinito: mi fece sentire lo stesso dolore mentre mi mostrava, facendomelo sentire, quanto mi amava, quanto amava le anime. In quel momento mi immersi in Lui, mi persi in Lui, scomparvi come goccia d'acqua perduta nell'universo.

Similitudini circa le sofferenze di Alexandrina.

Venivano a me tutte le sofferenze come formiche al loro formicaio.

Tutto il mio corpo era coperto di spine come un riccio: era tutto dolore, era tutto sangue.

Ecco ora una similitudine che esprime quanto si sente squassata dalle avversità:

Sentivo tale dolore nel mio cuore e nella mia anima che mi faceva tremare come un ramo verde che fosse esposto alla furia dei venti.

Mi tormentai tanto che mi torcevo e ritorcevo come ramo verde che il vento torce e ritorce, ma non distrugge.

Seguono similitudini che indicano lo stato di oppressione.

Sento il mio cuore tanto oppresso: mi pare di averlo in tale stretta da farmi pensare al chicco di frumento nella macina del mulino e al grappolo d'uva nella morsa del torchio.

Il mio cuore continua ad essere macinato. Le pietre che servono da mulino sono della grandezza del mondo; il mulino non cessa di macinare, perciò non può cessare il dolore.

(durante la Passione

Il suolo dell'Orto e la giustizia di Dio erano per me le pietre di un mulino. Il mio corpo era il granello di frumento che fra di esse veniva schiacciato e macinato.

Ero come il chicco di mais disfatto in farina che, portato da una forte corrente, presto scompare.

Anche Gesù riprende lo stesso paragone dell'uva nel torchio:

...Spremo, spremo il mio grappolino d'uva, mi consolo, mi delizio con i preziosi succhi che esso mi dà. Succhio tutto per mia consolazione e gioia, da tutto traggo profitto per le anime. -

Un altro oggetto che ricorre sovente come termine di paragone è il cencio, lo straccio vecchio, consunto dalle sofferenze:

Mi pare che tutto il corpo e l'anima vengano lacerati dal dolore, a somiglianza di tela vecchia, filo per filo...

Tutta l'anima si dissolve nel dolore. Mi sento come un vecchio straccio che si è seccato, consunto fino a scomparire per non esistere mai più.

Ma più sovente l'immagine dello straccio è usata per esprimere la sua opera di vittima e di corredentrice:

Mi sento un vecchio straccio che pulisce i cammini immondi...

...Il mio corpo pare un cencio insanguinato, disfatto dal dolore, che va di strada in strada, di città in città per tutta l'umanità a pulirla da tutte le macchie. Non so chi maneggia questo cencio che è tutto sangue, ma sangue che pulisce e non sporca.

Mi sento un cencio immondo, disfatto, che tutta l'umanità calpesta, su cui tutti sputano e che tutti scherniscono...

Io dicevo e ancora ripeto a Gesù: - Che importa a me essere un nulla, che mi importa essere un cencio, purchè io pulisca tutto, e tutto rimanga puro affinchè tutto sia degno di Voi, mio Gesù? –

Presentiamo ora un elenco di similitudini il cui criterio di ordinamento è solo quello cronologico.

Il mio corpo è come il lino nella carda (macchina per cardare): è dilacerato, dilacerato. La mia carda è fatta di spine, ma della mia sofferenza nulla appare.

Il mio Calvario di oggi (nel rivivere la Passione) fu come un argano che arrotola attorno a sé forti corde: mi arrotolai nella sofferenza e nella più tremenda cecità.

Il mio corpo, disfatto dal dolore, è meno della polvere che il vento disperde.

Il dolore fa scomparire talmente l'anima che non è ormai neppure un poco di fumo che svanisce nell'aria.

Mi pare di avere il mio corpo tutto avvolto da siepi di spine: non posso districarmi da esse; questo mi fa l'impressione di essere come le pecorelle impigliate nelle spine con la loro lana...

(nel rivivere l'agonia nell'Orto)

L'anima rimase incollata al suolo e disseccata dalla sofferenza come paglia secca inaridita dal sole.

Mi sento continuamente battuta come la castagna nel riccio e l'oliva bacchiata sull'ulivo. Mio Dio, mio Dio, quali spaventose sofferenze!...

(durante l'agonia nell'Orto)

Tutto il mio essere, misturato con la Terra, fu tagliuzzato, crudelmente ferito con lance: si trasformò tutto in una massa di sangue. Era una palla con cui giocavano tutte le mani umane. La morsa del dolore la schiacciava, la riduceva al nulla.

(iniziando a dettare il Diario)

Ecco qui il mio sangue per servire da inchiostro e il mio povero cuore per sanguinare! Quale dolore, quale dolore!

(rivivendo la Passione)

Sulla cima della montagna, tremenda montagna, tornai a gridare, ma la violenza del dolore, a somiglianza dell'acqua che muove la ruota del mulino, fece rotolare la montagna e questa rimase su di me. Grido inutile!...

Le tre seguenti similitudini riguardano il suo cuore affranto dal dolore.

Povero il mio cuore! Scoppia di dolore come la corteccia verde nel fuoco.

Il mio cuore era come bomba che esplode: ma non per fuoco, bensì per dolore.

Il mio cuore è come un gomitolo nero avvolto in modo strettissimo; non si srotola affatto!

Da Gesù si sente affermare che il suo dolore ha lo scopo di punficarla:

....Io voglio purificarti in queste lotte come purificano l'oro nella fornace. Figlia mia, il dolore è per la tua anima ciò che il crogiolo è per l'oro: è il dolore che la purifica e la fa grande ai miei divini occhi.

E Alexandrina risponde chiedendo sempre maggior dolore:

E in questo nulla che potete fare qualcosa. Lavorate, Gesù, lavorate, anche se io proprio non vedo né sento. Battete, battete su questo vostro tamburo: è ben dolce il vostro battere, sono colpi di amore...

Mio Gesù, sono la vostra vittima: accettate l'incenso della mia sofferenza. Che esso salga al Cielo continuamente giorno e notte senza sosta, per essere la riparazione dell' oltraggio alla bontà di Dio. –

L'amore alla sofferenza è arrivato in Alexandrina ad un grado tanto alto, tanto esclusivo! Lo abbiamo visto nel corso di questa biografia. Ecco ora due similitudini molto espressive:

Mi si presentò il Calvario. Il cuore si unì tanto ad esso che non se ne separò più: gli stavo unita più che labbra assetate ad una fonte cristallina.

Soffro molto, molto, soffro indicibilmente, ma oh, cosa sarebbe di me se il mio Gesù mi togliesse il dolore, mi togliesse il mio calvario?! È allora che la vita diventerebbe insopportabile. Io non saprei vivere. Sono sicura che, senza il dolore, io morirei come il pesce senza l'acqua.

Condizioni esistenziali.

Situazioni dolorose

Ad Alexandrina, che vive in un ambiente in cui sono numerosi i pescatori e i navigatori e che più volte aveva contemplato il mare a Pòvoa, si presenta familiare tale immagine per esprimere la situazione della sua vita tempestosa.

Non posso fermarmi. Vado come una nave in mare in mezzo ad una tremenda tempesta, sbattuta dai venti, senza mai riuscire ad arrivare al porto di rifugio: la tempesta è furiosa; rimane tutto distrutto.

ado lottando nel mare quale naufrago perduto: si è spento il faro che mi guida! Sarò sommersa dalla tempesta.

Sto come un naufrago che va a fondo nel mare. E in questo mare senza fine navigo sul fondo, ma con il potere delle acque, non con le mie forze, perché non ho più vita. Di tanto in tanto questo naufrago che è il mio corpo, ormai cadavere ridotto ad uno scheletro quasi disfatto, viene alla superficie delle acque: viene a ricevere vita per immergersi subito e morire nuovamente.

Anche la furia della tempesta sulla terra, con lo scempio che fa degli alberi, si presta bene ad Alexandrina per esprimere una situazione che vive molte volte.

La tempesta è furiosa. Non cessa. Mi pare che la mia anima vada come una foglia portata dai venti e avvolta nel fango.

Io guardavo fuori dalla finestra e vedevo le vigne abbattute per la tempesta della notte e nello stesso tempo sentivo che così pure stava la mia anima abbattuta e triste per la tempesta che giorno e notte la va strascinando con tutta la furia. Che orrore! Lascia tutto a terra, distrutto.

Mentre tra queste povere pareti io soffro fino a non poterne più stato emanato il parere negativo della Commissione) il mio nome va percorrendo il mondo come foglia che la tempesta trasporta.

La tempesta non si calmava: tutto era in rovina. Mi pareva di essere un albero fiorito pieno di frutti che la furia della tempesta distruggeva portando via il frutto, i rami e infine il tronco; la furia della tempesta lo portò a tanta distanza che non si avvistava più nulla: tutto era scomparso, solo il dolore era rimasto.

Un'altra immagine che ricorre soventissimo negli scritti di Alexandrina perché le è molto familiare, è quella degli uccelli, come abbiamo visto.

Senza rifugio, come un uccellino vado volando senza fermarmi, già stanca per tanta lotta, senza avere dove riposare: finisco col cadere al suolo avvolta nella povere e nel fango.

Ho ansie di volare a Gesù, ma quanto più volo, più voglio volare, quanto più voglio avvicinarmi a Lui, tanto più Egli mi fugge, fino a scomparire e resta come se non esistesse per me. Io resto in aria come una colombina a battere le ali; a basso non voglio discendere; per più in alto, non ho forza; non posso volare: sto nel rischio di cadere sfinita. O mio Gesù, o mio Amore, abbiate compassione del mio dolore e non lasciatemi cadere!...

Ho bisogno di molte preghiere e di molto sostegno. Sento il bisogno di volare al Cielo. Sto come un uccellino implume, senza voli, che non può nemmeno strascinarsi fuori dal nido dove sta.

Ora, mio Gesù, sapere qui tanto vicino a me il mio padre spirituale e io, come un uccellino triste nei giorni d'inverno, morire di fame, non poter parlargli, non poter ricevere da lui alimento e vita per la mia anima!...

Il mio povero spirito, non essendo accettato né in Cielo né sulla Terra, va vagando nella regione che mai vide luce; va senza sostare come un uccellino che batte le ali giorno e notte senza riuscire a riposare: se sale, non trova via d'uscita; se scende e affonda, non ne trova ugualmente. Non esistono cammini attraverso i quali io possa uscire dalle tenebre...

Il suo sentirsi in uno stato di avvilimento, di indegnità in quanto vittima che ha assunto i peccati dei peccatori, e alle volte di inutilità viene espresso sovente con l'immagine del verme:

... Sono per il mondo come un verme inutile per la terra.

(nell'agonia dell'Orto)

Io mi strascinai all'Orto come un piccolo verme sulla terra, portando con me il dolore e l'amore, senza badare al serpente che tentava di avvelenare tutto.

... Io ero un vermiciattolo che camminava, camminava sotto il peso di tutta la Terra.

Il sentirsi nullità davanti alla grandezza di Dio le da l'impressione di inconsistenza, come polvere, come fumo:

Mi sento scomparire davanti a tanta bontà, a tante grandezze operate in me. Mi sento ancora meno della polvere che si spande in aria, del fumo che scompare per mai più essere visto.

Ecco ora un gruppo di similitudini che si susseguono in ordine solo cronologico.

Mi pare di stare come chi vuol salire su di un albero e, arrivato ad una certa altezza, senza forze, cade giù e totalmente disanimato, contempla quella altezza che giudica impossibile raggiungere. È così il mio vivere.

Gesù, già che sono un nulla, Vi offro il mio nulla. Per amore a Voi io voglio essere come le erbacce alle quali non si fa caso, che vengono abbandonate, che vengono persino calpestate.

Pareva che Gesù accendesse dentro alla mia anima molte luci elettriche che illuminavano tutto. Mi lasciava per alcuni momenti in questa luce e improvvisamente nell'oscurità; ripeteva questo alcune volte. Nei momenti di luce, tutto comprendevo; in quelli di tenebre, nulla vedevo.

Sento in me, o mi sento io stessa, una grande palla tanto grande come è il mondo: questa palla corre forsennata, rotola, torna a rotolare, si nasconde nel fango e in fango e melma rimane trasformata. Causa nausea e orrore il vederla così: non posso guardarla né guardarmi; mi fa tremare.

Poco so e poco posso dire. Non mi mancano solo le forze fisiche; mi manca anche il saper dire ciò che avviene in me. La mia anima è come una bimba che tutto vuol dire ma, non avendo ancora l'età adatta, non può parlare; pare un mondo che comprende tutto, ma che neppure a gesti può né sa esprimersi.

Lo sgomento si impadronì di me (al pensiero del venerdì). Rimasi come morta sopra l'umanità: ero un cadavere gelido fatto di roccia.

(effttto della giustizia divina):

Rimasi tutta sola: non avevo gambe né mani, non avevo occhi né orecchie. Non avevo nulla, non avevo vita con cui potessi essere utile a Gesù e alle anime. Rimasi come un ceppo immobile, senza nessuna utilità.

Per finire, presentiamo un gruppetto di similitudini che esprimono lo stato di prostrazione, di sfinimento, di mancanza di vita:

...Il cuore si spegneva come lampada che si estingue... Povera me... Sono come una bolla di sapone che presto si disfa.

La tempesta spaventosa mi accompagnò sempre. La barchetta si rovesciò... La sentivo presso di me, ma non ebbi forza per aggrapparmi ad essa. Io non avevo corpo: ero appena un po' di spuma del mare.

Oggi sentivo la mia vita perdersi nello spazio come brezza che passa. Non avevo più nulla, né per Dio, né per la Terra.

La mia vita va fuggendo come il sole al calare della notte.

Mi sentivo tanto piccola, tanto piccola, liquefare come cera.

Conforti e situazioni di sollievo

Nel suo lungo martirio Alexandrina non è abbandonata da Gesù come abbiamo visto nella Parte I, che le dice sovente parole di conforto dandole anche numerosissimi titoli di elogio. Nella grande varietà ne scegliamo alcuni, rimpiangendo quelli non scelti perché altrettando belli e significativi:

- asilo puro dove abito

- giardino dei più svariati fiori di virtù

- canale delle grazie e della vita di Gesù

- coltivatrice dell'Agricoltore divino

- vivaio di nuova generazione

- dolore che salva, amore che tutto vince

- faro luminoso che ho collocato al centro dell'umanità

- cuore di fuoco, lingua di lode

- luce delle anime, fuoco dei cuori

- scuola di purezza, grazia e amore, di tutte le virtù

- scuola di dolore, scuola di amore

- scuola sublime di dottrina divina

- apostola e missionaria

Grazie ai conforti celesti, Alexandrina vive a volte momenti di sollievo. Ecco alcune similitudini che li esprimono:

(Alexandrina, mortificata per le sue ricadute, scrive a p. Pinho):

Mi ricordo del paragone che vostra reverenza mi fece, che mi consola molto: è quello della bimba quando cade senza volerlo e la madre va ad accarezzarla e la prende tra le braccia. Ora anche il mio Gesù mi prende così tra le sue divine braccia, nevvero?

Il Signore mi disse: - La bimba non può Vivere senza le cure,l'alimento e le carezze di sua madre. Io sono più di tutte le madri della Terra: ho tutta la cura per te; vengo ad alimentarti, vengo ad accarezzarti...

Gesù mi tenne tra le sue divine braccia per alcune ore. Mi fece ricordare la madre che non abbandona il suo figlioli-no quando è moribondo.

(una lettera di p. Pinho le ha portato sollievo: Alexandrina si alza in ginocchio, prega con slancio, poi detta):

Il peso che mi schiacciava e annichiliva scomparve per circa un'ora... Ero ancora più leggera di una piuma portata dal vento.

La pace nel profondo dell'anima si mantiene sempre, anche durante i periodi più burrascosi: è la pace che le viene da Dio:

Noto che quando tutto pare crollare, la mia anima rimane come un mare senza onde.

La mia anima si mantiene in pace: pace del Signore nel più intimo. L'inquietudine, l'agitazione sta solo alla superficie: écome un galleggiante sulle onde agitatissime del mare.

Ciò che Gesù dice della vita di Alexandrina

Ti voglio tra le mie santissime braccia con la stessa semplicità della bimba tra quelle di sua madre. Ti voglio simile all'uccellino che, senza sapere ancora volare, si sforza, battendo le sue piccole ali, di seguire i suoi genitori abbandonando il suo nido.

Mai, mai, figlia mia, (sei andata lontana)! Sei vissuta sempre presso di me come un agnellino presso sua madre. Ho trovato delizia in tutto il tuo vivere. Figlia mia, colomba bianca, colomba angelica, la tua vita èun gorgheggio di lode a Gesù, a tutta la Trinità divina e a mia Madre santissima.

La scienza divina in te si è elevata, si è elevata alla più grande altezza. E tu, con la tua anima umiliata, stai piccola e nascosta come la violetta.

Riposa qui: ricevi conforto per il dolore. Tu sarai percossa, sbattuta dalla sofferenza come le foglie sugli alberi sono sbattute e percosse dal vento e strappate via dagli alberi dalla furia della tempesta. A somiglianza di queste foglie che vanno lontano, la tua vita andrà come un soffio ai confini del mondo. Quale gloria per me e quale bene per le anime!...

Tra poco la tua anima, distaccata dalla Terra, volerà al Cielo come la colomba bianca e pura vola al suo nido. Il tuo nido è il Cielo, presso il trono della Maestà divina, a fianco di mia Madre benedetta.

La tua vita sarà per il mondo il fiore più bello, più incantevole, che si apre per lui al fine di spandere su tutti il suo delizioso profumo.

Io vorrei che la tua vita, sposa cara, venisse diffusa arrivan do presto ai confini del mondo come pioggia di belle rose cadute dal Cielo: quale pioggia di meraviglie, quale balsamo di salvezza per le anime!

Similitudini sulla missione.

Cominciamo con un gruppo di similitudini in cui Gesù mette in evidenza come è solo dalla sofferenza, in particolare da quella di Alexandrina, che si possono ottenere i frutti migliori, la salvezza delle anime.

Il dolore è vita. L'olio, per diventare luce, attraverso a quanto deve passare! Ma arriva ad essere luce, e luce che illumina. Tu sei la luce del mondo, sei la luce delle anime. Senza il martirio non potresti essere luce.

Il fiore, quanto più è scosso e palpato, tanto più emana e diffonde il suo profumo.

Il tuo martirio è un insieme di scale salde che trasportano le anime dalla Terra al Paradiso; i tuoi dolori sono corde di oro finissimo che le strappano dagli artigli di Satana e le legano al mio Cuore divino. È per questo che io ti chiamo arma potente, arma invincibile.

Sali, figlia mia, e puoi far salire molte anime alla Patria celeste con il tuo dolore, con il tuo amore. Hai due scale che arrivano dalla Terra al Cielo per le quali continuamente notte e giorno salgono le anime: la scala del dolore e quella dell'amore. Lungo quella dell'amore salgono le anime che, sebbene fredde o tiepide, non vivono in stato di peccato grave e si lasciano riempire dall'abbondanza dell'amore che hai ricevuto da me; lungo quella del dolore salgono i peccatori che il tuo dolore ha strappato dagli artigli del demonio, ottenendo per loro il perdòno e la grazia.

Figlia mia, mia cara amata, affrettati a darmi l'elemosina (la crocifissione). I tuoi venerdì sono ghirlande di bei fiori che adornano il Cielo, che adornano le anime che furono salvate da te e adorneranno quelle che ancora si salveranno grazie a te.

Digli (a p. Pinho) che Gesù gli invia tutte le grazie di questo calvario, di questo vivaio di anime.

(durante la flagellazione)

Ogni frustata che tu ricevi è come una pioggia di grazie che cade sul mondo perverso e va a penetrare nelle anime dei peccatori per convertirli.

Soventissimo ricorre la similitudine con l'acqua, intesa come simbolo di grazia che purifica e che alimenta. Ne diamo alcuni esempi:

(mentre rivive l'agonia nell'Orto, Gesù la conforta):

Tu sei una fonte che io ho preparato perché i peccatori vi si lavino. (sempre nell'Orto)

Non servono solo per i peccatori (queste sofferenze): servono anche per infervorare nel mio amore le anime in grazia. È una fonte che io ho preparato perché esse bevano; e tutte quelle che vi bevono non vogliono mai più lasciarla.

(appena finito di rivivere la Passione)

Figlia mia, fontana d'oro finissimo, a cui voglio che venga a bere tutta l'umanità. È il tuo cuore la fontana inesauribile che ho fatto scaturire. Tu sei la fontana, io sono l'acqua, acqua che irrompe dalle mie vene nella fontana del tuo cuore. Attraverso te dò tutto al mondo. La fontana non si svuoterà mai (la sua missione continuerà dopo la morte). Voglio che vi bevano le anime che per me sospirano, affinchè si infiammino nel mio amore. Voglio che vi bevano i peccatori affinchè si lavino e si purifichino... Attorno alla fontana stanno i fiori che in te nacquero e pro-sperarono: sono tra i più belli e più profumati. Voglio che tu, figlia mia, appaia come una fontana d'amore, con uno stormo di colombine che bevono in essa: significano le anime che tu infiammi nell'amore divino e quelle che tu purifichi e salvi.

(alla trasfusione)

Lasciami arricchire questa fontana, la fontana che è il tuo cuore; lasciami vuotare in essa lo scrigno del mio amore e delle mie ricchezze.

Riémpiti, riémpiti, sposa mia, a somiglianza della nube che va a bere al fiume o al mare per irrigare in seguito la terra con pioggia molto abbondante. Tu non sei nube nera, ma arcobaleno brillante, luminoso che si estende sul mondo per illuminarlo. Và a dare alle anime, và a farle vivere.

Alexandrina sente lei stessa di essere una fonte che con le sue sofferenze distribuisce salvezza:

Il mio cuore è una fonte aperta. Quanto più dolore e più agonia, tanto più sangue ha da dare. Sento che attorno ad esso sta a bere una quantità innumerevole non so di chi. Bevono, bevono, pare che non siano mai sazi (di bere alle sue sofferenze salvifiche); ma io pure non sono sazia per non poter saziare.

Il mio povero cuore serve da fontana pubblica di sangue per irrorare tutto il mondo.

Il mio cuore era come un fiume che non cessa di versare acqua nel mare, notte e giorno, senza sosta.

(mentre soffre in previsione dell'estasi del venerdì):

Io ero come una sorgente sotterranea inesauribile che non cessa di irrigare. Da me usciva una pioggia continua su quel terreno duro (umanità peccatrice); cadeva incessantemente: era pioggia che dava vita.

Sento che è nel Vostro Cuore divino che io bevo senza cessare. E con questa bevanda, come se le mie labbra fossero un innaffiatoio, aspergo la Terra e tutti i suoi abitanti, sempre senza cessare un istante: non posso cessare di bere, non posso cessare di irrigare. E anche così, mi sento morire di sete e di fame; e sento dolore per le anime che non approfittano di questo alimento che viene dal Cielo.

Gesù considera le sofferenze di Alexandrina simili ad una messe che alimenta le anime dando loro salvezza, o anche ad un pascolo ubertoso o a una rugiada feconda:

Tu sei anima pura, sei grano biondo vagliato: messe rigogliosa per le anime.

Nella messe della tua anima io raccolgo per me, a somiglianza del contadino, tutti i granellini, senza che se ne perda uno solo; al contadino è impossibile raccoglierli tutti, ma a me no: tutto colgo, tutto raccolgo per le anime. La messe bionda, come è bella e abbondante!

Tu sei un prato fertile che alimenta i peccatori. Felici coloro che si nutrono in questo prato che a loro ho destinato!

Sarai per il mondo come un pascolo montano ubertoso dove tutti potranno pascere i loro greggi.

Figlia mia, rugiada che feconda e che continua a cadere, rugiada che feconda penetrando nel più intimo di tutte le anime! Sei rugiada profumata, profumo che irradia e guarisce: è il profumo di tutte le tue virtù.

Continuando coi paragoni campestri, Gesù ricorre all' immagine della pastorella:

Tu sei la pastorella di Gesù, la pastorella delle anime: falle pascolare nel giardino bellissimo della tua anima.

Va', figlia mia, va', pastorella del Re d'amore, a dare alle anime questo amore: fa' loro sentire e comprendere le tenerezze e le dolcezze ineffabili di questo Cuore amante. Sacrìficati.

Pastorella, pastorella mia, guida al mio Cuore divino il mio gregge!

Alexandrina aveva molte volte a Pòvoa osservato i pescatori, inoltre nel Vangelo aveva sentito Gesù chiamare Pietro «pescatore di uomini». Le è quindi familiare questa similitudine. Riportiamo due brani in cui ricorre: nel primo, Alexandrina sente in se stessa Gesù «pescatore»; nel secondo, sente Gesù dirle che lei è «pescatrice»:

Nella mia Comunione di ieri e di oggi mi sentii più unita al mio Gesù. Egli passava dal suo divin Cuore al mio delle catene pure, catene fini, catene di amore. Da allora io ho nel mio cuore un cuore nuovo e in questo cuore sta qualcuno che lancia queste catene con nodi scorsoi verso il mondo delle anime. Mi richiama alla mente il marinaio nella sua barchetta che lancia le reti in mare per raccogliere la pesca. Io sento in me il Pescatore delle anime a fare la stessa cosa, senza badare a stanchezza.

....Vieni, mia innamorata folle, vieni, pescatrice delle anime! Osserva nel mare i pescatori che lanciano le loro reti per guadagnare il loro pane per l'alimento corporale dell' umanità. Le tue reti sono altre; o pescatrice di Gesù, guarda a me: tu hai lanciato le reti del dolore e dell'amore in questo mare infinito di tanto martirio. Io tiro a me le reti: le anime salgono a me.

(Alexandrina descrive poi una visione):

Vidi i due mari: il mare dei pesci e il mare delle anime; in questo vi era solo Gesù. Come Egli tirava le reti! Quale differenza con gli altri pescatori! La sua rete si moltiplicava all'infinito. - Il mondo pecca, il mondo è pazzo. È necessario, è urgente sostenere il braccio di mio Padre. Ripara, pescatrice! Soffri nel tuo mare inaudito perché le anime si salvino a milioni. –

Ancora parlandole della sua missione di vittima-espiatrice, Gesù la incoraggia.

Ti chiedo fiducia e coraggio per il tuo doloroso martirio e prolungato calvario. Tu sei parafulmine finissimo su cui vanno a cadere tutti i fulmini della giustizia divina che dovrebbero castigare il mondo...

Tu sei, figlia mia, il parafulmine che sta più in alto, più vicino al mio Eterno Padre per ricevere i fulmini della sua giustizia divina: sopra di te scarica tutto, come su di me (in un'altra ora).-

Per indicare la grande quantità di anime che andranno presso Alexandrina, e da lei passeranno a Lui, Gesù ricorre alle similitudini della calamita, del gregge e delle formiche:

Avanti, avanti, calamita attraente, calamita attraente! Le anime, i peccatori vengono attratti, vengono a me. Figlia tutte le parti, grandi greggi. Come al cadere della sera nelle terre dove vi sono molte pecorelle vengono con i loro pastori per riposare, per essere libere dal pericolo, così vengono a me i peccatori. Io sono il Pastore; io sono il porto di rifugio.

Dammi anime, figlia mia! Con le tue sofferenze conquista le anime. Io faccio, sposa cara, che esse corrano presso di te come le formichine verso il loro granaio: il tuo cuore è granaio divino, è pieno, tutto pieno, trabocca di meraviglie, grazie e tesori del Cielo. Le anime vengono presso di te, vengono al granaio del tuo cuore a prendere alimento per alimentarsi e vivere di me.

E, per mettere in evidenza quanto è necessario il martirio di Alexandrina anima-vittima, Gesù ricorre ai seguenti paragoni:

Figlia mia, figlia mia, sposa cara, sposa fedele e prediletta dal mio divin Cuore, tu sei sale e sole per la Terra.

Confida che il tuo dolore è per le anime più di quello che èl'acqua per i pesci, che il tuo dolore è per le anime più di quello che è il sole per la terra.

Figlia mia, mia amata figlia, tu sei per le anime ciò che il sole e la pioggia sono per la terra; tu sei la luce più splendente, la luce ineguagliabile che illumina il mondo.

La vita di Alexandrina continuerà dopo la sua morte ad attirare numerosissime anime.

(Gesù le ha consegnato l'umanità):

...Io farò che questa consegna e tutta la tua vita, subito dopo la morte, siano conosciute nel mondo e vadano ai suoi confini, come squillo di tromba che dà un segnale.

Similitudini sull'amore.

Di amore è pervasa tutta la vita di Alexandrina, quindi anche la sua biografia: e ce ne siamo accorti! Qui vogliamo raccogliere solo alcune similitudini tra le più espressive del suo amore a Gesù. Anzitutto, a Gesù sacramentato.

Io voglio andare da un tabernacolo all'altro a chiedere grazie a Gesù, come l'ape di fiore in fiore per succhiargli il nettare.

Io voglio formare una roccia d'amore attorno a ciascun luogo ove Gesù abita sacramentato, af£inchè non vi sia nulla che possa introdursi attraverso a questo amore per andare a ferire il suo Cuore santissimo, rinnovando le sue santissime piaghe e tutta la sua santa Passione.

Come è consolante dire a Gesù: io sono la sentinella dei vostri tabernacoli, così cotne il soldato è sentinella della sua caserma! Solo con la differenza che il soldato molte volte compie il suo dovere per obbligo e per paura del castigo, io invece voglio compiere la mia opera ed essere fedele per amore, ma per un amore folle a Gesù sacramentato.

E Gesù, quasi a risponderle:

Figlia mia, mio fiore eucaristico, tu stai attornò ai miei tabernacoli come gli uccellini attorno al loro nido; tu svolazzi, svolazzi come la colombina bianca per posarti ad abitare in ciascuna Ostia, in ciascun luogo dove io abito sacramentato.

Tu mi ami, confida che mi ami. La tua vita, i tuoi atti d'amore cadono su di me, svolazzano su di me come rondinelle intorno ai loro nidi. Tu mi ami: sei folle d'amore per me più di quanto lo siano le farfallette per le fiamme.

Gesù risponde anche riprendendo il paragone con l'ape:

... Ricevi ora (con la trasfusione) la goccia del mio divin sangue. Oggi non cadrà in una sola volta: la riceverai, la assaporerai come una piccola ape che avidamente assapora il nettare nei fiori. –

Abbiamo visto che sempre, anche nel dolore, nel pianto, Alexandrina esprime il suo amore. Ecco alcune similitudini al riguardo:

Piansi con grande dolore. Nello stesso tempo dicevo a Gesù: - Accettate le mie lacrime; voglio che ciascuna di esse sia un mare immenso di amore nel quale io possa racchiudere tutti i vostri tabernacoli affinché non possano più essere offesi e profanati dai vostri figli.

Camminavo con molte lacrime (verso il Calvario) che facevo cadere sopra Gesù e la sua croce come rugiada solo di amore.

Mi pare di stare caduta sul campo di battaglia, di perdere sangue, di dare la vita. E, come il soldato che ama la sua patria e fino al suo ultimo momento va balbettando sempre: «per la patria, per la patria», anch'io dico: «per Gesù, sempre con Gesù, solo per Gesù e per dargli anime!»

La continuità del suo amore è molto bene espressa dalle seguenti due similitudini: (dall'autolettiga che la porta all'ospedale di «La Foce» osserva il mare):

Nel vedere il movimento continuo delle onde che arrivavano fino alla spiaggia, chiesi a Gesù che anche il mio amore fosse così: senza interruzione e duraturo.

Dico che voglio tralasciare di amare Gesù quando Egli tralascerà di essere Gesù e che voglio amarlo incessantemente come incessantemente corrono le acque dei fiumi verso il mare.

Naturalmente numerosissime sono le similitudini in cui interviene il classico fuoco» per esprimere «amore»: (mentre rivive le ore del giovedì in previsione della Passione)

L'orrore delle sofferenze aumentava e aumentava pure l'amore. Io sentivo come se il mio petto fosse una fornace e il cuore una caldaia sempre in ebollizione sopra questa fornace. Quanto più bolliva, tanto più traboccava; quanto più traboccava, più si riempiva.

Sento che il mio corpo è diventato un mucchio di ceneri ardenti. O mio Dio, ma che ceneri, che fuoco sono questi? Brucia, brucia: pare che non si spenga mai. È fuoco che consuma il corpo e consuma l'anima... Le ansie di amore a Gesù crescono con i desiderii di voler essere santa, essere pura, essere perfetta in tutto.

oglio amare, sento il dolore per non amare il mio Gesù... Queste ansie mi pare che mi sciolgano come il fuoco scioglie la cera.

E per finire, ecco tre similitudini che esprimono il suo anelito ardente a unirsi a Gesù:

Non posso guardare al Cielo, perché il cuore si lancia in alto più rapido del razzo e comincia a non stare più nel petto.

Ho sete, sete bruciante, sete insaziabile dell'amore di Gesù: mi sento come se stessi immersa nel mare a bere sempre, senza uscirne, senza mai saziarmi. Sono come il pesciolino: quanto più nuota, tanto più vuol nuotare; quanto più mi immergo, tanto più sento necessità di immergermi; muoio di sete senza uscire dall'acqua, senza cessare di bere... Quando parlo di Gesù, del suo divino amore e delle sue anime, non so che cosa provo: mi sento scomparire. Che follia, l'amore di Gesù!

Ho tante ansie di possedere Gesù, di innamorarmi follemente di Lui, che, fissando il suo Cuore divino, gli dico: - Lasciatemi, Gesù, entrare in quella piaga divina, in quel Cuore di amore: voglio nascondermi, scomparire, sciogliermi in quel fuoco come ghiaccio che si scioglie al sole e scompare nascosto nella terra. Datemi amore, Gesù!

 

   

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